•Parolaio di Pierluigi Battista

•Parolaio •Parolaio MADONNINA MIA. Dunque è ufficiale: Vincenzo Consolo non lascerà Milano. E' stato proprio lo scrittore sicilano a confessare al Corriere della Sera che «a questo punto fare le valigie non è più importante» concludendo così felicemente una vicenda iniziata quando Consolo, nel giugno scorso, solennemente dichiarò che non avrebbe trascorso neanche un minuto in una città il cui sindaco fosse risultato un leghista. Poi è sembrato che il fiero proposito di Consolo avesse subito il logorio del ripensamento. «Devo trasportare tutti i libri, salutare gli amici, ma me ne andrò», rassicurava lui. Trascorrevano i mesi e a chi gli chiedeva a che punto fossero i preparativi Consolo rispondeva che il suo esilio sarebbe stato soltanto «(progressivo», insomma molto ma molto graduale. Adesso il chiarimento definitivo. Ma allora perché uscirsene con una minaccia che ha tenuto in apprensione la cultura -'taliana e che ora rischia di apparire nient'altro che il sintomo di un'incontrollata smania di protagonismo? «Ho voluto usare parole forti contro il linguaggio della politica», risponde Consolo. Meglio così. Dacia MarainANTENATI. Sull'Unità si sottolinea con la dovuta enfasi la fine dell'ostracismo da parte di Israele ai danni dell'antisemita Richard Wagner, il cui preludio del Tristano e Isotta è stato eseguito nei giorni scorsi a Tel Aviv. Per la prima volta viene «riammessa dalla comunità artistica e culturale israeliana» la musica di «un artista geniale ma compromesso con il regime nazista», si legge sul quotidiano. Formulazione ambigua, che confonde 1'«errore» con 1'«errante», visto che difficilmente Wagner, morto molti anni prima dell'avvento di Hitler, avrebbe potuto personalmente «compromettersi» col regime delle camicie brune. TARTARUGHE NINJA. Da uno striscione antileghista intravisto durante un comizio milanese di Mario Segni: «Siamo i figli dei figli dei figli di Michelangelo e Raffaello». GATT A NOVE CODE. Grande regista e apprezzato direttore di Biennale, Gillo Pontecorvo non sembra tollerare tuttavia l'eventualità che qualcuno possa pensarla diversamente da lui. Irritato da un artìcolo di Enrico Ghezzi apparso sull'Unità e considealla stregua di un boicottaggio del cinema europeo, Gillo Pontecappe I rato I tagg vo spalleggiato da altri sei registi replica al creatore di Blob equiparando gli argomenti di quest'ultimo a una «caricatura» nell'ordine «paradossale», «mondana», «intimidatoria», «deformante», «materialista volgare», «gratuitamente ironica». Poi prende la parola Francesca Archibugi, che tra i due contendenti sceglie una posizione intermedia, e subito su Repubblica Pontecorvo tuona contro le «voci e vocine che per narcisismo preferiscono fare troppi distinguo». Oddio, che vocione. LASCIATE OGNI SPERANZA. Basta la soddisfazione di aver «venduto circa settantamila copie» del «mio Decamerone» per appagare il parossismo narcistico di Aldo Busi? No. Tant'è vero che in un'intervista al Manifesto il «traduttore» di Boccaccio confessa di reputarsi di gran lunga migliore dello stesso Dante Alighieri, «Tutto ciò che si fa leggere con passione è già in partenza di una qualità estetica maggiore di quel che per farsi leggere ti mette in condizione di dover studiare, spiega Busi. Il quale propone il seguente esempio: «Il mio Decamerone» è di «qualità estetica maggiore» della Divina Commedia, che «non è un'opera che si possa leggere» ma «la si può soltanto studiare». Chiaro? Chiarissimo. SENZA LODE. Dacia Maraini riceve le scuse del critico Franco Rella che l'aveva accusata di aver «inventato» una laurea del flaubertiano Charles Bovary. Nessuna invenzione, la laurea c'era davvero, replica la Marami sull'Unità. «Ammetto di non aver fatto alcuno studio sul sistema universitario francese del XIX secolo», ammette imbarazzato Rella. Nessuna scusa (postuma) ha sinora ricevuto Mario Missiroli, autore della battuta «non si può essere grandi poeti bulgari» che invece sul Corriere della Sera Giovanni Raboni erroneamente attribuisce a Eugenio Montale. CHE BARBA. Lucio Colletti, chiamato dall'Espresso a dirimere la controversia tra Massimo L. Salvadori e Sergio Romano, ecco come descrive la sua stupefazione di fronte all'inattesa una polemica: «Ero sulla seggiola del barbiere quando, sfogliando La Stampa, mi è caduto l'occhio sull'articolo di Salvadori e la breve replica di Romano». Pierluigi Battista staj Dacia Maraini Gillo Pontecorvo

Luoghi citati: Israele, Milano, Tel Aviv