Tangentopoli seduce i giovani

Effetto Mani Pulite sull'esito di un'inchiesta Effetto Mani Pulite sull'esito di un'inchiesta Tangentopoli seduce i giovani Dopo 25 anni riscoprono la politica TMILANO RA gli effetti - talvolta addirittura taumaturgici attribuiti all'inchiesta Mani Pulite, non viene annoverata, in genere, la crescita dell'interesse per la politica. Al contrario, un luogo comune assai diffuso vorrebbe gli italiani sempre più distaccati dalla sfera pubblica, man mano che si accentua il collasso del regime. Così non è, invece: le vicende di Tangentopoli hanno prodotto un notevole avvicinamento alla politica proprio in quegli strati giovanili che, in precedenza, se ne dichiaravano maggiormente lontani. Alla domanda - posta a un campione di quindici-ventinovenni - «il cittadino può influenzare le decisioni di chi governa?», nel febbraio 1992 rispondeva positivamente solo il 29 per cento del campione; nel settembre del '93, è il 44 per cento che esprime fiducia nella possibilità di condizionare le scelte pubbliche. A dirlo, e a dimostrarlo in maniera assai convincente, sono i sociologi Alessandro Cavalli e Antonio De Lillo, che - col contributo di altri studiosi - curano, ormai da dieci anni, i rapporti dello Iard sulla condizione giovanile in Italia: ovvero il più attendibile lavoro scientifico prodotto, sul tema, nel nostro Paese. Il terzo rapporto, Giovani Anni 90 (appena pubblicato dalla casa editrice II Mulino) fa riferimento a un campione di 2500 giovani, distribuiti in 198 Comuni, intervistati nel febbraio del 1992 (ultimi giorni dell'era pre-Tangentopoli). Ma - ecco un'idea intelligente, intelligentemente realizzata, una metà di quel campione è stato intervistato una seconda volta, con la collaborazione di Carlo Buzzi, nel settembre 1993. Dopo, dunque. Dopo Mario Chiesa e Antonio Di Pietro, dopo le mazzette nelle mutande e quelle nei pouf, dopo le tangenti sul sangue e sul tonno, sulle tombe e su tutto. Dopo la scoperta, dunque, del Grande Saccheggio. Ebbene, due mesi fa, la percentuale di giovani «politicamente depressi» - che esprime verso la politica un atteggiamento di delega o di rifiuto - risulta diminuita rispetto ai primi mesi del '92 (dal 22,1 per cento al 19,3 per cento). A determinare il decremento sono stati, prevedibihnente, le novità nelle forme della mobilitazione politica (referendum, elezione diretta del sindaco) e, come si è detto, gli effetti delle inchieste giudiziarie. A confermare quest'ultimo dato c'è la notevole crescita di consenso registratasi intorno al potere giudiziario. Tra «i più amati dagli italiani», i magistrati (apprezzati dal 72,5 per cento) sono secondi solo ai poliziotti (77,7 per cento), ma diciotto mesi addietro lo scarto che li separava era di quasi 22 punti. Dunque, con ogni probabilità, le inchieste giudiziarie hanno agito davvero come strumento di «liberazione»: hanno emancipato i cittadini (e i giovani cittadini) da una cappa opprimente che ne limitava i movimenti e ne mortificava le aspettative. Allo stesso tempo, quelle inchieste hanno ottenuto l'effetto di ampliare la quota di giovani che affida, in via esclusiva, i destini collettivi alle istituzioni «forti» (magistratura e forze dell'ordine, appunto) e alla repressione dell'illegalità. Non c'è dubbio che in ciò si manifestano una certa vocazione autoritaria e una «voglia d'ordine» che sollecitano qualche interrogativo. In ogni caso, il crescente interesse verso la politica fa sì che una quota assai significativa di quanti si dichiaravano incerti sulla propria opzione di voto nel febbraio del '92, oggi scelga un partito: e si divida equamente tra il pds e la Lega Nord (i partiti «più votati» dal campione). D'altra parte, il 19 per cento di quanti mostravano un preciso orientamento di voto un anno e mezzo fa, oggi si dichiara incerto: ed è una quota, questa, proveniente - in larga misura - dall'area del centro politico. Per finire, un'ultima considerazione a proposito dei «progetti di vita» del campione intervistato, e di quel processo di «prolungamento della giovinezza» che è fenomeno non nuovo e non solo italiano, ma che solo in Italia risulta così abnorme: quasi il 50 per cento dei maschi, a 29 anni, continua a vivere in famiglia. All'età in cui - in altre epoche, e fino a qualche decennio fa - si generavano figli e si combattevano guerre, si facevano affari e si conoscevano mondi, si fuggiva di casa e si tradivano i padri, si produceva e ci si riproduceva: a quella stessa età, oggi, si sta lì, a presidiare la propria cameretta, tra il tinello, il videoregistratore e la stanza di mamma e papà. C'entra - eccome se c'entra - la disoccupazione giovanile e la penuria di case, la tradizione familista-cattolica e l'organizzazione degli studi; c'entra, soprattutto, la possibilità di vivere clandestini in famiglia: negoziando - come scrive Cavalli - «all'interno di essa spazi di libertà». Ma è una curiosa idea di libertà: non conquistata, non rivendicata e, forse, neppure troppo intensamente voluta. Luigi Manconi Ma rimane ancora la sfiducia nei confronti delle istituzioni 12500 intervistati fra i 15 e i 29 anni hanno espresso la loro voglia di ordine I più amati sono i poliziotti e i giudici 1992 ■ Il cittadino può influenzare le decisioni di chi governa H La società è diretta da poche persone che detengono il potere e la gente comune può farci ben poco □ Non so m^r~~^ 1993 Dati in percentuale (f^i*r 0ELP0TERE GOVERNO 1992 18,7 UOMINI POLITICI 13,1 IL TREND DELLA FIDUCIA PERLE ISTITUZIONI PERCENTUALI 4;s FUNZIONAI lì 'mm DELLO STATO 20,2 -A-15,3 SINDACALISTI 24,5 10,3 V??ifg???7 AREA DEL POTERE III! Ri ECONOMICO J| jjHhH| E DELL'INFORMAZIONE AREA DEL POTERE GIUDIZIARIO E FORZE DEU'OROINE 1992 1993 MAGISTRATI 47,8 ^Wt72,S . 1992 INDUSTRIALI- -40,0 . POLIZIA 59,4 77,7 BANCHE 55,1 GIORNALISTI 40,8 ? CARABINIERI 54,6 «Giovani Anni 90» è il titolo di uno studio realizzato da due sociologi

Persone citate: Alessandro Cavalli, Antonio De Lillo, Antonio Di Pietro, Carlo Buzzi, Effetto Mani, Luigi Manconi, Mario Chiesa

Luoghi citati: Italia