INTERVISTA Lo scrittore ex dissidente attacca il nuovo regime

INTERVISTA Lo scrittore ex dissidente attacca il nuovo regime INTERVISTA Lo scrittore ex dissidente attacca il nuovo regime «Il comunismo era la difesa dall'Ovest, che voleva fare di noi una colonia, ora l'Occidente è libero di sottometterci, complice Eltsin» Ma se solo il comunismo poteva salvare la Russia, e lei dice di volerla salvare, ne consegue che lei vuole tornare al comunismo, che lei dice di esecrare. Non capisco. «Io affermo che il sistema sociale che si formò in Russia dopo la rivoluzione fu la continuazione del precedente sistema sociale russo. La rivoluzione ha soltanto eliminato i nobili e la debole classe capitalista, lasciando intatto il preesistente sistema burocratico-statale. Sia Lenin che Stalin hanno continuato le tradizioni della storia russa. Non avrebbero potuto fare altrimenti. E' per questo che si è conservato l'impero russo». Inevitabile, dunque? «Senza dubbio. Questa era la forza di Stalin: capiva l'importanza del materiale umano che aveva. Neanche Lenin lo capì bene come lui. Quando, all'inizio della guerra, ci ritirammo fino a Mosca, Stalin nominò U M BAR LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA comandante Zhukov. Se avesse avuto Napoleone, e lo avesse nominato, avremmo perso, perché il comandante dev'essere omogeneo al proprio esercito. Bisogna sapere chi eseguirà gli ordini. Questi Eltsin e Gaidar non si rendono conto che i loro decreti non saranno eseguiti da geni, ma da quegli stessi russi che non sanno fare bene niente, che sono pigri, ladri ecc. Anche Eltsin, in fondo, è un russo. Magari domani berrà un mezzo litro di vodka in più, si ribellerà ai suoi padroni, farà qualche sciocchezza... Imprevedibili siamo. Quando costoro cominciarono le loro riforme, nel 1985, pensai e scrissi: questi non vogliono violentare solo il proprio popolo ma anche le leggi della storia. Non poteva che finire male». Ma cosa poteva fare Gorbaciov? Quando arrivò al potere il sistema era in ginocchio... «Sciocchezze. Il Paese era in crisi, ma non sull'orlo di una catastrofe. Le crisi si superano. Gorbaciov non è mai stato né realista né intelligente. Come uomo di Stato fu un cretino completo. Lui, come i gorbacioviani, io li conoscevo bene da tempo. Furono loro a cacciarmi via dal Paese mentre facevano carriera. Il loro obiettivo era di liquidare l'apparato e di sostituirlo con un'amministrazione di tipo stalinista. Quando scoprirono che avevano fallito fecero ricorso al tradimento degl'interessi nazionali. A questo si aggiunga la sconfitta dell'Unione Sovietica nella guerra fredda...». Perché l'Unione Sovietica fu sconfitta? «Le ragioni furono molte. Due fondamentali: la superiorità dell'Occidente era schiacciante, economica, propagandistica, culturale, militare, umana. Il Paese non era semplicemente in grado di resistere contro un avversario così potente. In secondo luogo la stupidità dei dirigenti che vollero occidentalizzare il Paese nel più sciocco dei modi. E' successo come se il comandante di uno dei due eserciti schierati in battaglia fosse passato al nemico. La Russia è governata da marionette dell'Occidente. Eltsin continua l'opera di Gorbaciov su scala russa. Eltsin ha bombardato il Parlamento, ma anche Gorbaciov l'avrebbe fatto se ci fosse stato un ordine di Washington...». Lei pensa che ci sia stato un ordine di Washington? «Non un ordine ma il benestare. Vivo in Occidente e ho visto qui un'orgia vera e propria, dove il senso delle cose è stato rovesciato da capo a fondo. Hanno scritto: sì, è una dittatura, ma nell'interesse della democrazia. Né Stalin, né Hitler, né Mussolini scesero mai a tali livelli di menzogna. Quando ho sentito i discorsi dei politici occidentali mi sono detto: Eltsin sparerà. Se Clinton avesse detto che Eltsin non era carne né pesce, Eltsin sarebbe saltato dopo pochi giorni. E' una tipica marionetta». Ma anche Solzenicyn, a suo modo, ha applaudito. «Il mio giudizio su di lui è molto negativo. Come scrittore è