Ma l'ala dura mugugna «Al diavolo il doppiopetto» di Augusto Minzolini

Ma l'ala dura mugugna «Al diavolo il doppiopetto» Ma l'ala dura mugugna «Al diavolo il doppiopetto» LA FIAMMA CHE TREMOLA OROMA GGI l'ha detta bene, Gianfranco. E' stato più preciso rispetto a quello che ha risposto a Santoro. Il segretario ha detto che con Mussolini è morto il "regime fascista". Preciso è morto solo il "regime fascista". Più di questo non dico». Con le orecchie tese e lo sguardo attento, Teodoro Buontempo ascolta e commenta le parole di Fini. E sentita quella formula il camerata «pecora» del msi romano, il terrore dei viados del Flaminio e dei polacchi dei semafori della capitale, il diseredato che dormiva in automobile a Villa Borghese e che da deputato si è tolto lo sfizio di girare in Mercedes, tira un sospiro di sollievo. A due metri di distanza, sempre nella sala affollata in cui il segretario missino dovrebbe celebrare l'abiura del fascismo, pure Cesco Baghino uno dei fondatori del msi, con lo stemma della Repubblica Sociale all'occhiello, alle parole di Fini ci tiene a sussurrare al vicino: «Capito? Ha detto fine del regime fascista. Ripeto del "Regime". E comunque, tanto per essere chiari, io per il governo lo stemmino della R.S.I., non lo tolgo». Eh sì, l'«anima» missina più gelosa della propria identità, per una notte ha sudato freddo, le parole pronunciate dal segretario a II Rosso e il Nero («il fascismo è morto con Mussolini») l'avevano turbata. Poi, ieri, in quella nuova formula «è morto il regime fascista» - ha trovato una «mediazione» temporanea, una «piccola concessione» che gli dà la possibilità di mantenere il riserbo promesso al segretario fino al 5 dicembre. Un silenzio rispettato, ma sofferto. Basta, infatti, scambiare due battute con l'ideologo nero, con Pino Rauti, per aver la conferma di quanto costi agli «irriducibili» tenere la bocca chiusa. Rauti non è soddisfatto neanche da quel compromesso, ma coglie immediatamente la novità rispetto alle dichiarazioni di Gianfranco Fini di 12 ore prima. E scoppia a ridere. «Ah, ah, ha detto cosi? - domanda "Con Mussolini è finito il regime fascista". Beh è una cosa diversa da quella che ha detto a "Rosso e Nero". Io comunque ho preso l'impegno che non parlo, solo il 6 dicembre dirò quello che penso. Io appoggio Fini lealmente. Domani lo incontro. Comunque, le mie tesi sono note...». Rauti vorrebbe finir qui la conversazione, ma l'argomento è troppo ghiotto per uno come lui che su queste cose ci ha passato una vita. La chiave per farlo parlare ancora è quella di riportargli un'altra frase di Fini: «Nessuno può pensare di restaurare il regime fascista». E lui, automaticamente, viola di nuovo il silenzio promesso al segretario: «Ma è ovvio - spiega -, che quel regime non può essere restaurato. Poteva essere calato solo nella realtà di quell'epoca. Sarebbe come dire vestiamo con i vestiti di allora, usiamo le automobili di allora. Cosa diversa, però, è parlare del nostro rapporto con il fascismo. Io ho usato una definizione diversa da Fini, io avevo proposto il paragone dell'albero: l'albero non ha nostalgia delle sue radici, ma viene da quelle radici. Comunque, per favore, non mi faccia parlare. Si metta nei miei panni. Mi stanno telefonando da tutta Italia, anche elementi di base. C'è un po' d'ira, un po' di sconcerto. Vede, io non capisco perché dobbiamo crescere a questo prezzo... Ma adesso non voglio parlare, per lealtà...». Parla e non parla. Se parla insorge, ma poi si trattiene per disciplina di partito. Il Rauti di oggi ricorda il modo di fare, la reazione dei vari Ingrao e Cossutta di fronte alla «svolta» di