Condono cavallo di Troia di Stefano Lepri

Condono, cavallo di Troia Condono, cavallo di Troia II ministro: chiedono di riaprirlo Ma Tangentopoli può approfittarne ROMA. Prossimamente in scena: la tentazione del condono fiscale. «Registro da più parti pressioni per una riapertura dei termini», ammette il ministro delle Finanze Franco Gallo. In Parlamento si insinua che al ministero ci stanno già lavorando, e non da ieri. Nessuno mostra di cadere dalle nuvole, questo è certo. «Sarà tutto il consiglio dei ministri a decidere, io penso che non ci sarà» si schermisce Gallo, con l'aria di chi soppesa cautamente i prò e i contro. Questa volta la faccenda è ancora più delicata: perché c'è di mezzo Tangentopoli. Sembra una lusinga perversa alla quale non è facile resistere. Tutti sanno e dicono che è un pessimo modo di governare. Altri ricordano che in molti altri Paesi civili il condono fiscale non si sa nemmeno che cosa sia. Ma, se funziona, è la maniera di gran lunga meno impopolare di far affluire denaro nelle casse del fisco. Se non basta, si può pensare anche a un nuovo condono edilizio. E se può servire a ridurre la stangata di fine anno su Iva e benzina, queste Camere alla vigilia dello scioglimento non potrebbero forzare la mano al governo? LA RIAPERTURA. Ma che senso ha rendere ancora possibile la sanatoria per gli anni di imposta fino al 1990, se già con la prima riapertura i contribuenti hanno avuto oltre un anno e mezzo di tempo per chiederla? Chi può essere, a non averci ancora pensato? «Ci sono molte grandi imprese - risponde l'ex ministro delle Finanze Franco Reviglio (psi) - che sarebbero pronte a servirsene». Forse per sanare gli effetti fiscali di falsi in bilancio? «Anche». Dal 20 luglio scorso, data di chiusura dei termini del condono, i falsi in bilancio che è diventato necessario far emergere sono quelli resi necessari dal pagamento delle tangenti. IL CAVALLO DI TROIA. Ma per quale gettito vale la pena di sfidare la «vergogna» del condono (così la chiama il sottosegretario alle Finanze Stefano De Luca, dichiarandosi contrario)? Reviglio sostiene che la cifra potrebbe essere enorme, analoga ai 2800 miliardi che sembra si siano ottenuti quest'anno con la prima riapertura. Al ministero delle Finanze si ascoltano cifre molto più basse, anche solo 400-500 miliardi. Non c'è il rischio che il Parlamento colga l'occasione di un disegno di legge governativo di riapertura dei termini per inserirvi un nuovo condono per l'anno fiscale '91, finora non sanabile? IL GETTITO INDOLORE. A una estensione al '91 «io mi opporrei risolutamente», afferma Reviglio. Il ministro Gallo non ne vuole sentir parlare. Però i tecnici della finanza pubblica sospettano che sarebbe questa l'unica maniera di ottenere un gettito consistente. C'è qualcuno che la propone: «Io includerei il '91 - dice Francesco Forte, anche lui ex ministro, ora presidente della commissione Finanze del Senato - beninteso senza amnistia, perché un'amnistia è politicamente improponibile. Verremmo incontro solo ai piccoli contribuenti, perché le sanzioni penali scattano sopra 50 milioni». TENTAZIONE DI AMNISTIA. A che scopo condonare? «Perché eliminando la minimum fax - risponde Forte - facciamo partire controlli più severi. Ugualmente, mi pare opportuna una riapertura del condono edilizio, perché da quando c'è l'Ici si fanno controlli a tappeto». Ma a questa tesi altri obietteranno che senza l'amnistia i condoni non hanno funzionato. E se si comincia a parlare di amnistia, in tempi di politici sotto inchiesta, dove si può finire? Per questo la Cisl, con il segretario confederale Aldo Smolizza, dice no: né «sanatoria delle grandi evasioni fiscali legate alle tangenti» né allargamento al '91. Ripete il suo no Vincenzo Visco, responsabile fiscale del pds ed ex ministro delle Finanze per poche ore: «E' chiaro che dal punto di vista di un governo che deve fare una manovra fiscale di 6700 miliardi la tentazione di entrate indolori potrebbe esserci. Ma non va sottovalutato l'effetto paralisi che il condono avrebbe sull'amministrazione finanziaria». Un nuovo ingorgo di carte, un nuovo calo dei controlli, lo temono anche i dirigenti del ministero delle Finanze organizzati nella Dirstat. Stefano Lepri