Fini-Rutelli ultimo giorno all'americana di Maria Grazia Bruzzone

Kermesse al Paleur per il leader missino, i fans del verde riempiono il centro di Roma Kermesse al Paleur per il leader missino, i fans del verde riempiono il centro di Roma Fini-Rutelli, ultimo giorno all'americana Caruso va in un quartiere operaio ROMA. Scambio di ruoli a sorpresa nel gran finale elettorale romano. Con Martinazzoli e il prefetto Caruso trascinati da «Romano il rosso», soprannome del ginecologo capo della de cittadina Romano Forleo, fino al 12° chilometro della via Tiburtina, proprio davanti alla storica fabbrica romana Nuovo Pignone. Al grido di «Roma operaia con la de». Per una de operaista, ecco un Fini «democristiano» che abbandona la nera piazza del Popolo per il Palaeur. E a piazza del Popolo ci va Rutelli, «l'americano». Rutelli a via Condotti, Rutelli a piazza di Spagna, Rutelli che distribuisce sorrisi, che entra nei negozi, che stringe le mani ai passanti infreddoliti, che firma autografi alle «pischelle» che lo avvicinano, che mangia una pasta da' Babington, la sala da tè più chic della capitale. Sotto la pioggia, attorniato dai fans e dagli amici del comitato, tutti col bottone sul bavero. E via sul metrò, verso la periferia, altra tappa dell'ultimo tour elettorale. Rutelli il «nuovista». Alle quattro in punto è sul sagrato di Santa Maria del Popolo, pronto per la partenza. Sempre affabile, sempre perfetto, sempre in posa, quasi, per i flash dei fotografi, per le telecamere e per chi lo guarda. Con il giaccone giusto, i riccioli giusti, i gesti giusti, le mani in tasca mentre cammina, il passo dinoccolato, il piede di traverso mentre sta in piedi. Ma piace anche per quello. «Lo voto perché mi piace la sua faccia» dice la negoziante affacciata alla jeanseria accanto al cinema Metropolitan, una di quelle la cui proliferazione il futuro sindaco promette di contenere. Asserisce il funzionario di banca in Burberry che passa di lì per caso, ripete il vecchio commesso in camice cachi che ha fatto una scappata dal suo negozio. Una faccia come? Che promette che cosa? Nessuno pare saperlo. Neppure quelli che il candidato verde-pidiessino-pattista non ha convinto. Come le signore impellicciate che escono da Fendi, come uno dei «Polidori», il negozio di vestiti da uomo dal quale pure Rutelli è entrato col codazzo di fotografi a lasciare il suo programma. E che all'uscita poco convinti ripetono che «il voto è segreto». «Meijo comunque de quelle che c'avemo avuto fino a ora», spiega la venditrice di schedine infuriata col mondo e con la pioggia che le ha impedito di aprire il banchetto. La faccia. L'immagine. Che importa allora il programma, l'anello ferroviario da aprire, la macchina amministrativa da rivoluzionare, Regina Coeli da cancellare, l'inquinamento da vincere, e tutto il resto? Che importa lo spiegamento di nomi «seri e onesti» che Rutelli distribuisce in giro, pieno di «saggi» come il candidato capo di gabinetto Pietro Barrerà, di cattolici come il presidente del volontariato Amedeo Piva, professori come Marcello Messori, imprenditori come Aldo Palmieri, amministratore delegato del gruppo Benetton, di donne come Mariella Gramaglia, di personaggi dello spettacolo persino, come Maurizio Costanzo, promosso consigliere speciale per la Rinascita culturale delle periferie, con la collaborazione di Serena Dandini e Gigi Proietti. Uno schiaffo al rivale Nicolini. Ma forse «la faccia» è proprio questo, è una promessa, una delega in bianco al «nuovo», nella civiltà dell'immagine. Lo ha capito anche Fini approdato alle sette e mezzo dall'ingorgo della Cristoforo Colombo in un Palaeur brulicante e festante. Musi¬ che e cabaret nell'attesa, con Giorgio Onorato, l'«Orazio Pennacchioni son tifo e della Roma e me ne vanto», quelli di «Saluti e baci», stornelli romani, poesie di Trilussa e Belli nella migliore tradizione romanesca, e inni alla Roma, il cui striscione giallorosso sovrasta il gigantesco tricolore sul palco. A dispetto del rivale che si sa essere laziale, anche se come candidato sorvola sul suo tifo antico. La folla va in delirio quando la faccia del candidato Fini si staglia sui due megaschermi, e il leader fa il suo ingresso raccontato «minuto per minuto» dal radiocronista sportivo Enrico Ameri. Entra con la figlia Giuliana, biondina di otto anni, e la moglie Daniela che si va a sedere accanto a donna Assunta Almirante. Nel segno della continuità. Ma tra il pubblico che deborda dalle gradinate (ai 15 mila posti si sono dovute aggiungere 3 mila sedie) non ci sono camicie nere né simboli naziskin e neppure i guanti bianche delle «mani pulite», simbolo vincente nell'oceanica manifestazione romana di un anno fa. «Casalbertone vota Fini» si legge in un cartello portato da un quartiere popolare. «Colle Oppio», noto rione fascista, ma anche «Montesacro», «Acsa Casalpalocco», «Comitato ambulanti», «Forze Armate» ma anche «Fuan» e «Fronte della gioventù» tra i tricolori. Tripudio del pubblico, palloncini colorati. Anche il nuovo tradizionalista Fini gioca con l'America. Forse è quello il vero centro. Maria Grazia Bruzzone Il candidato verde Francesco Rutelli favorito nella corsa elettorale per il Campidoglio

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