Così il cinema imparò a mentire

il caso. I film di propaganda nacquero con la Grande Guerra. Lo rivela una mostra il caso. I film di propaganda nacquero con la Grande Guerra. Lo rivela una mostra Così il cinema imparò a mentire E i primi non furono i nazisti I BOLOGNA L cinema di propaganda ideologica non è nato sotto la dittatura fascista e nazista: durante la prima guerra mondiale i governi democratici del mondo occidentale avevano sperimentato la grande forza di persuasione della Settima Arte. Nel conflitto del 1914-18 vengono per la prima volta sperimentati i gas, i palloni aerostatici, le mitragliatrici, i sottomarini e le navi. Anche il cinema è usato come un'arma, per offrire una visione del conflitto distorta e retorica: si valorizza la guerra alla stregua di un esercizio ginnico o come affermazione del calore patriottico e nazionale ; si mitizzano le nuove tecnologie belliche, si mostrano le gesta eroiche dei soldati. Questa pagina del cinema di propaganda è riportata in luce da una bella mostra: «Cinema Ritrovato», curata da Gianluca Farinelli e Nicola Mazzanti, aperta a Bologna da ieri fino domenica. «Durante la guerra - spiega Farinelli - i governi si muovevano in maniera analoga: gli spettatori inglesi, tedeschi o italiani vedevano prodotti molto simili. Non sono tanti i film di finzione girati proprio negli anni del conflitto: il pubblico non amava troppo che uno spettacolo cinematografico glielo ricordasse, a meno che non si trattasse di una produzione seriale in cui la guerra veniva trasformata in un'avventura esotica». Come la serie di dieci episodi Pearl in arms (Perla in braccio), in cui appare l'audace diva Pearl White (Perla Bianca), che deve smascherare le trame tedesche per un colpo di Stato in territorio americano. «In questo senso le platee della prima guerra mondiale prosegue Farinelli - non sono diverse da quelle della seconda: i film di guerra durante la guerra non funzionano. Hanno, invece, grande diffusione cinegiornali e documentari, perché offrono al pubblico immagini del fronte dove può immaginare i propri familiari». Durante la Grande Guerra tutte le sale cinematografiche d'Europa mostravano, prima del lungometraggio, le più recenti immagini girate al fronte. Sono gli anni in cui il cinema si nutriva dei generi mitologici, melodrammatici o comici e si proiettavano nelle sale film come Intolerance o Nascita di una nazione di David W. Griffith. Le immagini del fronte sono molto controllate dai governi: si può girare solo con appositi permessi che non vengono concessi facilmente e il materiale viene visionato e selezionato dalla censura. Oggi è praticamente impossibile scoprire chi fossero gli autori di questi filmati, perché non si usava firmare le opere. Le macchine da presa si presentano come enormi scatoloni poco maneggevoli, le pellicole sono in grado di fotografare solo immagini pressoché statiche, però sono perfette per falsificare la realtà del fronte. Dai cinegiornali infatti sono bandite le immagini di trincee, morti ammazzati, feriti ed ogni sorta di disgrazie. Abbondano invece i reportages sulle celebrazioni di vittorie, sulle nuove tecnologie, sul ritorno dei feriti, sul coinvolgimento delle industrie in guerra. Mentre si tende ad occultare i morti, si documentano, con dovizia di particolari, le distruzioni architettoniche per affondare il coltello nella piaga dei danni procurati dal nemico. Nel sarcastico documentario francese L'oeuvre de la "Kultur" si mostra una serie di devastanti risultati della «Cultura» tedesca su un gran numero di chiese, senza mai mostrare le persone. Il documentario Villages in Flanders, scenes of hard fighting, now held by the British, distribuito in Olanda (allora neutrale), serve alla propaganda tedesca per rispondere all'accusa di distruggere il patrimonio artistico inglese, con la seguente tesi: sì, è vero, bombardiamo anche le cattedrali gotiche ma queste crollano perché sono vecchie e pericolanti! I governi tendono a dimostrare che le armi modernissi¬ me assicurano la vittoria e sono infallibili nello sconfiggere il nemico. Le dimostrazioni di potenza di cannoni, lanciafiamme, gas, sottomarini e di rudimentali scudi antiproiettili richiamano alla memoria le immagini del Grande dittatore di Charlie Chaplin. Frequentatissimo era l'uso di divi famosi per i cinegiornali: nel filmato americano del 1918 Banzai (parola che, più tardi, diventerà sinonimo di «cieca e brutale furia omicida»), compilato per perorare l'entrata in guerra degli Stati Uniti, compaiono Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks, Mary Pickford, Marie Dressler ac- canto al segretario di Stato Me Adoo e all'ammiraglio Sims. La battaglia dal Piave al mare, film agiografico commissionato dal ministero della Marina, documenta unicamente i trionfi italiani e si inaugura con l'immagine della «divina» Lyda Borelli vestita da «Italia». A questo proposito un solo filmato tedesco, Weltkrieg, svela le immagini della disfatta di Caporetto, mostrando l'esercito italiano in rotta: sono gli unici materiali esistenti perché gli italiani non hanno mai girato immagini del genere oppure sono andate distrutte. «Cinema Ritrovato» offre circa trenta ore di materiali sul cinema di propaganda della Grande Guerra, dedicando una sezione speciale ai filmati su mutilati e feriti. Si tratta di immagini che tendono a dimostrare che i feriti possono essere «riparati» e che i mutilati possono facilmente riacquistare l'arto mancante; anche chi ha perso una parte del volto può tornare a sorridere. Sono diversi i documentari in cui si mostrano i mutilati utilizzati per i lavori più diversi: possono essere ancora agricoltori, falegnami, fabbri, imparare ad aggiustare un motore o un proiettore, diventare dattilografi. Anzi, viene loro offerta un'occasione unica: entrati nell'esercito senza un'istruzione, alcuni ne usciranno con un mestiere ma privi di una gamba o di un braccio. In un filmato ritrovato nell'Istituto Ortopedico di Bologna vi è una sequenza sconcertante: mostra da una parte una serie di arti artificiali e dall'altra una fila di ex soldati mutilati che ricevono dagli infermieri un braccio destro, due gambe, un piede sinistro. Alla fine del filmato, i soldati «ricostruiti» si allontanano, apparentemente felici e contenti. Daniela Bisogni MaryPickford e Charlie Chaplin mobilitati dai cinegiornali per perorare Ventrata in guerra wmxmm A sinistra, Lyda Borelli in «Carnevalesca». La «divina» recitò per la Marina. Sopra: «La battaglia dell'Ysur».

Luoghi citati: Bologna, Caporetto, Europa, Italia, Olanda, Stati Uniti