« Mi turo il naso e voto Fini » di Pierluigi Battista

« « Mi furo il naso e voto Fini » Il figlio di Nello Rosselli: non lo temo LA FINE DI UN TABU' LB ROMA m ANTIFASCISMO come «ricatto», se non addirittura come «spauracchio demagogico»? Le parole di Silvio Berlusconi martellano su un nervo ancora sensibile, generano sconcerto ma costringono anche a ripensare sulla vitalità di un concetto vissuto fino a ieri con grande intensità emotiva e talvolta furore passionale. Un articolo di fede, forse un tabù travolto dal successo inaudito del segretario missino a Roma ma ancor più dall'apertura di credito di un imprenditore che non esita a includere il partito di Fini come componente della destra moderata, conservatrice e liberale di cui lamenta l'assenza. «Il tabù del fascismo c'è ed esercita ancora potentemente il suo richiamo», commenta Antonio Martino, uno degli alfieri del liberismo italiano. Precisando però: «E' un tabù che ha perduto gran parte delle sue originarie giustificazioni e così deve aver pensato il 35 per cento dei romani». Professor Martino, lei che fa parte dell'universo «moderato» ed è un cittadino romano che voterà al ballottaggio tra Fini e Rutelli, può dirci se sentirà il peso di questo tabù o no? «Intanto l'alternativa che mi si presenta io non ho contribuito a determinarla con il mio voto al primo turno», risponde Martino. «Aggiungo però che non potrei mai votare per Rutelli e che in un sistema di tipo maggioritario voluto dagli italiani attraverso un referendum, nel polo moderato non può essere esclusa a priori la presenza del msi». Dunque Martino voterà per Fini? La risposta appare inequivocabile: «Sbaglia ad astenersi chi non vuole Rutelli. E il sistema maggioritario impone scelte obbligate, come al solito turandosi un po' il naso». Una scelta «obbligata» che fa a pezzi ogni residua remora «antifascista». Del resto qualcosa deve essere cambiato per indurre uno scrittore come Aldo Rosselli, figlio di Nello e Carlo Rosselli, i due antifascisti assassinati nel 1937, a pronunciare parole destinate ad addolorare la sinistra romana: «Sono un ebreo laico, ma non credo proprio che se Fini arrivasse in Campidoglio dovrei fare i bagagli e riparare in Svizzera». L'antifascismo, per il figlio di Nello Rosselli, non è più l'elemento coesivo, il primo principio di legittimazione della democrazia italiana: «L'Italia è un Paese demo- cratico e può scegliere se andare a destra. Personalmente Fini non mi fa nessuna paura. E non sono con quanti dicono che, se dovesse farcela a Roma, scenderebbero in piazza». Non solo, Rosselli sembra addirittura auspicare lo scongelamento della destra: «Sono certo che, se sciogliesse il msi e creasse un movimento di centrodestra, riuscirebbe a liberarsi da una pesante eredità storica, attirando nel suo ambito forze moderate liberaldemocratiche che non possono riconoscersi nel pds». Insomma, «Rutelli ha fatto il pieno, Fini no». Il filosofo Lucio Colletti non voterà Fini («Sono diventato antifascista a 16 anni e il mio insegnante era Pilo Albertelli, trucidato alle Fosse Ardeatine»), ma ritiene che Berlusconi abbia ragione a liberarsi di un tabù che «non ha più ragione di essere, visto che il fascismo è morto 50 anni fa e gli avversari di allora sono fisicamente scomparsi». E i saluti romani, e le rituali mascherate sotto il balcone di Piazza Venezia? «Certo che in qualche grotta del msi si coltiva la nostalgia e non sottovaluto insopportabili esibizioni di neo-veterofascismo. Penso tuttavia - prosegue Colletti - che Fini abbia voglia di scrollarsi di dosso la vecchia conchiglia e sarebbe ora, come auspica Vittorio Foa, che procedesse con speditezza sulla strada della "Predappina" così come il pei ha avuto la sua Bolognina». Ancora Colletti: «Abbiamo accolto con favore il fatto che il pei abbia deposto le vecchie insegne anche se ne reca ancora i tratti. Abbiamo steso un velo misericordioso sul fatto che Occhetto ha fatto parte di un partito che non tantissimi anni fa civettava ancora con la Russia di Breznev. Perché allora non dare a priori alcun credito al tentativo di Fini di contribuire alla costituzione di una destra moderata e costituzionale?». Gianni Baget Bozzo rincara la dose: «Come cristiano ritengo che l'antifascismo dovesse finire nell'aprile del '45. Non è accaduto così e anzi l'antifascismo è diventato la vera base di legittimazione della partitocrazia». Baget Bozzo sostiene che «così come è finito l'anticomunismo non può non finire l'antifascismo e chi sostiene che chi vota per il msi vota per una dittatura sa di star diffondendo una menzogna. E le reazioni concitate all'uscita di Berlusconi dimostrano che dell'età delle ideologie abbiamo conservato l'aspetto deteriore: l'abitudine alla scomunica». Pierluigi Battista Da sinistra, il filosofo Lucio Colletti e l'economista Antonio Martino

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