Carlos Santana che collezionista

Carlos Santana che collezionista I DISCHI Carlos Santana che collezionista AGLI archivi delle case discografiche stanno uscendo ogni tipo di registrazioni. Anche il rock comincia avere una esistenza abbastanza lunga da consentire la percorrenza di una strada che in altri generi musicali si sta sfruttando da tempo: fornire agli appassionati versioni e momenti particolari, sia di concerti che sessioni in studio. Non sempre le scelte seguono criteri di qualità storica o d'esecuzione. Sul versante delle versioni «live», si hanno però sicuramente maggiori garanzie di quelle offerte dal mercato dei «pirati». Anzi, questa nuova tendenza è da sostenere, soprattutto se il fornire materiale di pregio ai collezionisti o appassionati coincidesse anche con un'efficace limitazione al vampirismo della pirateria discografica. In questo quadro va segnalata l'originale iniziativa di Carlos Santana. Il capofila del rock latino ha una passione: collezionare nastri di concerti tenuti da colleghi famosi, da jazzisti, ma anche da musicisti da strada. Ora questo suo archivio comincia ad essere disponibile per tutti: Santana ha fondato un'etichetta, la Guts F> Grace, nella quale pubblicherà antologie che cura personalmente. La prima, «Live Forever» (Polydor, 1 Cd), è anche il primo titolo della collana «Sacred sources». Nove i brani offerti, in sostanza la bussola musicale di Santana: i voli pindarici di Jimi Hendrix alla chitarra, la calda comunicatività di Marvin Gaye, il blues, l'elegante fantasia compositiva di Marvin Gaye, la genialità di John Coltrane. Tutti episodi mai apparsi in disco, tranne un minuto della travolgente «Ogunde» di Coltrane e due minuti infuocati di «I don't live today» di Hendrix. Per il resto sono versioni tratte dagli ultimi tour di Gaye («Joy», «What's going on»), Marley («Naturai mystic», «Exodus»), Steve Ray Vaughan (una bellissima, ispirata versione del blues «Riviera Paradise»). Buon inizio, ricco di piccole pepite. Ma con un appunto: perché i brani sono presentati senza un apparato informativo? Non ci sono le date di registrazione, i musicisti che accompagnavano i leader, un minimo di inquadramento come si compete ad un'antologia dal taglio storico, sia pure personale. Sorgono domande maliziose: qual è l'origine di queste registrazioni? Sono azioni piratesche che rientrano nella legalità? Regolare e oltrettutto ottimo per qualità e curiosità è un altro disco, sempre dal vivo, firmato da Carlos Santana: «Sacred Fire. Live in South America» (Polydor, 1 Cd). Tredici gli episodi musicali raccolti durante la tournée effettuata que st'anno in quei Paesi che tanti suoni e ritmi hanno regalato al suo personale stile rock. La versione divertita di «Samba Pa Ti», l'incalzante «Toussaint l'ouverture», la coralità grintosa di «Soul sacrifice», l'epicità rimarcata di «Black magic woman». E poi «Vive la vida», «Guajira», «Europa». Versioni lunghe dove sono ancora più godibili le evoluzioni alla chitarra di Santana, circondato dalle famose percussioni a creare il clima di festa. Continuiamo nell'area del rock venato da altre culture segnalando il secondo album di Khaled, «N'ssi N'ssi» (Barclay, 1 Cd). L'anno scorso, con «Didi», Khaled era passato dallo statuto di cantante maghrebino a quello occidentale, colorando (grazie alle produzioni celebri di Don Was e Michael Brooks) la sua musica di tinture europee e rock. Oggi ritorna sui suoi passi e ci accompagna tra le melodie egiziane. Ci fa da guida, ci traduce le nenie del Cairo (la gii music) con grande abilità di mediatore tra culture musicali lontane. Un gran bel disco, di gran respiro. Le orchestre di archi cairoti, le percussioni arabe, sono ben sostenute da strumenti occidentali e risultano così meno ostiche alla nostra sensibilità. Cinque brani sono tratti dalla colonna sonora del film di Bertrand Blier «Un, deux, trois, soleil» premiato al Festival di Venezia. La miscela speziata di Khaled (rock e maghreb, funky e Oriente) solletica l'udito dell'ascoltatore curioso. Ultima segnalazione e si rientra in Occidente con la tradizione più americana, il country. «Common thread» (Giant-Bmg, 1 Cd) è un omaggio e insieme un progetto di solidarietà ecologica. Nel senso che un manipolo di giovani artisti si misura con devozione su celebri canzoni degli Eagles e buona parte dei proventi del disco saranno utilizzati dal Walden Woods Project per proteggere le foreste californiane dell'area di Walden Pond, rifugio dell'«aquila» Henry David Thoreau. Tredici canzoni con tante chitarre (acustiche, elettriche, slide) per un country dai toni moderni e nostalgici. Nessun nome celebre, tutti ottimi continuatori degli insegnamenti rock-country del gruppo. Se si amano i cow-boys romantici un album da conservare. Alessandro Rosa >sa^J

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