dc tra rischio di sconfitta e spaccatura di Alberto Rapisarda

Stretto tra msi e pds, il segretario attacca: a Roma devo vedermela anche con i vigliacchi Stretto tra msi e pds, il segretario attacca: a Roma devo vedermela anche con i vigliacchi P< tra rischio di sconfitta e spaccatura Martinazzoli: con la Mussolini siamo alla politica degli slip ROMA. «Alessandra Mussolini? Si raccomanda per i suoi connotati più evidenti. Siamo alla democrazia del boudoir. Sembra in alcuni casi che conti più il colore della mutande che l'intelligenza delle persone». E' scoraggiato l'on. Mino Martinazzoli per le grigie previsioni elettorali, costretto a combattere contro l'attacco a tenaglia di pds e msi che gli vogliono portar via voti da sinistra e da destra, oltre che a guardarsi dai nemici interni. Il segretario democristiano ha sospeso dal partito Publio Fiori (che vuole una de che guardi a destra e perciò non voterà Caruso) e ora lo rampogna nel comizio di chiusura nella Capitale. «A Roma la situazione è complicata dalla viltà degli uomini. Ma le infedeltà di Fiori non trovano incoraggiamenti», si consola il segretario di una de nella tempesta. Per gli altri queste elezioni sono un problema di vittoria o di sconfitta. Ma per la de di Mino Martinazzoli, le elezioni di domenica sono un incubo. Perché al risultato delle urne è legata la soluzione di un dilemma al momento insolubile: è possibile rinnovare di sana pianta il partito (come chiede il Vaticano) per farne la nuova formazione «pulita» dei cattolici o bisogna invece fare del nascituro Partito popolare italiano una formazione di centrodestra? Il cuore e la mente di Martinazzoli puntano al primo obiettivo, gli elettori tradizionali dello scudo-crociato sembrano, invece, preferire il secondo. E in questa inconciliabilità, che potrebbe emergere domenica, si nasconde il dramma della temuta scissione dello scudo-cro¬ ciato. Che tutti oggi esorcizzano ben sapendo che il pericolo è incombente. «E' vero - ammette Roberto Formigoni - una parte dell'elettorato tradizionale della de, per protesta e per ribellione, va verso destra. La destra tradizionale del msi o la nuova destra della Lega». Lui sta con Martinazzoli ed è convinto che la scommessa del rinnovamento della de è una corsa contro il tempo: se si fa in fretta c'è la speranza che i transfughi ci ripensino. «Sì - conferma la presidente del partito, Rosa Russo Jervolino - dopo le elezioni andremo avanti accelerando con forza l'attuazione dell'assemblea di luglio e la creazione del Partito popolare italiano». Nel frattempo, Martinazzoli deve cercare di sopravvivere a quanti cercheranno di farlo dimettere. «Qualcuno lavora con¬ tro la de e i suoi candidati pensando di mettere in difficoltà la segreteria, senza rendersi conto che qui si rischia di affondare tutti» avvisa Formigoni. Ma Fiori, la parte emersa di questo «partito» anti-Martinazzoli, sfida: «Dopo la lezione politica che prenderà domenica, Martinazzoli deve preparare le valigie». Lui, il segretario, ha una sola strada per reggere a chi lo strattona a sinistra per un patto col pds e chi lo tira a destra, per non perdere i voti verso Fini. Ha deciso di scommettere l'unità della de cercando «l'unità al centro». «Non farò quello che dice Occhetto, che mi invita a rompere la de. Anzi, lo invito a misurare le parole». Realizzare a livello nazionale una alleanza con pds e i progressisti come ha fatto la de Tina Anselmi a Trieste? «Non si può dire che a Ro¬ ma dovevamo fare come a Trieste. La de è dei democristiani e non dell'Anselmi. In questo partito non ci sono padroni» dice Martinazzoli alla parte più irrequieta della sinistra de. Che da alcuni è sospettata di aver già discusso con Occhetto l'ipotesi di una divisione della de: «Non c'è mai stato alcun colloquio tra Occhetto e me in cui si sia parlato o sia mai stata adombrata anche da parte del segretario del pds, l'ipotesi di una spaccatura della de» garantisce Sergio Mattarella. Ma dal pds insiste il numero due, D'Alema: «La nuova de è chiamata ad una scelta che, probabilmente, divide. E' sbagliata e velleitaria la scelta di tenere unito il partito. Proprio lì sta la debolezza del disegno di Martinazzoli». Alberto Rapisarda

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