Si sono estinte 618 razze da allevamento
L'allarme viene da un rapporto della Fao, che rende note le cifre di un «inventario zootecnico globale» L'allarme viene da un rapporto della Fao, che rende note le cifre di un «inventario zootecnico globale» Si sono estinte 618 razze da allevamento E l'esistenza di altre 490 è a rischio, gravi danni per l'Italia ROMA. Le risorse genetiche degli animali da allevamento si stanno pericolosamente impoverendo e molte razze delle principali specie da reddito rischiano l'estinzione. L'allarme viene dalla Fao che ha effettuato una specie di «inventario zootecnico globale». I risultati sono preoccupanti: sono 618 le razze (bovine, equine, suine ed ovi-caprine) già scomparse mentre altre 490, se non si interverrà con decisione, seguiranno presto la stessa sorte. I danni si prospettano rilevanti sia a livello zoologico e culturale sia economico in quanto verrebbe compromessa quella variabilità genetica che è uno dei presupposti per la selezione del bestiame. Secondo il rapporto Fao tra le possibili candidate all'estinzione vi sono anche 53 razze italiane, alcune delle quali assai illustri per lignaggio e tradizione zootecnica. Basti citare, tra i bovini, la Reggiana, nota per il suo contributo alla produzione del celebrato formaggio parmigiano-reggiano, e la Caivana, parente stretta della famosa Chianina, anch'essa peraltro ormai ridotta a poche migliaia di ca- pi. Tra i suini sembrano avere il destino segnato la razza Romagnola e la Cinta senese, produttrici di eccellenti prosciutti, che contano attualmente poche decine di capi. Senza rimedi urgenti dovremo dare presto nostalgico addio anche al cavallo maremmano, al somarello sardo e persino all'asino di Martina Franca, i cui stalloni, accoppiandosi con le cavalle, producevano i robusti e pazienti muli, preziosi compagni di fatica dei nostri montanari e delle truppe alpine. Mentre la scomparsa di alcuni equini, antichi animali da lavoro, è sicuramente legata ai progressi della meccanizzazione agricola, le razze bovine autoctone vengono invece soppiantate dai ceppi più produttivi: basti pensare che dalle migliori Frisone si munge oggi in un solo mese il latte che si ricava annualmente da una vacca non specializzata. Lo stesso discorso vale per maiali, pecore e capre. Ma attenzione, avvertono gli scienziati, annullare la biodiversità è rischioso, perché riducendo il patrimonio genetico si perdono qualità preziose, inevitabilmente trascu- rate quando si punta solo ai traguardi produttivi. L'adattabilità all'ambiente e la resistenza alle malattie, ad esempio, sono controllate da geni da non perdere. Infatti, in particolare per i Paesi in via di sviluppo, alle prese con il dramma perenne della fame e della povertà, i migliramenti selettivi passano inevitabilmente attraverso incroci con le più robuste razze locali, da secoli abituate a sopravvivere in condizioni climatiche difficili ed a lottare con malattie endemiche, parassiti ed alimentazione di bassa qualità. Le campionesse del latte, veri animali tecnologici ingentiliti da anni di selezione ossessivamente tesa alle superproduzioni, non soprawiverebbero in condizioni avverse. Tuttavia è la stessa tecnologia ad offrire una via d'uscita per la conservazione delle razze in pericolo: la creazione di banche di sperma ed embrioni, in cui mantenere congelate le cellule germinali dei capi da conservare. E' un programma che nel nostro Paese, pur tra molte difficoltà, è già avviato. Mario Valpreda
Persone citate: Frisone, Mario Valpreda
Luoghi citati: Italia, Martina Franca, Roma
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