Intellettuali è tornata la febbre dell'appello

il caso. Dalla Francia all'Italia, risorge un'antica passione: la firma sotto i manifesti il caso. Dalla Francia all'Italia, risorge un'antica passione: la firma sotto i manifesti ROMA EMBRAVA una scienza ^oramai caduta in desuel J tudine, una disciplina in hd. I via d'estinzione. Sembrava insomma che gli Anni Ottanta avessero inferto un colpo mortale a quel pezzo di storia delle abitudini culturali italiane che Nello Ajello definì una volta «appellografia intellettuale». Ovvero l'arte dell'apporre la propria firma in calce ad appelli, documenti, mozioni. Ovvero la consuetudine da parte di scrittori, studiosi, registi, attori, giornalisti di spendere il proprio nome per una giusta causa. 0 forse per schierarsi. 0 forse per smania di presenzialismo. E invece no. Le penne son tornate. Gli appelli rifioriscono. Le vecchie abitudini sembrano riprender fiato. Gli appelli elettorali riempiono in questi giorni le pagine dei giornali. A Napoli e a Roma trenta intellettuali, da Vittorio Foa a Giulio Einaudi, da Dacia Maraini ad Alberto Asor Rosa, si schierano con i candidati della sinistra. Gli «artisti romani» - annuncia un'agenzia - si schierano per Rutelli sindaco con il genovese Paolo Villaggio in testa. A destra hanno appreso la lezione, ed ecco in un battibaleno l'appello pro-Fini di Giorgio Albertazzi e di Ettore Paratore, di Domenico Fisichella e di Giovanni Artieri. Prassi corrente, quella degli appelli elettorali. Senza contare le colonne di firme che nei referendum invitano a votare sì o no. Ma che dire dell'accorato appello di intellettuali francesi (come Derrida) e italiani (come Umberto Eco e Rossana Rossanda) dove si invitava a boicottare ogni genere di manifestazione culturale che in qualche modo potesse alimentare a giudizio dei firmatari la febbre xenofoba che devasta l'Europa? Oppure dell'invocazione ad aprire «un fronte "Mani pulite"» nel «campo della cultura» firmata tra gli altri da Diego Abatantuono e Andrea Barbato, Alfonso Berardinelli e Tullio De Mauro, Franco Ferrarotti e Giuseppe Pontiggia, Emi- lio Tadini e Gian Maria Volontè? Ma i segnali che testimoniano una reviviscenza dell'«appellografia intellettuale» appaiono inequivocabili. Si firma per esprimere «riconoscenza» a Giorgio Strehler in seguito alle sue disavventure giudiziarie, appello sottoscritto da Michelangelo Antonioni e Gianna Schelotto, Maddalena Crippa e Carla Fracci, Francesco Alberoni e consorte. ((Allarmati dalla notizia delle dimissioni del direttore del Tg3», un gruppo di registi impegnati, da Gillo Pontecorvo a Citto Ma- selli, dai fratelli Taviani a Ettore Scola, firmano un manifesto-appello urgente indirizzato a Claudio Demattè in difesa di Alessandro Curzi. Il gruppo di registi, Pontecorvo in testa, sembra il più impegnato nell'opera di rianimazione dell'«appellografia» tanto da sottoscrivere, con l'aggiunta della firma di Gabriele Salvatorese, un vibrante appello all'Unità per deplorare un articolo in cui Enrico Ghezzi, il trasgressivo di Blob, aveva osato criticare uno scritto di Ettore Scola. Riappare la mania contagiosa della firma. Un costume che, come dice Ajello autore di numerose radiografie ironiche del «firmamento», genera nell'intellettuale uno sgradevole stato d'ansia giacché ((tra il dovere di testimoniare e la tentazione di salvarsi l'anima» l'intellettuale «di rado sfugge al destino di vedersi inserito in una delle due opposte schiere: degli ignavi per cinismo o dei presenzialisti per vocazione». E' un fatto però che il ritorno di fiamma della firma illustre in calce agli appelli sembra non conoscere argini, tanto che attualmente sono in corso ben tre raccolte di firme simultaneamente: quella per il «Patto» di rinascita nazionale di Mario Segni, quella per i referendum di Marco Pannella e la petizione popolare promossa da Achille Cicchetto. Senza tralasciare un'ulteriore raccolta di firma, stavolta promossa da Dario Fo e Franca Rame in combutta con i «destri» dell'Jndipendente, per rendere la vita molto ma molto difficile ai parlamentari inquisiti. Chissà che non sia la nostalgia per l'engagement. Un ritorno all'epoca in cui gli appelli, come ricorda ancora Ajello, «cominciavano con Alvaro e finivano con Zavattini». Una storia lunga, che ha conosciuto anche dettagli bizzarri come quando nel '48 Giuseppe Ungaretti prima firmò un appello per il Fronte Popolare e poi dichiarò: «Voto, ho votato e voterò scudo crociato». Poi venne la stagione del Vietnam e dei colonnelli greci, poi le firme contro Luigi Calabresi (sottoscritte dalla quasi totalità dell'intelligencija dell'epoca), per il referendum sul divorzio (con l'uscita dei «cattolici del no» capitanati da Pietro Scoppola) e per dichiarare che Pier Paolo Pasolini era stato vittima di un complotto, altro che «ucciso da una sola persona». Poi il raffreddamento. Continuarono gli intellettuali socialisti nell'80 a firmare una lettera di protesta contro il trattamento riservato loro da Bettino Craxi (e all'appello incautamente aderì persino Giuliano Amato). Oppure gli intellettuali cattolici, Achille Ardigò e Pietro Scoppola in testa, che fanno da «esterni» alla de. Armando Verdiglione sfoggiava firme illustre, da Bernard-Henri Lévy a Ionesco. Il fronte del cinema si mobilitava contro la pubblicità televisiva durante i film per «non interrompere un'emozione». Il fronte degli intellettuali comunisti firmava a tutto spiano per opporsi alla svolta di Occhetto. Casi isolati. Non certo la febbre che sta di nuovo dilagando. E chissà che in Italia non possa accadere ciò che è successo in Francia, con un gruppo di intellettuali che sull'Humanité lancia un appello contro l'eccesso di inglese nei lanci per l'estero della gloriosa France Presse. Pierluigi Battista IntellettuMA za ein ata abilo orma ti, ne enusi. aon no. no no dei n a ni ara. ia uoeno Aldi nla za he re la febbreRidellame dse ramamtualesia gmonsalva«di rdersioppocinisvocail ritillustbra nche ben tneamdi riSegnMarcpolarchett A fianco un disegno di Aubrey Beardsley. Le penne son tornate: dagli appelli elettorali pro-Rutelli o pro-Fini, agli appelli pro-Curzi e in difesa di Strehler Dario Fo: ha promosso una raccolta di firme contro i parlamentari inquisiti. A sinistra Umberto Eco: ha sottoscritto un appello per boicottare le manifestazioni culturali sospette di xenofobia Intellettuali, è tornata la febbre dell'appello

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