Scacchista il genio idiota
PSICOLOGIA PSICOLOGIA Scacchista, il genio idiota Ultimi studi sulla natura dell'intelligenza sentimenti e le reazioni degli altri), quella introspettiva, quella musicale e infine l'intelligenza corporeo-cinestetica (che consente ad atleti e ballerini di dominare il proprio corpo). Esiste inoltre la possibilità di integrare due o più forme di intelligenza. La molteplicità delle funzioni intelligenti è possibile grazie alla complessità del nostro cervello diviso in due emisferi: l'intelligenza linguistica e la logica sono per lo più funzione dell'emisfero sinistro del nostro cervello; la comprensione dei rapporti spaziali, la produzione e la comprensione musicale e la capacità di cogliere, visualizzandoli, rapporti tra i numeri, comportano il coinvolgimento dell'emisfero destro. In uno studio condotto all'inizio del secolo che ha anticipato ricerche più recenti, Alfred Binet, l'inventore dei test di in¬ telligenza, esaminò nell'ambito del gioco degli scacchi alcuni casi di virtuosismo mnemonico. I maestri giocavano bendati varie partite simultaneamente con altrettanti giocatori non bendati: essi dovevano ricordare le posizioni degli scacchi sulle varie scacchiere e aggiornarle progressivamente sulla base delle descrizioni delle ultime mosse fatte dai loro avversari. Osservando questi scacchisti in azione e parlando con loro, Binet si rese conto di quanto importante fosse la memoria negli scacchi; ma capì anche che si trattava di uno speciale tipo di memoria. Infatti i maestri memorizzavano i giochi, non le singole mosse, basandosi su una memoria visivo-spaziale di tipo astratto, ossia una sorta di memoria geometrica che andava oltre alla posizione dei singoli pezzi sulla scacchiera in un particolare momento e che contemplava «in profon¬ dità» una sequela di schemi di gioco. 4NèlIa mente dei campioni, la posizione degli scacchi non veniva fotografata in immagini cristallizzate ma si trasformava in qualcosa di più dinamico, in una serie di schemi che gemmavano a partire da uno schema iniziale. Questa capacità era legata anche ai ricordi di importanti partite giocate in passato e quindi non si riduceva certo a una semplice visualizzazione fotografica o «meccanica». Le osservazioni di Binet sono state corroborate dai risultati più recenti di uno sperimentatore olandese, Adrian de Groot, grande maestro degli scacchi e psicologo. In un esperimento condotto da Adrian de Groot è stata mostrata ad alcuni campioni una scacchiera per vari secondi e poi è stato chiesto loro di ricostruire la posizione degli scacchi. Se le posizioni ri¬ spondevano a una logica che generalmente caratterizza un gioco di alta qualità, i campioni se la cavavano bene, assai meglio dei giocatori ordinari; ma se gli scacchi erano disposti a caso, i campioni avevano prestazioni simili a quelle di qualsiasi altra persona. Questo risultato conferma quanto aveva già intuito Binet, ossia che i campioni non si differenziano dagli altri individui per una semplice memoria visiva, bensì per la capacità di riconoscere e di codificare in modo significativo delle configurazioni oltre che per quella di porle in relazione con altre già incontrate nel corso della propria storia di scacchista. «Io posso giocare con varie persone allo stesso tempo senza guardare la scacchiera ma tenendo a mente le posizioni. Molti considererebbero che questa abilità sia legata ad una memoria eccezionale», ha di¬ chiarato nel corso di un'intervista il campione David Nordwood, «ma io ho giocato fin dall'età di 5 anni e per me questo è naturale come parlare». L'esperienza quindi, insieme alla capacità spaziale e a quella logica, costituisce una grande risorsa dello scacchista. E' stato calcolato che nel giro di vari anni un campione si costruisce un'enciclopedia mentale di più di centomila situazioni scacchistiche. Si spiega così anche perché un campione vinca su un computer. Gli attuali computer sono in genere superiori agli uomini in termini di velocità di calcolo, e quindi possono prevedere milioni di mosse al secondo; ma non possiedono ancora la capacità intuitiva umana di riconoscere, imparare e creare degli insiemi significativi. Ciò sarà forse possibile in futuro; per il momento la diffe¬
Persone citate: Alfred Binet, Binet
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