«Falcone non fu solo mafia» di Pierangelo Sapegno

«Presi i killer, l'inchiesta è tutt'altro che finita». Mancino frena: è stata la Cupola «Presi i killer, l'inchiesta è tutt'altro che finita». Mancino frena: è stata la Cupola «Falcone, non fu solo mafia» Igiudici: cerchiamo complici nei servizi segreti PALERMO. «Vi sono indagini in corso che tendono a dimostrare perché Giovanni Falcone è stato ucciso proprio nel maggio '92. Per cercare di capire se ci sono state convergenze fra strutture deviate dello Stato, lobbies e mafia per uccidere Falcone proprio in quel momento». Ilda Boccassini, sostituto procuratore di Caltanissetta, dove si indaga sulla morte di Falcone, rilascia questa dichiarazione che sembra aprire nuovi orizzonti sulla strage. Dunque non bastano due pentiti, un fiume di confessioni e di riscontri, non bastano 18 mesi di indagini e 89 pagine di relazione per togliere il velo alla strage. Forse l'omicidio doveva coincidere con una delle fasi più travagliate e inquiete della politica italiana: c'era l'elezione del Presidente della Repubblica, doveva essere ancora scelto il papo del governo, Tangentopoli cominciava a infuriare e il nuovo a sfondare... Non è solo mafia? «Le indagini non finiscono. Anzi. Cominciano ora: quelli erano solo manovali», dice il colonnello Mario Mori del reparto operativo dei carabinieri. Ma il ministro dell'Interno Mancino, il capo della Dia Gianni De Gennaro e il sociologo Pino Arlacchi frenano. Ieri sera, al Maurizio Costanzo Show, attribuivano a Cosa Nostra la piena titolarità di «cervello» e «braccio operativo» della strage di Capaci. «E' stata la mafia: ciò è quanto siamo riusciti ad accertare con un buon margine di sicurezza. Il resto attiene al campo delle ipotesi, che non vanno scartate ma neppure accettate a scatola chiusa», ha detto il ministro. Maria Falcone, la sorella del magistrato ucciso, ha confessato alla Stampa di aver visto per la prima volta le immagini di Capaci soltanto l'altra sera. «Adesso posso finalmente sapere chi l'ha organizzata, tenere negli occhi le loro facce, nella mente i loro nomi. Oggi la mia speranza più grande è quella che i magistrati che combattono la mafia non debbano più essere uccisi. E' questo il senso del testamento di mio fratello e di Paolo Borsellino». Maria Falcone, Antonio Ravfdà e Pierangelo Sapegno ALLE PAG. 2-3

Luoghi citati: Caltanissetta, Capaci, Falcone, Palermo