E con l'urna uninominale ridagli allo iettature di Filippo CeccarelliGiovanni Leone

E con Puma uninominale ridagli allo iettature E con Puma uninominale ridagli allo iettature POLITICA E SCONGIURI ROMA UOVI sistemi elettorali, nuovi metodi per far del male. Adesso, se Bossi casca nel bagno e si ammacca la faccia, stai a vedere che è colpa del candidato Sansa «che porta sfiga». E invece ha tutta l'aria di essere una tipica fissazione da uninominale, questa di dare dello jettatore all'avversario, anzi al nemico. Qualche giorno fa era toccato alla lira. «A Bossoli»..., con dimostrazione d'incarognimento arcaico televisivo. Comunque: «A' Bassolino, avete fatto crolla la lira! Siete tutti jettatori. Hai dato una mazzata sulla lira che è incredibile'.». Dopo aver ridestato un'ipotetica malasorte davanti a circa tre milioni e ottocentomila telespettatori, con l'arietta di chi conosce, certo, il genius loci napoletano e si concede una cosina popolare, spettacolare e simpatica, Alessandra Mussolini ha accompagnato il suo dire con esibizione multipla di corna. Scongiuro gestuale, occorre dire subito, già piuttosto ricorrente nella storia e perfino nell'iconografia politica italiana contemporanea, a partire dal presidente Leone in visita ai colerosi dell'ospedale Cotugno (corna nascoste, a mano morta), quindi a Pisa ( 1976), rivolto a certi improvvidi studenti che lo contestavano (corna sull'attenti), «un gesto di istintiva reazione e di spontaneo umorismo», lo definì il Servizio stampa del Quirinale. E via via fino alle corna mostrate da Giovanni Goria ai patres del Senato (premiatissima foto dell'anno 1988) e a quelle alzate da Bettino Craxi - stava parlando Claudio Martelli - qualche settimana prima del fatale regicidio. Ora, quel che impressiona non è tanto che a nessuno dei tre precursori della Mussolini quell'antichissimo gesto autoprotettivo si sia rivelato inefficace. No, colpisce piuttosto, nel nuovo utilizzo, la carica aggressiva ormai sperimentata nella polemica; così come la calata consapevole nell'irrazionale certifica la falsità propagandistica, e il conseguente reperimento di un menagramo, l'esistenza di una specie di jettatore individuale ed esclusivo da battere - «Bassolino mio», l'ha chiamato Alessandra in altra circostanza televisiva - diviene un grazioso complemento dell'odio, il colpettino di grazia, l'ultima fulminea e contagiosa risorsa contro il nemico, che poi è sempre il male. Di prima o di seconda mano che sia, questo torvo espediente elettorale deve essere gustato assai a Bossi, che unificando Nord e Sud in un unico abbraccio inutilmente scaramantico, ha ritenuto di attribuire quel suo personalissimo incidente domestico al candidato che contro la Lega è in gara a Genova. Sansa «porta sfiga». E con questo il cerchio magico, uninominale e a due turni, potrebbe dirsi anche chiuso. Sennonché, il collezionismo dei misfatti e delle strumentalizzazioni, delle volgarità e dei trucchetti più o meno politici del momento impongono, sempre in tema, di ricordare come già anche con Mino Martinazzoli si sia più volte tentato, e da più parti, di accreditarlo allegramente come un politico mortuario, foriero di fluidi malefici. In questo vittima, dunque, come del resto i poveri Sansa e Bassolino, di una crudele infamia che toccò anche a Pio IX (a costruirla furono i liberali dopo la prima fase «aperturista» del lungo pontificato). A definire il segretario democristiano «un portatore sano di sfiga», un «Anonimo democristiano» - pavido ancorché molto poco cristiano che nel settembre scorso, sul- l'Indipendente di Feltri, ha compitato un goliardico resoconto del convegno di Lavarone (con ripetuti black out, telefoni in tilt, coliche di intervistatori) deducendone, appunto, che «c'è un'affinità elettiva tra la sfigaccia nera e il nostro carissimo Mino». Anche a dispetto degli ultimissimi risultati elettorali che hanno visto sparire la de senza neanche un salutino, la pretestuosità di tali visioni pseudo superstiziose è terribilmente chiara; e forse anche più pericoloso appare lo sfruttamento di questo genere di giacimenti psicologici ed emotivi per fini di polemica. Di solito, in questi casi, entra in campo l'innocua categoria detta dell'«imbarbarimento». Di solito, occorre aggiungere, entra in campo senza grande costrutto, risultando i barbari in azione ormai progressivamente da almeno una ventina d'anni. Per cui è probabile che il nemico-jettatore sia piuttosto, come le mutande, la finta laurea di cui si riparla e le foto nude rinfacciate di nuovo alla Mussolini, come la cartella clinica che esonerava Illy dal servizio militare per «sindrome neurotiche, nevrasteniche, isteriche» e compagnia, come il tatuaggio nazi (o astrologico) del figlio di Caruso o il ritiro della patente automobilistica di Rutelli (eccolo là, perché gira in motorino), i frutti marci, avvelenati, certo riprovevoli ma comunque inevitabili di una politica sempre più personalizzata. In cui non serve più screditare i partiti, ma gli uomini. Filippo Ceccarelli le corna della Mussolini e di Bossi, le insinuazioni de anti-Martinazzoli Ma {'«infamia» toccò anche a Pio IX A sinistra Pio IX papa Mastai Ferretti Qui accanto, l'ex presidente della Repubblica Giovanni Leone mentre compie un gesto scaramantico

Luoghi citati: Genova, Pisa, Roma