mediocre, come pensatore è una nullità, come politico è un mascalzone. E' una creatura dell'Occidente, che l'ha gonfiato perché gli faceva comodo nella guerra fredda. E' un'invenzione, una fenomenale invenzione della guerra fredda. Applaude, certo, perché è la sua parte, quella che ha accettato di recitare». Altri ex dissidenti invece. come Siniavskij e Maksimov, anche molto ostili tra di loro, hanno denunciato la «dittatura» a Mosca... «E' logico. Molte divergenze ideologiche sono sparite. Oggi sono rimasti due schieramenti: quello dei distruttori della Russia e quello di chi oppone resistenza alla distruzione. Altri due anni di Eltsin e addio Russia». Eppure Eltsin, ora, dice di voler salvare proprio la Russia, una e indivisibile. «Eltsin vuol fare come fece Stalin. Cercherà ora di scaricare la colpa sui suoi amici e di liquidarli a uno a uno. Ma non ce la farà. Nel 1922 Stalin aveva 43 anni. Eltsin non ha più molto tempo a disposizione. Stalin era un genio politico, comunque lo si giudichi moralmente. Eltsin è politicamente un idiota. Stalin aveva alle spalle una rivoluzione che aveva entusiasmato milioni. Eltsin ha un popolo di sudditi demoralizzati. Infine l'Occidente all'epoca di Stalin era ancora diviso, senza strategia. Oggi l'Occidente è compatto e vittorioso. L'ho già scritto: basterebbe una divisione della Nato per prendere la Russia. La situazione è questa: se truppe straniere verranno a mettere ordine nessuno sparerà su di loro. Se invece il popolo andrà sulla Piazza Rossa, l'esercito russo gli sparerà addosso». Lei vede un Occidente che ha previsto tutto, che controlla tutto, che ha vinto tutto. Ma forse il quadro è un po' più complesso. Per esempio non pensa che qualcuno, in Occidente, si renda conto che il collasso della Russia potrebbe essere pericoloso per gl'interessi dell'Occidente? Insomma forse non tutto l'Occidente è popolato di stupidi. «Non sono affatto stupidi. Ragionano sugli unici tempi che conoscono: quelli brevi e medi. Su questo arco di tempi hanno vinto e sono stati brillanti. Non saranno eterni nemmeno loro, ma per ora il loro sistema funziona. E l'immenso apparato che hanno costruito per combattere la guerra fredda continuerà per inerzia ad agire ancora per una generazione». Dunque lei non ha più speranze. Del resto lo ha scritto: «Sono un uomo del passato». «Sì. E mi assumo la mia parte di colpa. Se avessi saputo che andava a finire così non avrei scritto una sola riga...». sione sontuosa: al rallentatore, ondeggia e va, per le stradine della tua testa. Potrebbe anche bastare ormai - lo senti - quella musica ti ha incastrato. Ma non è ancora finita. A un certo punto, nella gran processione si fa largo un'altra specie di voce, sembra sparata in un megafono, poi si avvicina e allora la riconosci, sarebbe impossibile non riconoscerla: Tom Waits. E chi, se non lui? Tom Waits - lo dico ai pochi che non lo sanno - è uno che canta e nella sua voce ci sono le voci di tutti i barboni ubriaconi del mondo. Non è una voce, è una discarica pubblica, è una sigaretta lunga anni, è milioni di birre e chilometri, e centinaia di amori e motel. E' una delle voci più emozionanti che vi può capitare di ascoltare. E adesso arriva lì in mezzo, a duettare con quel bar- Giuliette Chiesa bone che nel frattempo è morto, ma non importa, la sua voce non si è mai più fermata, tutti e due a dondolare su quel ritornello eterno, e inarrestabile. Tom Waits. E il vecchio barbone. Figli di un Dio ubriaco. Sembra che non abbiano fatto nient'altro tutta la vita. Solo cantare insieme, tutto il tempo. E scolare birre, naturalmente. Finisce che a poco a poco la processione si allontana, come è venuta adesso se ne va, sparisce dentro lo stereo, si lascia dietro un po' di violini impiccati su note altissime, e brandelli di Tom Waits che sparacchiano note come sberleffi al mondo. Il barbone se ne già sparito. E tu lì a chiederti: chissà come si chiamava. E quando è morto, e come, e dove. E se ne sapeva altre, di canzoni così. Alessandro Ba ricco