IL MEDICO CHE AMA LA MORTE

Da Milano l'appello per il Patto di rinascita nazionale: i veri federalisti siamo noi IL MEDICO CHE AMA LAMORTE stere nella morte un paraplegico che si era rivolto in Tribunale perché voleva morire. Quando, con voto segreto, l'uomo perse la causa, Kevorkian si fece fare biglietti da visita in cui si presentava come «necrologista», esponente d'una nuova specialità medica. Che per i medici era «medicida». A quell'epoca, non aveva ancora trovato un modo idoneo e pietoso per il suicidio assistito, ma aveva cominciato a lavorare al Mercitron. Nessun giornale voleva pubblicare la notizia della sua «missione». Uno show tv, invece, 10 volle suo ospite. Entrò così in contatto con il suo primo volontario, Janet Adkins, 54 anni: malata di Alzheimer, voleva morire finché era ancora abbastanza in sé da prendere la decisione da sola. A quell'epoca, il Michigan faceva parte di quella metà degli Stati americani che non hanno leggi contro il suicidio «assistito». La legge è poi stata cambiata perché le idee di Kevorkian avevano troppo successo. Il diritto di un individuo a morire non è un problema di poco conto. Nel '90, fu portato aUa Suprema Corte degli Stati Uniti con il caso di Nancy Cruzan, i cui genitori chiedevano di poter staccare 11 tubo che alimentava artificialmente la loro giovane figlia in coma. Vinsero la causa: la Corte stabilì che non c'era nulla di virtuoso nel prolungare eroicamente la vita contro il volere di un paziente (in questo caso, dei suoi genitori). Da allora, il Movimento per il diritto di morire si è rafforzato e l'attività di Kevorkian - in un Paese ossessionato dalla salute e dalla ricerca deU'immortalità - ha riaperto un dibattito nazionale. Come molti altri prima di lui, Kevorkian scalpita dalla voglia di scontare le sanzioni che gh sono state inflitte per la sua cusobbedienza civile. Ed è assai franco sulle sue convinzioni. Racconta, ad esempio, che per la gente lui è lo «specialista della morte». Quello che più irrita la classe medica è il fatto che Kevorkian non si limita a battersi per il suicidio individuale, ma rinfaccia ai medici le sofferenze di molti pazienti. Secondo lui, i medici gestiscono uno «Stato segretamente totalitario». Non affrontano la morte, ma mentono ai loro pazienti: di fronte a una malattia letale, si dilungano sulle diverse possibilità di cura, ma non dicono mai: «Qualunque cosa facciamo, lei comunque morirà». I malati terminali e le loro famiglie hanno ormai capito che essi mentono per una semplicissima ragione: la morte è una faccenda lunga e redditizia. Kevorkian considera la sua attività una crociata. «Non c'è nessuna argomentazione razionale contro il suicidio» dice, sicuro che la storia gli renderà giustizia. (L'Olanda lo ha già fatto, permettendo ai medici di somministrare la morte ai pazienti terminali, a certe condizioni). I medici sono praticamente tutti uniti nel rifiutarsi di collaborare con lui. E' etico, questo atteggiamento? si chiede Kevorkian. «Se i medici non collaborano, che cosa dovrei fare? Lasciar soffrire il paziente?». Kevorkian ha le sue regole: «Il paziente dev'essere in grado di intendere e di volere e la malattia inguaribile». E non è privo di appoggi. La legge del Michigan che vieta il suicidio assistito, contro la quale è stato presentato un ricorso, è stata attaccata dal giudice Cynthia Stephens, che ha difeso il diritto a morire di due malati terminali. Con questa motivazione: «Questa corte non può immaginare un diritto più fondamentale del diritto all'autodeterminazione». Il direttore del Centro di Bioetica del Minnesota ha dichiarato: «Kevorkian ci dice esattamente dove il sistema di assistenza sanitaria puzza». E George Annas, della Scuola di Medicina di Boston, ha riconosciuto che «una parte significativa del pubblico americano vede Kevorkian come una ragionevole alternativa alla moderna medicina e alle sue angherie, una combinazione di disonestà, insensibilità e negligenza». La settimana prossima Kevorkian potrebbe essere di nuovo arrestato, questa volta nella Contea di Oakland. «Non sono veramente Ubero, con questa minaccia sospesa sulla testa» dice. I medici vedono la morte come un nemico perché loro sono nel business della vita, non in quello della morte. Kevorkian dice semplicemente: «Qualcuno vuole la morte, e io gliela dò». Kerth Botsford La rubrica «Il cittadino» di Pierluigi Franz è rinviata per assoluta mancanza di spazio

Luoghi citati: Boston, Michigan, Minnesota, Oakland, Olanda, Stati Uniti