Con la miscela sesso-politica il Palano eafra nel boudoir

Con la miscela sesso-politica il Palano eafra nel boudoir Con la miscela sesso-politica il Palano eafra nel boudoir FRA VOTI E ALCOVE VROMA OLUTTUOSI d'ogni età e sesso, è a voi soli che offro quest'opera: nutritevi dei suoi princìpi, essi favoriscono le vostre passioni...» Certo che è strana, sempre più strana, la politica. Chi l'avrebbe mai detto che si sarebbe dovuto prendere in mano, nello stesso giorno, La filosofia nel boudoir del marchese De Sade, quella sua incoraggiante, solenne dedica «ai libertini» e il penultimo dispaccio d'agenzia dell'onorevole segretario della de, intitolato, appunto: «Elezioni: Martinazzoli, siamo alla democrazia del budoir» {pardon, più correttamente boudoir, ma tant'è). Possibile che proprio Martinazzoli, l'uomo del malinconico «mi-scusi-ma-è-semanticamente-inesatto», del sommesso, testimoniale «mi-consenta-di sorridere», insomma proprio lui, nemico degli slogan, delle banalità, delle forzature volgari, delle deformazioni ad effetto, possibile, insomma, che al momento di scambiare quattro battute con i giornalisti in un luogo sinistramente chiamato «Tecnocittà», il segretario neo-popolare non abbia capito di star alimentando anche lui - sia pure per deprecarla - l'ultima sgangherata ossessione della vita pubblica nazionale? Possibile. Infatti Martinazzoli ha donato ai taccuini questa (temibile) riflessione: «Sembra che in queste elezioni conti di più il colore delle mutande che l'intelligenza delle persone». Quindi, come già a suo tempo era capitato allo spirito raffinato di Bossi, s'è soffermato sulla Mussolini, «che a Napoli si raccomanda per i suoi connotati più evidenti». Più ruspante ed esplicito, ma con lo stesso intento denigratorio, nel settembre del 1992 il leader lombardista s'era infatti concentrato sulle «tette» di Alessandra (ricevendone in cambio, peraltro, una secca messa a punto sulla mancanza di testicoli, cui seguì - splendore dei ricordi superflui - una contro-contro replica bossiana del tipo «provami, biondina»). Bene, comunque ieri l'altro Martinazzoli ha fatto seguire la sua notazione da una specie di sospiroso rilievo sul presente: «Ormai siamo alla democrazia del boudoir». Ormai? Non sfugga, piuttosto, né vada sprecata la citazione colta e in lingua originale. Poteva dire siamo democrazia del casino, è un bordello, una politica fatta a czz, tutto che se ne va apttn. Il senso comunque pare quello. E invece no. Con maggiore scrupolo filologico, il segretario della de ha pensato di richiamarsi a questo luogo impenetrabile della solitudine libertina, il boudoir, un po'salottino, un po' spogliatoio, un ambiente che nell'immaginazione storica (anche corrotta da pessime pellicole) può esser situato fra gli ultimi giorni di Pompei e certi brividi dannunziani, ma celebra il suo trionfo nel Settecento francese. E all'interno di questo secolo nell'opera sadiana conosciuta anche come I precettori immorali, trattandosi dell'educazione teorica e pratica impartita alla fanciulla Eugénie da parte di un maestro di lussuria e di crimine come Dolmancé, e altri (e altre) sciagurate creature. Che il marchese fa muovere, in modo piuttosto teatrale, nel boudoir ap¬ punto, stanza posta simbolicamente a mezza strada fra il salotto (luogo deputato alla conversazione) e la camera da letto (locale che qui pare destinato, più che al riposo, ai piaceri del sesso). Ma anche senza dar troppa importanza a un paio di battute uscite fuori fra le brume tiburtine di «Tecnocittà», il punto è che se «ormai siamo alla democrazia del boudoir», se davvero «in queste elezioni conta di più il colore delle mutande - efr, a questo proposito, la commedia chiamata appunto Le mutande [Die Hose, in tedesco) dell'espressionista Cari Sternheim che l'intelligenza delle persone», ecco, lo si deve anche, se non soprattutto, a una classe politica che non sa resistere a certe tentazioni, a certi richiami volga- rucci che fanno titolo. E allora pure stavolta, come accadde del resto con Rino Formica che dopo circa sette anni di silenziosissimo disprezzo fulminò l'assemblea nazionale del psi come composta di «nani e ballerine» e si sentì chiedere chi fossero, ecco, verrebbe quasi voglia di abbandonare il piano culturale caro al segretario-letterato - De Sade, le sue sovraccaricate significazioni ideologiche, Sternheim, le mutande e via con altre irreali amenità - e di chiedere a Martinazzoli che cosa sa sul serio dei vestiboli eroticoelettorali della Repubblica, chi, quali, dove, perché. E se non sia il caso, invece, di rispettare gli altri candidati, anzi nel caso le altre candidate, evidenti o meno che siano i loro connotati. Nel gran botto di fine regime, d'altra parte, la miscela arroventata sesso-politica pare già bastevole a creare smarrimento e persino una torva aspettativa lievemente ansiogena, da cortocircuito. E i giornali, certo, avranno le loro responsabilità, però va pure detto che quando non è la storia di «Mata Hari», è la storia della «Zarina» (che mai sarebbe arrivata, se non come amante-segretaria, al vertice del Sisde). Quando non è Bossi-Priapo che vortica il pugno eretto, è Sandra Milo che introduce in Italia il genere letterario delle confessioni d'alcova a sfondo politico, sia pure alla memoria. Quando non sono deputati e senatori che si fanno fotografare nudi, sono pornostar che visitano Montecitorio o partecipano ormai a frotte alle elezioni. Oppure sono gloriosi parlamentari della sinistra che gli è presa la fissa di presentare versi erotici; sono giovani esponenti democristiane che si dichiarano vergini, e meno giovani che gli rinfacciano quella scelta; sono dirigenti di Rifondazione comunista che lasciano le mogli attirandosi le paternali di fedelissimi; sono ex ministri andreottiani le cui mogli tradite raccontano che «l'altra», intercettata al telefono, diceva a lui «Stringi i denti, amore». Insomma, se davvero c'è, il boudoir di cui parla Martinazzoli è già parecchio e variamente affollato, mentre per quel che riguarda le mutande non resta che segnalare che la singolare commistione è miziata con i boxer con i garofanini - ormai reperti archeologici di un mondo che non c'è più - venduti ai congressi del psi dalla benemerita associazione «Buongiorno Primavera», e proseguita con la neo-mutanda leghista che reca la scritta «La Lega ce l'ha duro» e quella per lei che si affida a un ragionevolissimo «Speriamo che duri». Eh, come ce l'ha la Lega... In effetti a Martinazzoli, manzoniano nemico delle iperboli, ma non dei paradossi, la cosa non tornava. «Com'è possibile - s'era come chiesto tra sé e sé, alla fine di ottobre, a Bergamo - che un soggetto femminile ce l'abbia duro? Questo continuare a far battute sul sesso mi fa pensare aveva concluso, l'incauto - che più che la testa sulle spalle i leghisti ce l'abbiano sulle palle». Poi però s'era vergognato profondamente, e aveva «ritirato tutto». Filippo Cecca re! li Dalle «tette» della Mussolini al «celoduro» di Bossi Pornostar a Montecitorio Mogli tradite e «vergini» doc Alessandra Mussolini nel mirino di Mino Martinazzoli (a destra) Rosy Bindi, la «pasionaria» del nuovo partito popolare Sandra Milo (sopra). A lato, una stampa del 700

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Napoli, Pompei