Banca Girgenti arrestato Roberto Caprioglio
Il finanziere è accusato di bancarotta fraudolenta. In carcere altri cinque amministratori dell'istituto Il finanziere è accusato di bancarotta fraudolenta. In carcere altri cinque amministratori dell'istituto Banca Girgenti, arrestato Roberto Caprioglio Un «buco» di quasi cento miliardi AGRIGENTO. Il finanziere d'assalto Roberto Caprioglio, più volte inquisito, è stato arrestato per il reato di bancarotta fraudolenta. Con lui sono finiti in carcere il socio Mario Fontana e l'intero consiglio di amministrazione della Banca di Girgenti, un piccolo istituto di credito in provincia di Agrigento, passato dall'improvviso e inspiegabile «boom» ad un rapido tonfo, fra il 1988 e il '91. Caprioglio, 43 anni, genovese trasferitosi a Torino da molti anni, è la figura-chiave. Caprioglio aveva creato un impero di cartapesta, ottenendo però grandi crediti. La Banca di Girgenti ne era diventata un inquietante puntello. Il primo a richiamare l'attenzione sulle «irregolarità» dell'istituto di credito era stato il maresciallo Giuliano Guazzelli, il sottufficiale dei carabinieri ucciso dalla mafia di Palma di Montichiaro. Arrivarono gli ispettori di Bankitalia. Per sei mesi rivoltarono i conti della banca e conclusero che era il caos: un crack di quasi cento miliardi. Sembrava solo uno scandalo siciliano, con il sospetto del riciclaggio di denaro sporco che lo ammantava di mistero. E invece Filippo Salamone, l'imprenditore che ha ammesso nel luglio scorso di aver pagato tangenti a uomini politici nazionali, a cominciare dall'ex ministro Calogero Marmino, ha rivelato un altro scenario per la Banca di Girgenti: era la cassaforte delle «mazzette» per le grandi opere pubbliche siciliane. Tutto cominciò quando, nel 1988, Caprioglio sbarcò nei pressi di Girgenti da un «executive» privato: veniva a prendere possesso della sua banca, e scese all'albergo «Kaos» di pirandelliana memoria: «Non si è ciò che si è, ma ciò che si sembra». Caprioglio appariva un manager ultradinamico, dalle conoscenze politiche di alto livello nella de e nel psi. Si scelse o fu scelto da soci come il costruttore Salamone, il cui cugino, assessore regionale al Bilancio molto vicino a Salvo Lima, autorizzò in poco tempo l'apertura di 18 filiali dell'istituto di credito, che prima del «decollo» non ne aveva nemmeno una. All'inaugurazione della megasede di Agrigento presenziò Salvatore Lauricella, allora presidente dell'Assemblea regionale siciliana. La sede centrale della banca era però rimasta nella palazzina dai muri scrostati e affacciata su una strada piena di buche, al «Vil¬ laggio Mose» di Girgenti. L'altra «faccia» dell'operazione Caprioglio-Salamone. Per Caprioglio l'arresto di ieri corrisponde ad un ritorno in carcere: nel 1992 era stata la magistratura torinese a spedirlo dietro le sbarre per la bancarotta della sua «Dominion», che usava ottenere finanziamenti concedendo a riporto, come garanzie, titoli di clienti. In questo modo ne erano «scomparsi» per oltre cento miliardi, con vittime illustri, da Carlo De Benedetti a Steno Marcegaglia. Molto rumore ha provocato la battaglia legale aperta dalla Duménil Leblé del Gruppo De Benedetti, che ha denunciato Caprioglio per tentata truffa, coinvolgendo i noti agenti di cambio Adorno e Montalcini. Le azioni scomparse sono state ritrovate presso alcune importanti banche, ma l'inchiesta giudiziaria torinese non è conclusa. Ieri un portavoce di De Benedetti ha commentato così l'arresto di Caprioglio: «La verità sta venendo lentamente a galla». Alberto Gaino li finanziere Roberto Caprioglio arrestato ieri mattina
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