Le offese all'handicap di Maria Grazia Bruzzone

Le offese all'handicap Le offese all'handicap Dal «governo focomelico» al «giudice zoppo» ROMA. Adesso c'è un giudice paraplegico e claudicante (ma deambulante, come precisa lui stesso) nel mirino del Bossi. Ma non è la prima volta che il Senatur e i suoi amici del Carroccio se la prendono con gli handicappati. Per umiliarli, bandirli, esorcizzarne la presenza, forse. E loro, i disabili veri che esistono, al di là della scandalosa realtà dei falsi invalidi, loro se lo ricordano benissimo. Antonio Guidi, sindacalista della Cgil, direttore dell'«Osservatorio per i diritti», rammenta l'occasione in cui una preside leghista sostenne che i bambini handicappati andavano esclusi dalle scuole perché turbavano gli altri «sani». E Irene Pivetti, la parlamentare responsabile della Consulta cattolica del Carroccio, l'appoggiò. «E' sempre la stessa terminologia collegata all'egoismo, anche se mascherata dalla difesa del singolo. Ma in realtà la difesa è sempre degli stessi: i forti, o presunti tali, come deve essere forte il Nord che deve fare da sbarramento al Sud. Parole che evocano vecchi fantasmi». Per Guidi l'ideologia leghista della forza che sembra legata ai macrosistemi inevitabilmente si riflette su una filosofia dei singoli individui. E l'handicappato, che per la Lega passa come un essere improduttivo e oggetto di assistenza, diventa solo un soggetto da emarginare e da rimuovere. «Ma quel che vien fuori è un'altra verità: perché chi ha paura di chi gli appare debole, in questa paura riflette la propria debolezza». Altre volte. Viene in mente quando Bossi, subito dopo l'episodio della Pivetti, definì una festa del Sì a Milano «un raduno di quattro ragazzetti, due reduci e qualche paraplegico». Tanto che l'associazione paraplegici gli rispose: «Bossi doveva nascere a Sparta. Non accetteremo mai le sue scuse». Quando definì il governo Andreotti «un governicchio focomelico», trovò pane per i suoi denti. «Faccio grazia al senatore Bossi della squisitezza della definizione», esordì l'allora presidente del Consiglio dall'ironia tagliente nella sua risposta. Ma il livore verso il diverso deve essere proprio connaturato all'ideologia leghista, se persino il coltissimo senatore e professor Miglio un giorno ebbe a dire che «il grande malato della repubblica è il Parlamento. Ha l'Aids e l'ha trasmessa al governo». Antonio Lambrilli, presidente dell'Anime, l'Associazione nazionale invalidi civili, ha invece fresca la memoria dell'intervento del senatore leghista Luigi Roveda, da Novi Ligure, nell'aula di Palazzo Madama, il 9 novembre scorso. A proposito delle norme sui controlli dell'invalidità civile varate qualche giorno fa insieme alla Finanziaria. Roveda esprime soddisfazione perché alla fine «è passata l'idea di smascherare quei 5 milioni di falsi invalidi e quei 2 milioni di falsi disabili che alle spalle dei produttori di reddito godono di un sostentamento che permette loro di fare i fannulloni tutta la vita. Concordo sull'emendamento che porterà tutti questi straccioni, scrocconi e quindi ladri a restituire integralmente il maltolto», ha concluso il senatore leghista. Usando espressioni e termini che secondo Lambrilli, «al di là delle polemiche sulle truffe contro le quali noi stessi ci battiamo, offendono la dignità di minorati e handicappati». Tanto che il presidente dell'associazione unica degli invalidi civili ha intenzione di procedere per querela. «E' un mio preciso dovere», spiega. E la battuta di Bossi? «Non mi stupisce. Si vede che quelle sono le idee e le valutazioni dell'intero partito. Che trovano i modi di esprimersi più adeguati». Maria Grazia Bruzzone Quando il Carroccio prende di mira un menomato

Luoghi citati: Milano, Novi Ligure, Roma