«Vuol essere dimenticata» di Luigi Ciotti
Un intervento di don Ciotti: nessun privilegio Un intervento di don Ciotti: nessun privilegio «Vuol essere dimenticata» Il complice E'giardiniere in comunità DORETTA Graneris. Molti non ricordavano più il suo nome, altri - i giovani attorno ai vent'anni - non la conoscevano nemmeno. Ed era ciò che lei chiedeva da anni: essere dimenticata, per poter sperare che il suo nome non creasse curiosità, fastidio o rigetto. Non per dimenticare quello che ha fatto o per cancellare con un colpo di spugna tutto il suo passato, ma per poter andare avanti, per ritrovare speranza, per formulare una richiesta di perdono e per tentare, con l'aiuto di quanti fino a oggi le sono stati vicino, di ricostruirsi una vita. Le vicende di questi giorni sembrano non rispettare questo suo volere. Per molti, per troppi, lei rischia di restare soltanto un «caso», un personaggio etichettato e dunque rinchiuso per sempre nella condotta e negli errori di ieri. Per molti rischia di non avere peso il fatto che Doretta sia persona, come tutti, che ha avuto la possibilità di crescere e di cambiare, che ha già trascorso diciotto anni in carcere (la metà della sua vita); che, in quattro anni di lavoro all'esterno, ha dimostrato buona integrazione sociale e competenza professionale. Non considerare tutto questo, i passaggi reali, concreti e sofferti di un'esistenza trascorsa in una cella può determinare un giudizio troppo spesso superficiale e affrettato. Per chi ha condiviso «pezzi» di questa storia (come di tante altre) e la fatica di una speranza anche nei momenti più difficili, le cose sono più complesse. La richiesta di semilibertà - che, in questo caso, era stata inoltrata più di un anno fa -, ad esempio, non è concepita come privilegio o chissà quale premio, ma è possibilità espressamente prevista dalle leggi italiane. Senza dimenticare, poi, che la semilibertà, diversamente da quanto pensano in molti, non vuol dire essere definitivamente liberi, ma soltanto la possibilità di lavorare fuori dal carcere durante il giorno - con controlli, vincoli e divieti - rientrando in cella qualche ora dopo l'orario di lavoro e rimanendo, di conseguenza, detenuti a tutti gli effetti. Si tratta, in altre parole, di ricordare che soprattutto in presenza di pene detentive molto lunghe, non giova a nessuno rinchiudere le persone in galera e negare loro qualsiasi possibilità di riscatto o di reinserimento sociale. Non serve a chi è detenuto perché spegne la fiducia in un possibile e reale cambiamento. Ma non serve nemmeno alla società perché è interesse di tutti che, chi ieri ha commesso reati, sia aiutato ad uscire da quella logica e a correggersi trovando, anche - a volte soprattutto - nel lavoro, un concreto strumento di reinserimento. Doretta ha chiesto, comprensibilmente, di essere dimenticata. Non dimentichiamo, però, le fatiche, le contraddizioni e le speranze che storie come questa - e molte altre - ci pongono quotidianamente. Guido Badini oggi ha 40 anni, il 16 marzo scorso ha ottenuto la semilibertà. Lavora, fa il giardiniere in una comunità di Ospitaletto, a 15 chilometri da Brescia. E ha un nuovo amore, Rita N., che gestisce un bar, e dice di lui: «Ha trovato la famiglia che non ha mai avuto. Ci vogliamo bene, forse ci sposeremo, ma è prematuro parlarne». Come vive, oggi, Badini? «Vivo male, e lavoro sodo», aveva raccontato qualche mese fa. Rifiuta i contatti con i giornalisti: «Che cosa volete da me? Non posso parlare, cercate di capirmi». Il suo avvocato, Massimo Ferrai di Brescia, ha seguito la pratica per la semilibertà, «che è stata decisa dal presidente del tribunale di sorveglianza Giancarlo Zappa. Badini era stato ammesso al lavoro esterno nel luglio '92». Ogni mattina esce dal carcere Verziano di Brescia, prende il pullman per Ospitaletto, raggiunge la comunità «Fraternità»: qui si occupa di giardinaggio, trascorre le sue giorna- Luigi Ciotti
Persone citate: Badini, Doretta, Giancarlo Zappa, Guido Badini, Rita N.
Luoghi citati: Brescia, Ospitaletto
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