Rai la scure su Saxa Rubra di Francesco Grignetti

Bloccate in extremis le lettere di esonero per tre giornalisti e 13 tecnici. Ma i «casi» sono 160 Bloccate in extremis le lettere di esonero per tre giornalisti e 13 tecnici. Ma i «casi» sono 160 Rai, la scure su Saxa Rubra «Note spese gonfiate: licenzieremo» ROMA. Terremoto alla Rai, redazione del Tgl. Una raffica di licenziamenti - gli inviati Donato Bendicenti, Massimo De Angelis e Paolo Di Giannantonio più tredici cameramen - si stava per abbattere sul settore Esteri, per via delle note spese gonfiate. Ma è un giro di vite senza precedenti quello che si sta preparando alla Rai, appoggiato a esplosivi rapporti della Finanza ed esteso a tutte le testate. Sarebbero centosessanta i licenziamenti in vista. E nel «repulisti» dei professori verrebbero coinvolte grandi firme del giornalismo televisivo. Molti volti illustri. Anche sul conto di Maria Giovanna Maglie, corrispondente dagli Usa per il Tg2, che è uscita indenne da un procedimento disciplinare, starebbe per piombare un ennesimo processo interno. Le lettere di licenziamento, per ora, sono state bloccate. Ma l'azienda fa sapere che presto si prenderanno «gravi decisioni». Il fatto è che questa volta i professori hanno deciso di procedere con la scure. I licenziamenti, il direttore generale Gianni Locatelli e il responsabile del personale Pier Luigi Celli, li hanno annunciati mercoledì scorso all'ultimo consiglio di amministrazione. «Procederemo senza tenerezze». Ma ieri, sul loro capo, è piovuta una reazione forse inaspettata. E così l'insurrezione dei giornalisti e dei tecnici, appoggiati dai sindacati, più le suppliche del direttore Demetrio Volcic, hanno fatto rientrare, per il momento, ogni decisione. Ma la questione dei rimborsi sta innescando un vero psicodramma dentro la Rai. «La voce dei licenziamenti si è sparsa giovedì», raccontano i sindacalisti del Tgl. Ovvio. La sera prima il consiglio di amministrazione aveva ascoltato in silenzio la relazione di Celli: «Ci sono casi di falsi clamorosi. Non tanto qualche fattura maggiorata. No, ci sono ricevute di alberghi inesistenti. Si può ravvisare la "giusta causa" per un licenziamento in tronco». Raccontano che nessuno abbia detto niente, alle parole di Celli. Tutti d'accordo. Tutti sanno, peraltro, che ci sono episodi clamorosi. Quando hanno cominciato a spulciare tutte le pratiche di rimborso, si sono fatte scoperte grottesche: che dire, ad esempio, di quella preghiera buddista, scritta su pergamena e in caratteri thai, che era stata spacciata per una ricevuta fiscale? Oppure di quell'intero treno, noleggiato con tanto di macchinista? Soltanto un sindaco revisore, Franco Franchi, ha chiesto i perché e i percome della decisione. E ha ricordato il precedente di Enrico Massidda, che si è rivelato un clamoroso autogol per l'azienda. Ma Celli a questo punto ha sfoderato l'arma finale: «Attenzione, su Massidda noi abbiamo vinto. E' vero che il pretore ci aveva ordinato la riassunzione di quel giornalista. Abbiamo fatto ricorso, però. E nei giorni scorsi, il tribunale ci ha dato ragione. Massidda è fuori». Le lettere di licenziamento erano pronte, insomma. Ma dopo che si è sparsa la voce, nei corridoi di Saxa Rubra si è iniziato un duro braccio di ferro. Volcic ha incontrato Locatelli senza ottenere granché. E ieri ha rilasciato poche parole laconiche: «Mi attengo alle dichiarazioni dell'azienda». Il segretario del sindacato Giorgio Santerini, ha incontrato il procuratore della Repubbli- ca Vittorio Mele per disinnescare quello che sembrava un siluro partito da viale Mazzini. «Abbiamo sottolineato - comunica la Fnsi - al procuratore gli aspetti del disagio e del pericolo per tutti i giornalisti impegnati in un lavoro ad altissimo rischio». Alla fine, quando tutto è sembrato perduto, è scattato l'Usigrai. Il sindacato dei telegiornalisti ha incontrato Celli minacciando scioperi a raffica. E devono essere stati convincenti. Tanto che ieri, qualche ora prima dell'assemblea al Tgl, la direzione del personale ha comunicato che «tutto era rientrato». A ruota, l'azienda ha diffuso un comunicato: «Allo stato attuale, non è stato applicato alcun atto risolutivo del rapporto di lavoro in seguito all'inchiesta, tuttora in corso, sulle trasferte in Somalia». L'assemblea del Tgl ha così preso atto che per il momento non ci saranno licenziamenti. Ma è chiaro che non è finita qui. Quel riferimento dell'azienda allo «stato attuale», ai più, sembra minaccioso. E anche nelle altre redazioni, ora, c'è grande preoccupazione. «Per ora - sostiene Maurizio Marinoni, del Tg3 - girano soltanto voci. Se venissero confermate, si tratterebbe di un fatto preoccupante di cui dovremmo discutere». Francesco Grignetti m Il presidente della Rai Claudio Demattè e il direttore Gianni Locatelli (a sin.)

Luoghi citati: Roma, Somalia, Usa