Salta il «Mose» Fenice nel caos di Armando Caruso
Dopo lo sciopero, il teatro veneziano diviso e sotto choc: «Pontel se ne vada» Dopo lo sciopero, il teatro veneziano diviso e sotto choc: «Pontel se ne vada» Salta il «Mose», Fenice nel caos Tre consiglieri: «Commissariamo l'ente» Il sovrintendente replica: «Li denuncio» VENEZIA. Tutti i nodi vengono al pettine. Sempre: anche quelli inestricabili di un precario rapporto sindacale. Così, il «Mose» di Rossini che avrebbe dovuto inaugurare la stagione 1993-'94 è «naufragato nell'acqua alta della contestazione» con gli spettatori ansiosi di sapere come sarebbe finita, bloccati per un'ora nella splendida sala del teatro. Sarà recuperato (forse) domani sera. Non era mai successo nei 200 anni di storia del teatro. Altro che «profumo della Fenice» che il sovrintendente dell'ente lirico Gianfranco Pontel vorrebbe impregnasse canali, calli e campielli, simbolo di una nuova linea politica degli enti lirici italiani. Non c'è profumo di Fenice a Venezia: al contrario c'è un'atmosfera stantìa, di rancori, difficoltà, proteste, soprattutto nei confronti del sovrintendente che con le sue «idee innovative, di rigore professionale e amministrativo» (sono sue parole) ha provocato la reazione del sindacato, entrato in azione proprio nel momento in cui il sipario si sarebbe dovuto alzare sul «Mose» rossiniano, regista Pier Luigi Pizzi, protagonisti Ruggero Raimondi e Luciana Serra, direttore Garcia Navarro. Le «idee nuove» del sovrintendente hanno spaccato il teatro, scontentato tutti: persino il regista Pizzi, che si è rifiuta- to di «andare in scena con mezzo coro e mezza orchestra». Venezia sta vivendo un momento drammatico anche perché l'aria nel palazzo della lirica è irrespirabile. Qualche settimana fa Gianfranco Pontel in una intervista a La Stampa ha detto chiaro e tondo che «bisogna rinnovare il teatro, eliminare quei consiglieri d'amministrazione che non sanno leggere i bilanci e che creano soltanto confusione, paralizzano l'attività dell'ente». Proprio l'altra sera, i consiglieri Alfonso Malaguti, Nelli Elena Vanzan Marchini e Marco Nasi gli hanno risposto chiedendo le sue dimissioni «con effetto immediato e l'intervento della presidenza del Consiglio per commissariare la sovrintendenza del teatro facendo appello all'art. 11 della legge 800, che prevede l'intervento per «gravi motivi». Alla Fenice dunque è guerra aperta tra Pontel e il suo stesso consiglio d'amministrazione: taluni accusano il sovrintendente di non permettere regolari riunioni del consiglio. I messaggi più pacati ed espliciti l'altra sera erano di questo tenore: «Basta con le assunzioni clientelali, vogliamo regolari concorsi», oppure: «Vogliamo un direttore artistico che sia presente», e il riferi- mento a Siciliani (che a Venezia si vede pochissimo anche a causa della sua veneranda età) era altrettanto esplicito. Insomma, altro che il saggio Mose: in scena alla Fenice è andata la più pietosa delle «pagliacciate» liriche: litigi tra lavoratori, una vera bagarre tra coloro che sostengono Pontel e altri che lo avversano. E' questo il profumo della Fenice di Venezia? Malaguti spara a zero ancora contro Gianfranco Pontel: «E' grave che il pubblico sia stato avvertito della sospensione dello spettacolo soltanto dopo un'ora di attesa in sala. E' chiaro che perseguiva un unico obiettivo, quello di dar luogo alla "sua inaugurazione". Il resto non contava, non contavano il consiglio d'amministrazione, e soprattutto il pubblico che è stato fortemente penalizzato». Alfonso Malaguti non ha risparmiato altre frecciate velenose al suo sovrintendente: «Provocando quest'ultimo sciopero ha dimostrato di essere incapace di condurre un teatro come La Fenice. Avrebbe dovuto cercare prima il dialogo con i lavoratori, mantenere le promesse, evitare che con il suo comportamento saltasse la prima del Mose». Pontel non sta a pensarci sù e nello scusarsi col pubblico e la stampa italiana e straniera, annuncia: «Denuncerò alla magistratura i responsabili di atteggiamenti così irresponsabili». Il sovrintendente ha chiesto anche al commissario straordinario di Venezia, prefetto Giovanni Troiani, presidente del teatro, «l'immediata convocazione del Consiglio d'amministrazione, per adottare provvedimenti contro i protagonisti di questi gravissimi, intollerabili episodi». La parola ora dovrebbe passare al senatore Maccanico, responsabile, per lo Spettacolo, della presidenza del Consiglio. Un'altra «grana». E' destinata a non essere risolta? Armando Caruso Pubblico internazionale per un'ora in attesa che si aprisse il sipario. Interverrà Maccanico? Il basso Ruggero Raimondi interprete con la Serra del «Mose». L'opera forse in scena domani sera
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