L'ospedale S Luigi cena sponsor
jwùm La proposta del commissario per limitare il pas jivo di nove miliardi L'ospedale S. Luigi cena sponsor Consultata agenzia di pubblicità E' il primo progetto in Italia La sanità pubblica cerca uno sponsor. Come le trasmissioni di Mike, le squadre di pallacanestro e le auto di Formula 1, il San Luigi di Orbassano è a caccia di inserzionisti per far fronte alle crescenti spese di gestione e ai tagli di bilancio. Andare all'ospedale potrebbe essere un po' come ritrovarsi alla Festa dell'Unità, magari con uno stand della Fiat all'ingresso, gli slogan della pubblicità nei reparti, i video nelle sale d'attesa degli ambulatori, le scritte sulle buste delle analisi. Un'operazione nuova e difficile, mai proposta da nessun presidio in Italia e forse all'estero. Si possono intuire reazioni di sorpresa di medici, infermieri e malati. Non hanno da temere: lenzuola e camici bianchi continueranno a essere contrassegnati dal tradizionale marchio «Servizio sanitario nazionale, Usi 34». Ma si può fare? E' lecito bombardare di spot gente che soffre e che si aspetta solo cure e assistenza dal personale dell'ospedale dove viene ricoverata? Giuseppe Galanzino, il commissario straordinario del San Luigi, si è posto mille volte queste domande: «Me ne rendo conto: l'iniziativa comporta indubbiamenti un sacrificio "etico". Ma le risorse sono quelle che sono, medici e malati si lamentano, le richieste da soddisfare aumentano in modo inversamente proporzionale ai fondi che ci assegna la Regione». Così, fra tentennamenti e paure, alla fine il commissario s'è deciso: sarà un'agenzia di pubblicità a occuparsi della faccenda. «Non avevo alternative». Una cosa, aggiunge, è certa: le sponsorizzazioni saranno «mirate», il San Luigi non si trasformerà nell'Eurodisney della sanità italiana. Le sponsorizzazioni dovranno essere garbate e rispettare il dolore di pazienti e familiari. Galanzino pensa agli inserzionisti soprattutto per risolvere il problema delle ristrutturazioni interne («dovremmo spendere 3 miliardi l'anno per la manutenzione ordinaria, arriviamo a malapena a 500 milioni), ma anche per i servizi che mancano («chi ha figli dovrebbe poter trovare un angolo per farli giocare, come all'Ikea»), per la ricerca universitaria («i clinici ne hanno un disperato bisogno»), per le apparecchiature («possibile che non si riesca ad acquistare un'autoclave da 10 milioni?»), per interventi che rendano l'ambiente più piacevole («porte scorrevoli, fiori, piante, divanetti»). Un sogno? Forse. Ma che nasce da una situazione drammatica e reale. I numeri riassumono la crisi di questo grande ospedale, costretto a misurarsi quotidianamente con i guasti che affliggono gran parte delle strutture pubbliche. I dipendenti sono 1500, i posti letto 400. Ogni giorno di degenza costa all'ente 600 mila lire. Il volume delle prestazioni è imponente. Si fanno mezzo milione di analisi l'anno, visite specialistiche mattino e pomeriggio, ambulatorio e pronto soccorso. Le ristrettezze non consentono di pagare il tanto lavoro di giovani laureati e specializzati: prestano la loro attività gratuitamente e non hanno neppure diritto alla mensa. Per questo complesso di attività, l'Usi da cui l'ospedale dipende ha ricevuto quest'anno 140 miliardi dalla Regione: «Dodici in meno rispetto allo scorso anno». L'effetto Tangentopoli s'è fatto sentire anche qui, dove un tempo comandavano uomini di un sottobosco politico travolto e cancellato dagli scandali. La direzione ha individuato sprechi e ruberie. I risultati della bonifica cominciano a vedersi: ieri è stato aggiudicato il nuovo appalto per le pulizie, che consentirà un risparmio netto di 300 milioni l'anno (nel 1992 si era speso un miliardo). Anche ai fornitori di frutta e verdura sono stati imposti ribassi sul prezzo della merce. Ma non basta: «Secondo i nostri conti, e nonostante tutti gli sforzi, l'unità sanitaria locale chiuderà con un passivo di 9 miliardi», commenta Galanzino. E poi: «Siamo riusciti a risparmiarne 3 sul '92, di più non è stato possibile fare». Così, con un colpo di fanta¬ sia, è nata l'idea dello sponsor. Adesso, si aspetta che l'agenzia sondi gli umori del mercato e che si faccia avanti qualche privato che crede in questa forma di pubblicità. Dice il commissario: «Comunque vada, occorre fare uno sforzo per uscire dalla logica perversa secondo cui gli ospedali pubblici possono continuare a fornire servizi scadenti a prezzi incontrollati, tanto c'è mamma-Regione che poi ripiana i debiti». Ma uno spot può davvero contribuire a migliorare il servizio e a risanare le casse? «Io dico di sì». Scommettiamo? Gianni Armand-Pilon Il dottor Galanzino «Non paghi sempre la mamma-Regione» PRENOTAZIONI PER I SEGUENTI AMBULATORI CON IMPEGNATIVA MUTUALISTICA TEMPI 01 ATTESA OCULISTICA QTORiHOij jwùm Giuseppe Galanzino commissario al S. Luigi e il tabellone al Mauriziano con le attese per le prenotazioni
Persone citate: Galanzino, Gianni Armand-pilon, Giuseppe Galanzino
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