Milva Leroy la Bisset Star ma col pennello di Mirella Serri

In mostra a Roma i quadri di personaggi dello spettacolo e i disegni di Moravia In mostra a Roma i quadri di personaggi dello spettacolo e i disegni di Moravia Milva, Leroy, la Bisset Star, ma col pennello PITTORI A SORPRESA CROMA ANTAVA «Il mare nel cassetto», spopolava a Sanremo, dipingeva con colori forti e alla maniera di Modi. Negli Anni 60, Milva si cimentava, con tavolezza e pennello, in un «Omaggio a Modigliani»: una donna bionda, con un gran fiocco in testa, le guance rosse, il collo esile e allungato e un cane, modiglianesco anche lui, sulle ginocchia. La Pantera di Goro solo oggi esce allo scoperto in qualità di pittrice. Insieme a un folto gruppo di illustri dilettanti e di artisti, ha accettato di partecipare alla mostra «Ludus in tabula. L'Arte un po' per gioco», a cura di Cesare Nissirio con la collaborazione di Franco Lefevre, inaugurata nell'Area Domus di Roma, a via del Pozzetto 123, nella quale sono esposti anche disegni inediti di Alberto Moravia. Con Milva ci sono, fra gli altri, Philippe Leroy, Margherita Parrilla, Arnoldo Foà, Chiara Briganti, Jacqueline Bisset, Lele Luzzati, Roberto De Simone, Pier Luigi Pizzi, Ettore Viola, Renato Nicolini, Giovanni Bollea e Mario Lunetta. «Quando stavo in collegio, eccellevo nel disegno - racconta Milva - e spesso aiutavo anche i ragazzi più grandi. Quando poi ero incinta di mia figlia e dovetti lasciare per un po' il canto, fui catturata di nuovo dalla passione giovanile per i pennelli. Allora amavo molto Modigliani. Oggi, invece, mi piace soprattutto l'arte astratta, pittori come Pollock e anche i quadri, che ho visto di recente, del regista Michelangelo Antonioni mi hanno entusiasmato. Ora non dipingo più per mancanza di tempo, anche se mi piacerebbe molto». Orecchie grandi, nasi pronunciati e figure grottesche per lo scrittore Moravia che disegnava, a penna, a matita o pennarello, nelle pause del lavoro, fra una telefonata e l'altra, in trattoria su un tovagliolo di carta. All'Area Domus sono esposti cinque schizzi di volti deformati, caricaturali, rintracciati sul bordo dei giornali, sulle buste, sul dattiloscritto di un romanzo. «Ne faceva moltissimi di questi ritratti - dice Carmen Llera Moravia -. E' una testimonianza del suo vitalismo; doveva sempre essere impegnato in qualcosa. In realtà era molto attirato dalla pittura e anche un po' invidioso dei pittori per le loro doti artigianali. E poi diceva sempre: fortunato il pittore che deve convincere solo pochi - il mercante e il critico - mentre gli scrittori debbono piacere a un pubblico di molte migliaia di persone». Sfiorano con la punta consumata la struttura di ferro che le imprigiona e dondolano malinconiche le scarpette in gabbia della ballerina Margherita Parrilla, improvvisatasi scultrice. Sono scarpette illustri che hanno calpestato, la prima volta che sono state indossate, nell'82, la polvere del Bolscioi di Mosca. «Incarnano il simbolo delle fatiche e delle costrizioni - sostiene la Parrilla - che il balletto impone a chi vuole emergere. Ma sono anche una rappresentazione della scarsa attenzione che il nostro Paese dedica alla danza e all'arte in generale». Lo scenografo Lele Luzzati gioca con Re, Fante e Regina allegri e mostruosi, con la testa a forma di rinoceronte: si tratta di carte da gioco grandi il doppio della normale misura, trasformate in coloratissimi collages. «Mi erano state ordinate - spiega Luzzati - da un collezionista torinese di opere d'arte, dipinti, sculture e soprammobili, che dovevano avere tutti lo stesso soggetto: il rinoceronte. Sono collages in bilico tra il serio e il faceto e mi sembrano quindi aderenti allo spirito di questa mostra». «Che cosa c'è di più confortevole di un Martini prima di cena?»: il disegnatore Ettore Viola si è divertito a ritrarre lo scrittore Francis Scott Fitzgerald con un Martini in mano e un cuoricino al posto della tradizionale Olivetta. «Mi sono ispirato ad una foto dello scrittore del "Grande Gatsby" in cui appare con la moglie Zelda, scattata negli anni parigini. Erano anni in cui Fitzgerald aveva tutto: la sicurezza, la bellezza e il denaro. Una volta tanto il suo sguardo non è crudele, né tormentato e io l'ho ancora di più addolcito, con l'aiuto di un buon bicchiere». Mentre l'attore Philippe Leroy è presente con le sue dinamiche sculture in legni pregiati, il neuropsichiatra infantile Giovanni Bollea ha fatto uno strappo alla regola che si è dato di non far uscire dal cassetto i disegni a cui dedica tanto tempo. Bollea si è ispirato alla sigla della Alvi (Associazione alberi per i vivi), di cui è presidente e fondatore, per disegnare un albero scheletrito e due, invece, rigogliosi e in piena fioritura. «Disegno alberi perché il bosco è terapia per tutti, ma soprattutto per chi ha disturbi psichici. Come mi consigliò una volta una bambina di sette anni, bisogna chiudere gli occhi e imparare ad ascoltarlo». Mirella Serri t 1 Sopra, Milva. A sinistra un suo disegno

Luoghi citati: Goro, Mosca, Roma, Sanremo