Dietro ai fedelissimi anche i poteri occulti di Francesco La Licata

Dietro ai fedelissimi anche i poteri occulti L'ANAISSB Dietro ai fedelissimi anche i poteri occulti LROMA A banda Riina. E' tutta lì, in quell'elenco di nomi di stretta osservanza «corleonese». C'è il capo - lo è ancora a sentire gli esperti - ci sono quelli che vengono accreditati come probabili successori al trono di Cosa nostra lasciato vuoto da don Totò. Si sa ancora poco di questa operazione, ma una cosa appare subito inconfutabile. E cioè che la strage di Capaci è stata ideata, messa in atto e conclusa dal vertice di Cosa nostra e dall'apparato militare fedelissimo a Riina. Come pensare diversamente, dal momento che la lista dei 18 incriminati si apre coi nomi di Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Biondino? Il primo, latitante di lusso dopo un faraonico matrimonio all'hotel Villa Igiea di Palermo, è cognato del padrino, fratello di Antonietta la firstlady della mafia che non parla coi giornalisti e quando riescono a beccarla al volo si limita a dire che «il suo Totò è l'uomo più buono del mondo». Giovanni Brusca: figlio del vecchio Bernardo, «patriarca» di San Giuseppe Jato, da sempre devoto di Riina. Fu proprio Giovanni, col suo carattere violento, l'involontaria causa del pentimento di Balduccio Di Maggio, che si presentò ai carabinieri convinto che i Brusca volessero farlo fuori. Un pentimento che poi sarebbe costata la libertà a Salvatore Rima: Balduccio, infatti, avrebbe portato i carabinieri al covo palermitano del padrino. E che dire di Salvatore Biondino, l'uomo che era accanto a Riina al momento della cattura? Si può dubitare che l'autista fosse un fedelissimo? Certo, nell'elenco compare anche il nome di qualche rappresentante della mafia palermitana, anzi di quel che rimane di Cosa nostra di un tempo. C'è Antonio Troia di Resuttana, uomo saggio tanto da essere indicato come uno dei possibili «commissari straordinari» di Cosa nostra in questo momento di crisi. Ma anche lui può considerarsi «corleonese», quantomeno per essere stato costretto ad abbozzare per sfuggire al sistematico sterminio che si è abbattuto su Palermo. Una presenza che lascia perplessi è quella di Totò Cangemi. Il boss dei boTotò Riina s Anche lui palermitano ed appartiene ad una «famiglia» antica. Ai tempi della pax mafiosa veniva considerato un moderato, un uomo capace di mediare anche in situazioni difficili. Proprio di recente si è parlato di lui: i soliti bene informati lo davano sul punto di pentirsi. In effetti qualche movimento nella sua cella c'è stato, ma non è servito a molto visto che Cangemi più che pentirsi sembrava voler accreditare l'estraneità di Cosa nostra alla nuova strategia stragista, quasi come se prevedesse il cumulo di guai che stava per abbattersi sull'organizzazione. Ecco, questo è il quadro che hanno dipinto la procura di Caltanissetta e gli investigatori: un gruppo affiatato e feroce che vede in testa ancora lui, Salvatore Riina, e i suoi più stretti collaboratori, come per esempio quel Salvatore Sbeglia, costruttore palermitano che alzava palazzi coi soldi dell'onorata società. Chiaro che all'interno di questo quadretto qualcuno deve aver ceduto, visto che gli in- vestigatori sono riusciti a sapere praticamente tutto della strage di Capaci. Qualcuno deve aver parlato: questa è la sensazione diffusa. Sì, è vero, gli mquirenti sono stati aiutati dalle telefonate incaute di Gioacchino La Barbera che parlava con quel Gioè di Altofonte finito suicida in carcere, a Rebibbia. Dagli Usa è arrivata una mano degli esperti che hanno analizzato la saliva lasciata dai killer sulle Merit trovate a Capaci. E' anche vero che le intercettazioni ambientali eseguite nelle carceri di mezza Italia hanno prodotto ottimi risultati, dal momento che i mafiosi in cella qualche volta si lasciano andare a ricordi e confessioni. Ma non può essere tutto, se la magistratura dimostra di conoscere anche i particolari della storia. Resta un solo punto da chiarire: l'indagine è conclusa? Si fermerà a Cosa nostra o si cercherà di arrivare anche a quei poteri occulti di cui si è molto parlato? Per uscire dalla metafora: c'è un nesso tra la scelta stragista di Riina e la caduta dell'impunità degli spioni corrotti? Francesco La Licata aia | rsamente, dal va per abbatte Il boss dei boss Totò Riina

Luoghi citati: Altofonte, Caltanissetta, Capaci, Italia, Palermo, San Giuseppe Jato, Usa