Bombe e orsacchiotti sui bambini di Bosnia

L'Onu incomincia i «lanci di Natale», la guerra continua a mietere vittime L'Onu incomincia i «lanci di Natale», la guerra continua a mietere vittime Bombe e orsacchiotti sui bambini di Bosnia ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Quanti altri bambini moriranno in Bosnia prima di Natale? Uccisi dalle bombe, dalla fame o dal freddo. Ormai le piccole vittime del sanguinoso ce itto non si contano più. Non hanno né un volto, né un nome. Ogni giorno le terribili immagini mostrano nuovi cadaveri massacrati. Ancora ieri a Sarajevo le granate serbe hanno ucciso due bambini. A Mostar l'artiglieria pesante musulmana ha centrato il cortile di una scuola della parte controllata dai croati; gravemente feriti, quattro bambini sono in fin di vita. Stavano giocando, proprio come i tre ragazzini di Sarajevo che l'altro ieri hanno trovato la morte sulla neve, mentre cercavano di divertirsi almeno un po'. Le macchie di sangue sul manto bianco sono già state ricoperte da una nuova nevicata. Sul posto è rimasta soltanto una vecchia slitta in legno. Era il loro unico giocattolo che stranamente sono riusciti a salvare perché a Sarajevo non si trova più un pezzo di legno. Per riscaldarsi, la gente ha bruciato i mobili di casa, i parquet dei pavimenti, mentre gli alberi dei giardini sono stati tutti tagliati. Con l'arrivo del grande freddo, la situazione è diventata ancora più drammatica. Tre milioni di persone in Bosnia rischiano di morire assiderate o per mancanza di cibo. Mentre i convogli umanitari continuano ad essere bloccati, ieri notte gli aerei americani hanno nuovamente paracadutato soccorsi alla popolazione. Ma questa volta, oltre ai viveri, hanno lanciato anche dei pacchi-dono per i più piccini. Migliaia di orsacchiotti per ricordare che Natale è vicino, per dare ai bambini della Bosnia almeno un po' di quel calore che in questo periodo di feste ricevono tutti i bambini del mondo. Ma quanti di loro potranno gioire del loro regalo? Quanti moriranno prima di Natale? E se soprawiveranno, ci sarà mai più un sorriso sul loro volto, la felicità nei loro oc- chi? Di fronte alla tragedia bosniaca - Sarajevo è peggio di Auschwitz, dicono i suoi abitanti, perché il mondo l'ha legalizzato - la diplomazia internazionale tenta ancora una volta di avviare i negoziati di pace. A Ginevra sono stati nuovamente convocati i leader delle tre parti, il musulmano Izetbegovic, il serbo bosniaco Karadzic e il croato bo¬ sniaco Boban. Oltre al presidente serbo Milosevic e a quello croato Tudjman, lunedì in questa città dovrebbero arrivare anche gli inviati del segretario di Stato americano Christopher e il ministro degli Affari Esteri russo Kozirev. Nelle tratttative dovrebbero partecipare anche i comandanti in capo dei tre eserciti, in quanto direttamente responsabili della situazione sul terreno per quanto riguarda i convogli umanitari. Infatti, a cinque giorni di distanza dall'accordo che i tre hanno firmato alla presenza dell'Alto Commissario per i profughi, Sadako Ogata, i convogli umanitari in Bosnia sono ancora bloccati. Ad eccezione di un convoglio di 30 camion che ieri è partito da Metkovic, in Croazia, verso la città di Zenica. Ma il viaggio si pre- senta lungo e tormentato per via degli scontri tra le forze musulmane e quelle croate in Bosnia Centrale. Da Belgrado la portavoce dell'Alto Commissariato per i profughi, Lyndall Sachs, ha dichiarato che, malgrado le promesse dei serbi, i convogli continuano tuttora ad essere bloccati. «Anche se riescono ad entrare in Bosnia, i convogli vengono fermati. E' un circolo chiuso. Manca sempre qualche permesso e nessuno sa mai chi lo deve rilasciare», ha detto la Sachs. Ci sono intanto le prime reazioni alla posizione adottata dai Dodici a Lussemburgo per quanto riguarda una possibile sospensione delle sanzioni alla Serbia in cambio della resa di un 4 per cento dei territori ai musulmani. «I confini in Bosnia sono stati tracciati con il sangue e nessun serbo ha ,-l mandato di cancellarli», ha dichiarato il generale Ratko Mladic, comandante in capo delle milizie serbo-bosniache, lasciando chiaramente intendere di non essere affatto disposto a cedere quel che ha conquistato con la forza. Mentre a Lubiana i giornali parlano di un regalo che la Comunità europea ha fatto a Milosevic alla vigilia delle elezioni, a Belgrado si chiedono che cosa significhi in realtà la decisione dei Dodici. Il ministro degli Esteri serbo Jovanovic ha dichiarato in un'intervista che: «Si tratta di un passo indietro perché adesso si parla di sospensione delle sanzioni e non della revoca. Non è accettabile se non precondizione ai colloqui. La risoluzione è stata votata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sicché i Dodici non possono arrogarsi il diritto di cambiare questo parere introducendo il principio della sospensione», ha detto Jovanovic il quale ha poi affermato che la Jugoslavia ha un grande interesse a riprendere i rapporti di buon vicinato con l'Italia. «Gli unici problemi erano quelli con la Slovenia e con la Croazia, ma questo fardello non è più sulle nostre spalle». Ingrìd Badurìna I serbi respingono il baratto proposto dai 12: meno sanzioni in cambio di territori Uno dei bambini uccisi a Sarajevo da una granata mentre giocavano nella neve a poca distanza dal quartier generale dei Caschi blu francesi: nella capitale bosniaca si profila un inverno di gelo di fame e di morte (foto epa]

Persone citate: Izetbegovic, Jovanovic, Karadzic, Kozirev, Milosevic, Ratko Mladic, Sadako Ogata, Tudjman