«Sì, ho fatto condannare tre innocenti»
«Sì, ho fatto condannare tre innocenti» Il supertestimone del processo: nel 1946 mi torturarono per farmi dire il falso sui partigiani «Sì, ho fatto condannare tre innocenti» La verità sull'omicidio di don Pessina è arrivata 47 anni dopo NEL TRIANGOLO DELLA MORTE PERCHE' per l'omicidio di don Pessina condannarono tre innocenti? Perché il mandante di quel colpo di pistola del 18 giugno 1946 è stato considerato per mezzo secolo Germano Nicolini, il partigiano «Diavolo», il sindaco di Correggio? Perché nessuno ha mai cercato il vero colpevole, William Gaiti, figlio di un martire della Resistenza, stanato solo due anni fa dal rimorso (e dalla denuncia di suo figlio)? Perché allora, nell'alba livida di sangue della Repubblica, il giovane Stato aveva urgenza di verità. Per trovare l'assassino del sacerdote si erano mossi, dicono, anche Palazzo Chigi e il Vaticano. Gliene fabbricarono uno in fretta e furia. Ora Nicolini accusa il vescovo di un tempo: «Fu lui a tirare in ballo me, a sussurrare al capitano dei carabinieri: è stato il sindaco, a dare l'ordine di sparare». T ""vaio il colpevole, c'era bisogno di un testimone. Eccolo, Antenore Valla. Il giovane che mezzo secolo fa firmava il verbale che condannava «Diavolo», il vecchio che ieri piangeva nell'aula del tribunale. «Ho dichiarato il falso. Ma non avevo scelta. Mi hanno picchiato, torturato. Quella finta verità me l'hanno cavata fuori». L'ultima parola sull'assassi- nio di don Umberto Pessina è toccata a lui, il testimone. L'ultima goccia di veleno su quel delitto nel casolare, tra i fumi dell'estate padana, nel cuore dell'Emilia rossa. La terra di Pappone e don Camillo, della «vigilanza antifascista», del triangolo della morte. E' stato Otello Montanari, l'ex parlamentare del pei, il «traditore», a riaprire le ferite, due anni fa. «Chi sa, parli». Troppi delitti irrisolti, troppi innocenti in carcere. «E' tempo di dire la verità. Se non parlerà nessuno, lo farò io». Quella denuncia scatenò la rissa politica tra i socialisti e gli eredi del pei, e la polemica nelle osterie di paese. Nel Reggiano nessuno era mai parso convinto della sentenza che aveva chiuso il caso Pessina. Condannato «Diavolo», e con lui Antonio Prodi e Elio Ferretti. Ora la voce, mai soffocata, corsa attraverso i sonnacchiosi anni di provincia, si riaccendeva: «Nicolini è innocente, è stato William Gaiti a ammazzare il prete. E il partito lo salvò dal carcere». La voce diventa una scritta sul muro di casa Gaiti. Il figlio, Dario come il nonno, fucilato dai nazifascisti nel '44, si allarma. Ne parla con il figlio di Nicolini, che è suo amico. Chiede spiegazioni al padre. Poi va dal giudice. William Gaiti confessa: «Nicolini è innocente. Sono stato io a sparare, con me c'erano Righi e Catellani». Fu una spedizione per uccidere? O un incidente? E perché fu accusato e condannato un innocente, che pagò con dieci anni di carcere una colpa mai commessa? Lo deve stabilire in questi giorni il processo di Perugia. E ieri davanti ai giudici Antenore Valla, il testimone dell'altro processo di tanti anni fa, ha dissipato le ultime nebbie. «Vennero tre carabinieri a prendermi ricorda tra le lacrime questo signore piccolo e fragile di 81 anni -. Mi portarono a Bologna, in i una cella fredda, senza finestre. Poi in un garage. Mi misero un cerchio di ferro alla testa e cominciarono a stringere, sempre più forte. Quando mi portarono quei verbali, già scritti, pensai solo a firmarli». In «quei verbali» c'erano i nomi dei colpevoli che bisognava trovare. Quei nomi che oggi, dopo 47 anni, sappiamo innocenti. Già nel processo del '49 Valla raccontò di avere subito «pressioni» per parlare, ma la Corte d'assise non gli credette. Eppure c'era una prova: il testimone aveva dichiarato di aver saputo del delitto da Prodi, la notte stessa. Ma il 18 giugno Valla era in un carcere francese: «C'è una perizia con le mie impronte digitali che lo prova». Troppo tardi, per Nicolini. C'era anche lui ieri, al processo. Commentava amaro: «Ce ne avete messo di tempo a scoprire che contro di me c'era solo una macchinazione». AldoCazzullo Governo e Vaticano premevano per trovare l'assassino Giudici e carabinieri ne fabbricarono uno Per il caso di don Umberto Pessina (a lato) si mosse anche Alcide De Gasperi (sopra). A destra, Palmiro Togliatti
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