Anthony Hopkins: miracolato da un Cannibale

Anthony Hopkins: miracolato da un Cannibale Schiantato dal successo precoce, incline alla depressione, guarito grazie a un film: la prima biografìa dell'attore Anthony Hopkins: miracolato da un Cannibale «I mostri mi attraggono, i tipi violenti come Mickey Rourke mi fanno paura» P LONDRA ER Annibale il Cannibale, Anthony Hopkins ha dilatato pupille e coscienza. «Credo di essere attratto dai mostri - spiega l'attore -. La crudeltà non mi piace, ma è meglio accettare il lato oscuro della nostra natura». Al Silenzio degli innocenti non è arrivato senza cicatrici: a furia di cercare e disprezzare se stesso, annaspando tra alcol e nevrosi, ci ha quasi rimesso la pelle. E il perenne confronto con Richard Burton gli ha mangiato l'anima. Cupo, insicuro, caparbiamente fedele al mestiere al punto da rileggere la propria parte fino a 250 volte «prima di improvvisarci su»: così lo svela la prima biografia, pubblicata in Inghilterra da Sidgwick & Jackson. Michael Feeney Callan, autore di Anthony Hopkins in Darkness and Light (Anthony Hopkins tra ombra e luce) indaga nella vita di un artista schiantato da un successo troppo precoce, incline alla depressione ma alla fine vittorioso sulla propria angoscia. Nel '57, poco più che esordiente, vinse timidezza e invidia e andò a trovare Burton, che lo ricevette fa- cendosi la barba. Sognava di emularne la grandezza, ne agognava la ricchezza e il distacco. Cinque anni dopo, al termine di un'interpretazione di Otello, venne scritturato sui due piedi da Olivier che cercava talenti per il National Theatre. «Credo che tu sia pazzescamente bravo - gli disse Larry dietro le quinte -. Vuoi unirti a noi?». Cominciò un sodalizio che elevò Hopkins a stella dell'Old Vie, dove fu Coriolano, Macbeth, Prospero, Lear. Olivier gli regalò le lenzuola nuziali, quando decise di sposare la bella Peta Barker contro l'anatema materno. Ma il nobile Larry era anche un padre esigente: quando Anthony girava II leone d'inverno a fianco di Katharine Hepburn, gli impose di volare da Dublino a Londra tutti i giorni perché non mancasse ai suoi impegni teatrali. Era l'inverno del '66. Sul set, Hopkins aveva ancora esitazioni vertiginose. Durante le riprese, la Hepburn lo prese da una parte con piglio da istitutrice: «Vieni, pupo, facciamoci un caffè. Ti piace la macchina da presa?». «Ehm, credo di sì», rispose lui, imbambolato. «Allora perché diavolo reciti mo¬ strandole la nuca? La vedi quella dannata lente? E' puntata su di te. Parte di questa scena è tua. Se non la vuoi, dàlia a me e ti spazzo fuori dallo schermo». Dopo quella lezione di recitazione, Anthony era uno stoccafisso. «Ero paralizzato dalla paura, mi sentivo le ossa di gelatina. Ho rifatto 15 volte il primo ciak. Katharine ripeteva: fategliela rifare. Mi ha insegnato lei». Quando il suo primo matrimonio franò sotto la mole del lavoro, Hopkins si attaccò alla bottiglia. La paziente Jenni, sua nuova compagna, non lo scaricò, e Anthony iniziò la faticosa risalita frequentando gli Alcolisti Anonimi un paio di volte la settimana. «Quando le cose personali vanno male - era solito dire gli attori hanno un vero potere autodistruttivo, la capacità di sbrin¬ dellare se stessi: anche i migliori, Olivier, Brando e Burton». Quando quest'ultimo, dolceamaro modello, abbandonò le scene, Hopkins sbocciò. Non era colpa sua se i rapporti coi colleghi non erano sempre idilliaci. Durante le riprese di Quattro passi sul lenzuolo, la MacLaine lo bistrattava: «Non sai che cosa vuol dire sincronia?», gli ripeteva. Quando un amico provò a spiegargli che Shirley «aveva bisogno di molto amore», lui esplose: «Sono io che ho bisogno di molto amore! Non dirmi che lei è insicura! Io sono terrorizzato!». Un paio d'anni fa, durante le riprese di Ore disperate, Mickey Rourke («Un tipo molto violento: avevo paura che mi rompesse la faccia») gli assestò una gran scoppola sul collo. Hopkins lasciò il set, urlando: «Se un attore dà i numeri, dev'essere sostituito!». Il silenzio degli innocenti fu liberatorio. Hopkins ritrovò se stesso e adorava Jodie Foster. In costume faceva paura, anche gli operatori gli stavano alla larga. La fama e l'Oscar hanno appagato, provvisoriamente, un suo desiderio: «Ho sognato per anni di fare un film di grande successo. Guidavo per il Viale del Tramonto e mi rodevo davanti alle facce dei colleghi sui cartelloni pubblicitari». Ora, con la lodata parte del maggiordomo nell'ultimo film di Ivory, The Remains ofThe Day, ci riprova. Ma Annibale il Cannibale ce l'ha nel cuore: spera in un Silenzio 2, per riportarlo a infestare la nostra fantasia. Maria Chiara Bonazzi Il sodalizio con Olivier, le lezioni della Hepburn, il feeling con la Foster Anthony Hopkins premiato con l'Oscar per l'interpretazione di Hannibal The Cannibal nel «Silenzio degli innocenti»

Luoghi citati: Dublino, Inghilterra, Londra