Amore e vanità firmati Versace di Marco Neirotti

Due libri curati dallo stilista Due libri curati dallo stilista Amore e vanità firmati Versace EMILANO ACEVO la spola tra Reggio e Messina, prendevo il traghetto e cercavo di scegliere materiale sempre più bello e straordinario». Gianni Versace racconta di sé, ragazzo fiero di portare alla sartoria della madre ornamenti preziosi. Intanto, modelle e disegni raccontano lo stilista. Il tutto in due volumi, Ricami-Decori e Decori Ricami (Leonardo Arte editore), curati dallo stilista (oltre 500 pagine, 180.000 hre), presentati ieri sera a Milano, alla boutique Versus. Immagini, soprattutto, ma anche brevi saggi e novelle (da Isabella Bossi Fedrigotti a Giulia Evelyan Strong e Hamish Bowles), presenze di artisti come Rotella, Pistoletto, Schifano, Paladino. E, come lampi, frasi oscure o celebri: da Proust («L'opera amata si può rifarla ripudiandola») a von Kleist («Meglio essere polvere che un donna senza fascino»), da Oscar Wilde a Karl Kraus. Versace scrittore, dunque? Non proprio. Versace editore, allora? Nemmeno. Versace «amante dei libri», dice lui. Due bei libri eleganti. Ma perché? Perché ama la moda e i libri? O perché ama se stesso e vuole autocelebrarsi? «Soprattutto amore per i libri. Io non ho alle spalle grandi studi, quindi non ho il complesso di chi vuole a tutti i costi fare qualcosa in quel campo. Però amo fi libro, ho una blibhoteca computerizzata e ho assunto una blibliotecaria. Ssono affascinato. E' voglia del bello». Suvvia, un po' di vanità. Non a caso in un volume lei cita Kraus: «Gli artisti hanno il diritto di essere modesti e il dovere di essere vanitosi». «Un po' di vanità c'è, non lo nego. Soltanto gli stupidi dicono di non essere vanitosi. E, in fondo, quando Gianni Versace Gianni Versace '. . ■ ■■ ■ ....... -, . ■ ■ ; lo dicono esibiscono un altro tipo di vanità». Non è la prima volta che si cimenta con i libri. Ci fu «Lo stile dei sensi», il volume su «Miami». A chi si rivolge? «Amo il libro e mi rivolgo a tutti. Ho in mente qualcosa che coinvolga i giovani autori americani. In Miami c'erano delle novelle. In questo lavoro ci sono artisti, letterati. Tutto è rivolto a comunicare l'idea del bello, o forse la mia visione del bello». Lei non accampa pretese di cultura. Però lei con la cultura, quella del teatro soprattutto, ha avuto molto a che fare... «Sì, certo: come dipendente. Ho lavorato con Béjart: lui deus ex machina, io lì vicino a imparare. Così con Avedon. Mi sentivo un allievo. E sono orgoglioso di aver dato un apporto alla loro genialità». Suvvia, non pecca di troppa modestia? «Senta, ho una casa a New York, ma io sono comunque un ragazzo della provincia italiana». Allora, visto che ama così tanto la cultura e dispone di uno strumento - le sfilate - di grande richiamo, perché non lo sfrutta? Potrebbe, oltre alla musica, far ascoltare durante le serate anche i nostri poeti. «Questa proposta non soltanto l'accolgo, ma l'ho anche già sperimentata. Bisogna vedere il pubblico. Una volta, a una sfilata di abiti maschili, feci leggere versi sulla bellezza maschile, quella interiore ovviamente. A New York, a una serata di beneficenza, la scenografia presentò delle nuvole in movimento e mandammo quel parlato che è all'inizio delle Nuvole di Fabrizio De André. Pochi capivano la lingua, ma tutti sentirono l'emozione». Marco Neirotti

Luoghi citati: Messina, Miami, Milano, New York, Reggio