Quattro bombe a mano vicino al Viminale

Alle 21,30 telefonata anonima al 113: «In una busta, tra due cassonetti, c'è materiale esplosivo» Alle 21,30 telefonata anonima al 113: «In una busta, tra due cassonetti, c'è materiale esplosivo» Quattro bombe a mano vicino al Viminale // capo della polizia Parisi: una provocazione inquietante me innocenti (tra cui due bambini) in via dei Georgofili a Firenze e molto probabilmente la notte del 27 luglio hanno fatto esplodere quasi contemporaneamente tre grossi ordigni in via Palestra a Milano davanti all'ex Villa Reale, a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro a Roma. Tragico bilancio: cinque morti e decine di feriti. «E' un episodio provocatorio, inquietante, dal significato chiaramente intimidatorio», ha subito detto ieri sera il capo della polizia, Vincenzo. «Non credo che avessero una idoneità immediata, penso che non fossero di recente fabbricazione. Sulla potenzialità offensiva, comunque, si esprimeranno i periti balistici». Comunque, ha aggiunto Parisi, «si tratta di un segnale che deve allertare. Più che la pericolosità immediata è da sottolineare il significato intimidatorio di questo gesto». Dopo il primo sopralluogo, gli artificieri hanno spiegato che le bombe sono di produzio¬ ne «Oto». Come è stato possibile collocare il grosso plico così vicino al ministero dell'Interno? GÌ' investigatori hanno precisato che il Viminale è circondato da una zona di rispetto vigilata giorno e notte; mentre il luogo in cui è stato ritrovato l'involucro fa parte dell'area privata di un locale pubblico, il «Bar Strega», dove di solito vengono parcheggiate anche alcune autovetture. Il bar è situato alla sinistra della facciata del ministero dell'Interno in un vicolo di poche decine di metri collegato con via De Pretis, la strada che fiancheggia piazza del Viminale. La situazione è tornata subito «sotto controllo», anche se l'ultima parola spetta ora agli artificieri, per stabilire inoltre eventuali collegamenti con i gravi episodi di maggio a Firenze e di luglio a Milano e Roma. Ma la provocazione è evidente e l'involucro vicino al Viminale annunciato da una anonima voce maschile al 113 fa nuovamente salire la tensione, [r. int.] ROMA. Nuova grave provocazione contro le istituzioni democratiche. Poco dopo le 21,30 di ieri sera, una telefonata anonina al 113 ha avvertito che nei pressi del Viminale (e per la precisione sotto una delle rampe che conducono all'edificio del ministero dell'Interno), in una busta, tra due cassonetti c'era del materiale esplosivo. Gli agenti, subito intervenuti, hanno effettivamente rinvenuto un malloppo contenente quattro bombe a mano (di vecchio tipo, ma ancora funzionanti), trenta cartucce da fucile mitragliatore (arrugginiti, ma anch'essi tutt'ora efficienti) e cinquanta proiettili calibro 9 corto. Ordigni e munizioni erano avvolti in fogli di giornale e contenuti all'interno di una busta della nettezza urbana lasciata tra i contenitori dei rifiuti. Subito è tornato l'incubo delle bombe di mano ignota; quella stessa mano che nella notte del 26 maggio scorso hanno provocato cinque vitti¬ ignoti vicino al Viminale l'assassinio, nell'uomo, di tutto quello che è umano, la disumanizzazione continua e volontaria. Gli abitanti di Sarajevo non soffrono innanzitutto perché mancano l'elettricità, il cibo, tutte le piccole gioie della civiltà. A volte mi dico che se l'elettricità tornasse non saprei cosa farmene: la televisione non ha nulla da dirmi, la luce non serve più a nulla e non c'è nulla da cucinare. Dopo tutto, quello che addolora la gente di Sarajevo è morire in quanto uomini, continuando a respirare, a camminare e a sentire. Questa vita che non è più tale, come un corpo senza pelle, è quello che Sarajevo e Mostar non perdoneranno mai alla «civiltà europea» e al pubblico seduto nelle arene a contemplare quello che ci succede nella lotta contro le bestie selvagge. Se sapessimo odiare, sarebbe più facile. Sembra che l'odio aiuti chi riesce a provarlo. Non ci resta che la sofferenza e un bisogno incontenibile di sperare. Forse perché questa speranza è l'ultimo vestigio dell'umanità nascosto in fondo a noi, che nessuno può toglierci. umana, da