«lo il psi e i soldi dello P2» di Augusto Minzolini

POLITICA «lo, il psi e i soldi dello P2» acchitto: «Ho pagato, altri invece no» POLITICA E MASSONERIA ROMA ON ne parliamo. Sono stato davvero un idiota. E' stata una grande stupidaggine. Ho pensato di iscrivermi a quella loggia come ci si iscrive al Rotary, ai Lions. Così quando è scoppiato lo scandalo P2 non mi restava che il suicidio...». Seduto su una poltrona di Montecitorio, Fabrizio Cicchitto parla del dramma della sua vita, quell'iscrizione alla loggia P2 che più di dieci anni fa costrinse lui, astro nascente socialista, ad un lungo esilio dalla politica. Forse adesso che il giudice Cordova parla dei 1600 affiliati della P2 rimasti sconosciuti, vale la pena di parlare proprio con Cicchitto di quella vicenda, non fosse altro per il fatto che lui è stato uno dei pochi che ha pagato. Ricorda il personaggio: «Quando gli elenchi uscirono dissi subito tutto. Ero convinto che la cosa migliore fosse quella di togliersi subito di dosso quel peso, per poter ricominciare. Così sono rimasto fuori per tanti anni e sono rientrato in Parlamento nell'ultima legislatura, giusto il tempo per vedere la fine di tutto. Quando si parla della sfortuna...». Un attimo di pausa, quello necessario per mettere Cicchitto al corrente delle ultime ipotesi formulate da Cordova sull'esistenza di altri elenchi della P2 rimasti segreti. Quando il personaggio riprende il filo del discorso l'espressione del suo viso è cambiata: è comparso un sorriso amaro. «Certo - dice - io ho ammesso subito, ho pagato, ma se penso a quello che è venuto fuori in questi mesi... Ho capito, ad esempio, che Bettino Craxi e Claudio Martelli c'erano dentro fino al collo con Gelli e Ortolani. Ad esempio, la storia dei 30 milioni di dollari, del conto Protezione, mica è uno scherzo. C'è da credere davvero che in quegli anni, con tutti quei soldi, si siano comprati il psi». Già, il partito socialista, quello della fine degli Anni Settanta, quello delle grandi lotte interne che accompagnarono l'avvento di Bettino Craxi. Cicchitto all'epoca era con Riccardo Lombardi contro Craxi e ora che il «craxismo» è finito in soffitta gli tornano alla mente quelle vecchie storie: «Io - racconta - ho sempre in testa quel comitato centra- le del '79, quello che avremmo potuto vincere per tre voti. Signorile, invece, non volle provarci e non se ne fece niente. In questi anni gli ho chiesto spesso il perché, gli ho chiesto se era ricattato, ma lui mi ha sempre detto che fu solo uno sbaglio, che aveva un altro piano in testa. C'è da credergli, perché nei mesi successivi se Craxi avesse avuto in mano qualche dossier contro di lui lo avrebbe usato». «In quegli anni dentro il psi ci furono delle lotte davvero pesanti. Fecero scoppiare il caso Eni-Petromin. Lo stesso Nenni, che si era accorto che Craxi voleva strafare, gli scrisse una lettera per chiedergli di dimettersi. Certo questo episodio gli altri lo smentiranno sempre, ma è la verità, Pietro Nenni quella lettera la scrisse davvero. A me lo confidò in quei giorni un suo vecchio amico, Dino Gentili. Ne misi al corrente anche Riccardo Lombardi che mi consigliò di andare a sondare lo stesso Nenni, magari con la scusa degli auguri di Natale. Io feci passare il 25 dicembre, ma quando telefonai per avere un appuntamento, la figlia mi disse che stava morendo...». Storie passate, racconti della fine degli Anni 70 che hanno condizionato però tutto il decennio successivo. «Quando si parla dei soldi e della politica... Eh, altroché - sospira Cicchitto - se non contano i soldi in politica. Ad esempio, se io, Signorile e De Michelis fossimo rimasti insieme, sa¬ remmo riusciti a contrastare Craxi. Insieme funzionavamo, purtroppo andò in maniera diversa e per me alla rottura contribuì anche un problema finanziario. In quei tempi De Michelis era fortemente indebitato per via dell'avventura finita male dei Diari con Parretti. Si parlava di 500 milioni di lire che allora non erano uno scherzo. Signorile, tirchio, non si mosse per aiutarlo. E De Michelis ci rimase male anche perché in quei mesi giravano le storie dei finanziamenti a Signorile per l'Eni-Petromin. Così quando Craxi e Martelli bussarono alla sua porta ci misero poco a convincerlo a passare con loro». Soldi, politica e sullo sfondo la P2. Lui, Cicchitto, però, giura di aver vissuto solo la parte folkloristica della loggia di Licio Gelli. «A me - ripete -, ve lo posso garantire, non hanno chiesto niente. Non parliamo poi della segretezza: ma se c'era addirittura la tessera, che io non ho preso, sai che riservatezza! Senza contare che tutti sapevano che Gelli all'Excelsior riceveva mezzo mondo. Quella era una struttura piramidale e al punto più basso c'erano solo gli stronzi. A quel livello giusto qualche militare poteva essere favorito nella carriera, visto che ce n'erano tanti. Poi certo al vertice c'era Gelli, Ortolani e sai chi altri, quelli non so che facevano...». Cicchitto parla e il tono della sua voce ogni tanto tradisce del risentimento. Come quando parla di Maurizio Costanzo: «Questa - dice - è una cosa che non mi andrà mai giù. Io non ero niente, ma lui la dentro qualcosa contava. All'epoca aveva una certa influenza nel Corriere. Gli diedero anche in mano un giornale. Eppure a lui bastò dichiarare che si era comportato da stupido per salvarsi. Per me, invece, che davvero mi ero comportato da stupido, non ci fu scampo. Probabilmente contribuì anche il fatto che quello scandalo mi colse impreparato, io credevo che la P2 fosse poco più di uno scherzo. Rimasi pietrificato. Vede, un generale che progetta un golpe sa che gli può andare bene come gli può andare male, sa regolarsi. Ma uno che si ritrova in mezzo ad una cosa del genere senza saperlo al massimo può suicidarsi». Augusto Minzolini «Ho capito che Craxi c Martelli c'erano dentro fino al collo con Licio Gelli e Ortolani» Sopra, il senatore psi Fabrizio Cicchitto. A lato, l'ex Venerabile della loggia P2 Licio Gelli

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