Occhetto alla Bolognina. E in quelle parole, in quel dissenso a malapena represso, si può intravedere il germe di una possibile «Rifondazione missina». Questo perché al di là dei sofismi, delle formule usate da Fini, c'è uno strappo che è stato già consumato con la tradizione di quarant'anni dell'ala dura del msi: la possibilità, inaspettata, di arrivare al governo. Non c'è bisogno d'altro: già solo quell'ipotesi può mandare in crisi l'anima del partito più allergica al «doppiopetto». Questa è la sofferenza dell'ala dura, intellettuale del msi. Quella più folkloristica e strapaese, quella di Buontempo e di quel Tassi che continua ad indossare la camicia nera, si accontenta dell'artificio verbale usato dal segretario e ubbidisce. Del resto Fini con le parole è bravo quanto disinvolto: a Roma il segretario del msi prende le di¬ stanze dal leader dell'estrema destra, Le Pen, e sceglie il più moderato Chirac come modello; in Francia, invece, in un'intervista a Le Figaro, torna a solidarizzare con Le Pen. E confidando nella retorica di Fini - che a parole cambia molto, ma nella sostanza forse niente Buontempo e Tassi accettano tutto. Il capogruppo dei deputati, Tatarella, chiede di mettere in armadio la camicia nera: Tassi, sia pure a malincuore, ubbidisce. Tatarella ordina di tenere a posto le mani e di usare, casomai, i «sit-in pacifisti»: Buontempo chiude gli occhi e acconsente. Tutti, insomma, stringono la cinghia, tutti si adeguano in attesa del fatidico 5 dicembre. E dopo? Si vedrà: molto dipenderà da come andranno i ballottaggi. Si Fini vincerà, la «svolta» andrà avanti. Altrimenti torneranno i dubbi. Lo stesso Buontempo, malgrado ce la metta tutta per cucirsi la bocca, davanti ad un cappuccino alla buvette di Montecitorio non si trattiene. E a nulla valgono le reiterate raccomandazioni del capo ufficio stampa di Fini, Storace: «Teodoro sta attento, non parla!». Buontempo è troppo affezionato alla sua ideologia per non violare il silenzio. «Questi non lo capiscono dice - ma la gente vuole riconoscersi in un ideale, in certi valori, nell'ordine e nella gerarchia. Non per nulla la fiamma ha preso il 32%. Voi non vi rendete conto delle virtù taumaturgiche della fiamma. Fini ha preso solo il 2% in più del partito». Un sorso ed un altro sfogo: «Cambiare simbolo? Non ci credo proprio. Secondo me in futuro il pds sarà cancellato. Ha più possibilità Rifondazione, perché anche dall'altra parte la gente ha bisogno di ideali forti, vuole un'identità, vuole chiamarsi comunista. E da noi è la stessa cosa. Eppoi che c'è rimasto? La Russia è stata conquistata dalla Coca Cola, ma io in Italia non voglio essere conquistato dallo Zio Sam. Lo dico e lo ripeto la dottrina e i valori del fascismo sociale rimangono ancora validi. E un fatto è sicuro: la politica senza identità diventa solo una Spa». Buontempo ha finito il suo sfogo ma quando incontra in Transatlantico D'Urso, uno degli organizzatori di Alleanza Nazionale, il cartello della destra che vuol governare, sogghigna. «Quanti voti credete che possa prendere quello? Ve lo dico io: 350. E il professore Fisichella? Al massimo 150. La verità è che la società civile non conta un cazzo». Il povero Buontempo non fa in tempo a girarsi che il leghista Maroni lo prende in giro. «Fascista!», gli grida. Lui sorride e risponde: «Fino al 5 dicembre puoi anche prendermi a schiaffi. Sto zitto. Approfittane». Augusto Minzolini Il «duro» Buontempo «C'è chi non capisce: la dottrina e i valori del fascismo sociale sono ancora validi» Da sinistra, Le Pen e Pino Rauti A destra: Fini e Teodoro Buontempo

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