La dc al pds magliari alleati della Lega di Augusto Minzolini

La de al pds: magliari, alleati della Lega La de al pds: magliari, alleati della Lega Andreatta: vogliono la democrazia delle mutande D'Alema e lo stesso Salvi e dai capigruppo leghisti, Maroni e Speroni. Un'«intesa» riuscita, ma che è stata guardata da entrambi i contraenti fino all'ultimo momento con un certo sospetto: «Io - racconta Speroni - ho dato ai miei libertà di voto perché ho temuto che il pds facesse qualche scherzo. In questo modo avremmo potuto cambiare atteggiamento. Poi ho guardato il tabellone elettronico e ho capito le cose erano andate per il verso giusto». " «Trappola» contro «trappola», «inganno» contro «inganno». Ormai anche le ultime scaramucce, almeno quelle lecite, si stanno esaurendo. D'ora in avanti, questa commedia degli «intrighi», come potrebbe essere ribattezzata la battaglia sulla data delle elezioni, rischia di vedere in scena anche i colpi più bassi. Questo perché, almeno sul piano delle tattiche parlamentari, lo scontro è finito ieri, con quel voto al Senato. Certo adesso ci sarà una lunga scia di polemiche: il ministro degli Esteri Beniamino Andreatta ha già accusato il pds «di volere una democrazia delle mutande» e il missino Tremaglia, appoggiato da una gran fetta dei de, ha chiesto un incontro al Capo dello Stato per spiegargli che la bocciatura della legge crea un «vulnus» nella nuova legge elettorale e che, a questo punto, bisognerà andare alle elezioni con la vecchia legge «proporzionale». Si tratta, però, di strascichi di un fatto compiuto. E quest'epilogo probabilmente era dato per scontato da molti, se è vero che ieri al Quirinale, un'ora prima che il Senato bocciasse la legge sul voto agli italiani all'estero, Scalfaro aveva già fatto capire ai messaggeri della Rete, Orlando e Novelli, la sua tabella di marcia per andare al voto: scioglimento delle Camere il 7 gennaio ed elezioni nella prima settimana di marzo o, addirittura, nell'ultima domenica di febbraio. no nel partito del «non voto» a gesti inconsulti. Ieri, infatti, malgrado il voto del Senato, non sono mancati i segnali di una nuova «resistenza» contro le elezioni. I senatori socialisti hanno approvato un documento che chiede di fissare la data delle urne nel prossimo autunno. Un'iniziativa che gli altri, il partito delle elezioni, ha subito ribattezzato come la «ribellione dei tacchini contro il Natale». «Io non Un calendario che il Capo dello Stato ha rivelato la mattina ai «retini», ma che ha celato con cura al pomeriggio alla delegazione del suo partito, guidata dal presidente dei deputati de Bianco, che ha ricevuto al Quirinale. Già, il Presidente ha visto bene di star zitto. In quest'atmosfera avvelenata può succedere di tutto. E la «disperazione» potrebbe spingere qualcuno dei tanti che milita¬ c'ero alla riunione - si è subito distinto il presidente del psi, Gino Giugni - ma se ero presente non avrei certo votato il documento dei "tacchini"». Nella de, invece, l'insofferenza nei confronti di Scalfaro è tornata ad affiorare. Sono tornati a parlare i vari Zoso, Bernini, Ladu. «Con il voto di oggi - ha detto quest'ultimo - non cambia mente. Per sciogliere il Parlamento Scalfaro deve verificare che non c'è la possibilità di dar vita ad una maggioranza. Questo prevede la Costituzione e la Costituzione vale per l'ultimo pastore sardo come per Scalfaro. Se il Presidente pensa di sciogliere e basta compiere un atto anticostituzionale». «Certo che deve provarci - gli ha fatto eco Graziami -: non può sciogliere se non fa almeno un tentativo di dare al Paese un altro governo, perché nessuno può immaginare di delegittimare questo Parlamento». Discorsi che nell'altro ramo del Parlamento, alla Camera, addirittura diventano più violenti. Qui nessuno frena la lingua. L'altro giorno Umberto Bossi, per reclamare le elezioni, davanti alla buvette di Montecitorio, prima di mangiare un panino con la frittata, ha trovato il tempo di lanciare l'idea di «un governo provvisorio» del Nord. Ieri, invece, sono andati in scena quelli del partito anti-voto. E, ovviamente, l'argomento più usato sono state le accuse degli ex agenti del Sisde contro Scalfaro. E' saltata di nuovo fuori la «voce» che ci sono in giro le bobine registrate di una riunione del dicembre dello scorso anno in cui alcuni esponenti di governo decisero di mettere a tacere la vicenda dei «fondi neri del Sisde». «C'è gente tra i socialisti e i de - diceva Gianni Cervetti - che è sicura dell'esistenza di queste bobine, che ne parla come se ne avesse già ascoltato il contenuto». E di fronte a questi rischi incalcolabili c'è stato chi, ancora ieri, ha suggerito una via d'uscita: «In Parlamento - ha spiegato per l'ennesima volta il de Clemente Mastella il problema non è tanto la data del voto. Qui dentro vogliono un'altra cosa, vogliono che prima delle elezioni le Camere trovino una «soluzione politica» per Tangentopoli. Altrimenti c'è gente che da Montecitorio rischia di finire direttamente in galera». Augusto Minzolini