bestie feroci cui il mondo ha concesso di appartenere al genere umano; rimarrà la consapevolezza del vuoto in cui risuona il silenzio del «gran mondo» che non ha battuto ciglio nemmeno davanti alle rovine del Ponte. I mostri che hanno distrutto questo ponte hanno ottenuto la cosa più importante per loro: non sopportando la compagnia degli uomini, fuggendo l'umanità come il diavolo la croce, si sono difesi distruggendo ciò che la civiltà ha sempre considerato la cosa fondamentale: hanno distrutto il ponte. Dopo i fatti di Sarajevo di martedì e dei cinque giorni dell'assedio, dopo Mostar senza il Ponte, non saremo più gli stessi né noi che siamo nati e che siamo cresciuti là, né chi ci è andato solo una volta, quelli che hanno conosciuto l'odore dei fichi vicino al Ponte. Il modo che ha Sarajevo di seppellire i bambini è tragico. II fatto che ci si distrugga il passato e la storia in questo modo, è una verità incredibile. La cosa più tragica di tutte, nel frattempo, è il sapere che tutto è stato autorizzato, che la «civiltà europea» os¬ serva in silenzio, credendo stupidamente che questo accada a qualcun altro, lontano da lei. Quello che è tragico, infine, è di vedere quanto la nostra concezione dell'umanità, della giustizia, dell'ordine, sia sbagliata, falsa. Ciò che fa male, è sapere che eravamo sempliciotti e stupidi ed è per questo che siamo perduti. Non abbiamo perso solo la guerra. Abbiamo perso il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro, e l'avvenire dei nostri figli, la loro identità e la nostra. Quelli che ci hanno battuti - e che hanno beneficiato di aiuti hanno anche diretto il corso della storia qualche secolo fa. Ma è un'altra storia... Quello che cerco di dire qui, può darsi sia una cosa ancora peggiore: noi non crediamo più in nulla e nessuno. Ormai pensiamo che nessuna istanza esterna abbia il diritto di governare i tristi brandelli della nostra vita, e ci lamentiamo di non essere degli eroi. Ricordatevi: non abbiamo mai preteso di essere eroi, ma solo individui come gli altri, che cercano di salvare quello che è sempre esistito in loro e tra di loro, le relazioni, la rettitu¬ dine, la dignità, la semplicità. In questa battaglia non abbiamo abbandonato nessuno, nemmeno quelli che credevano in noi e noi stessi. Se c'è abbandono, è il mondo intero che ci ha «sganciati», in nessun caso il contrario. E' quello che desiderava la grande politica, concepita Dio sa in nome di quali interessi, in nome della Nazione, dello Stato etnicamente puro, del delirio collettivista, della criminalità. Siamo rimasti soli, laggiù, con i nostri sforzi disperati per conservare la testa sulle spalle. Ora, è terribilmente difficile mantenere la testa sulle spalle e rimanere anche soli, soli come può esserlo la povera gente durante la guerra. Perseguitati da individui che usano la forza bruta, disprezzati da coloro che hanno calpestato, dall'oggi al domani, tutte le loro facoltà e la loro umanità, abbandonati dalla gente e dalla nazione, messi da parte dall'isteria collettivista, noi probabilmente non rappresentiamo più l'eroismo così necessario alla «macchina» degli osservatori stranieri. La morte a Sarajevo è qualche cosa di spaventoso. C'è di peggio che la morte fisica: LETTERA DA SARAJEVO alla civiltà mondiale. Quando ho saputo che il vecchio ponte di Mostar era stato distrutto - sono stato assalito da un dolore terribile e lancinante - non sono riuscito a togliermi dalla mente la vecchia battuta degli abitanti di questa città, quando dicevano che un giorno avrebbero costruito un nuovo ponte, ancora più vecchio. Che ironia della sorte! Senza alcun dubbio, costruiranno lo stesso ponte vecchio, perché non era fatto di pietre caduche. Ciò che gli dava corpo è sapere che è là, che è bello come una divinità, che è incancellabile e insostituibile nella notra coscienza; come la Cappella Sistina, come la Torre di Pisa, come le piramidi egiziane. Nondimeno resterà una rovina irreparabile per tutti, alla quale nessuno potrà sfuggire. E resterà anche la consapevolezza che il nostro pianeta è percorso da mostri che hanno assunto una forma Zlatko Dizdarevic

Persone citate: Parisi, Torre Di Pisa, Zlatko Dizdarevic