Ferzetti e la Proclemer, due vampiri nell'inferno coniugale di Strindberg di Osvaldo Guerrieri

Ferzetti e la Proclemer, due vampiri nell'inferno coniugale di Strindberg Al Carignano una splendida «Danza di morte» con la regia di Calenda Ferzetti e la Proclemer, due vampiri nell'inferno coniugale di Strindberg mo che la clausura può diventare un pericoloso detonatore, può far affiorare aspirazioni mai realizzate, può attizzare pensieri maligni, odii distruttivi. E così ci si ferisce, ci si accusa dei crimini più odiosi, si commettono le azioni più vergognose. Tutto questo accade quando in casa arriva Kurt, grande amico delle, coppia. Alice lo seduce. Edgar va in città per sottoporsi a un esame medico dopo un malore che l'ha depositato sul limite della vita. Ma, in quella mezza giornata, riesce ad avviare le pratiche per il divorzio, ad allearsi con la figlia contro la madre e a scegliersi una nuova moglie, «più giovane e più bella». Commenterà Guy Vogelweith nel 1972: «Tout ceci n'a pris qu'une demie journée». Soltanto mezza giornata. E' così inverosimile che dovrebbe metterci in sospetto. E anche il fatto che Edgar e Alice non si lascino mai, neppure dopo i colpi più sanguinosi, dovrebbe darci di che pensare. Per esempio dovremmo chiederci perché questa coppia di mezza età, modesta e mediamente insoddisfatta, rimastichi dapprima un disgusto sommesso e poi, all'apparire di un estraneo, si scateni, elabori le più sofisticate crudeltà, prorompa in accuse infamanti (Edgar avrebbe derubato l'esercito!), ma si blocchi sul margine della più rovinosa delle disfatte e si plachi in un melanconico armistizio. Che vuol dire? L'inferno esige dannazioni sontuose e irrimediabili. Se Edgar e Alice rinunciano all'affondo finale è perché non tendono a distruggersi: hanno capito che dall'inferno non si può evadere, che sono condannati a vivere nell'impossibilità di capirsi e di perdonare. E allora esibiscono la loro condanna, la travestono di menzogne, di esagerazioni, di atrocità: ma soltanto in presenza di Kurt, il loro spettatore. Testo ambiguo, circolare, perfetto. Antonio Calenda lo disseziona con sapiente cru deità, ne estrae rancorosità al tezzosa, vampirismo estremo e solitudine rassegnata, mentre gli attori aggiungono a tanta ricchezza superbi spunti inter pretativi. Ferzetti, la cui fatica è stata premiata due giorni fa con l'Ubu, lavora il personaggio del Capitano come un orafo: non una sbavatura nel disegno di una personalità distrutta dalla vita e tuttavia aggressiva, tron fia, sprezzante, in qualche trat to allucinata. Anna Proclemer fa di Alice una donna che lotta con il proprio antagonista ad ar mi pari, senza tenerezze, ricam biando l'odio con l'odio. Forte braccio è un Kurt guardingo, schiacciato dal gioco al massacro che non potrà sopportare. In sala grande attenzione e ap plausi calorosissimi. Osvaldo Guerrieri

Persone citate: Anna Proclemer, Antonio Calenda, Calenda Ferzetti, Ferzetti, Proclemer, Strindberg