Ilva cala la scure della Cee

Oggi le decisioni di Bruxelles, ieri lo sciopero generale Oggi le decisioni di Bruxelles, ieri lo sciopero generale Uva, cala la scure della Cee Savona: il nostro piano andrà avanti anche senza raccordo della Comunità ROMA. Giorni cmciali per l'Uva. Oggi a Bruxelles la commissione europea dovrà esprimere il suo voto sul piano di ristrutturazione del gruppo siderurgico pubblico italiano; l'ultima parola spetterà poi al Consiglio dei ministri Cee convocato per il 18 novembre. Ieri, intanto, i 14 mila addetti dell'Uva hanno aderito allo sciopero di otto ore proclamato da Fiom, Firn e Uilm per «modificare il piano di riorganizzazione presentato dall'azienda siderurgica all'In» e per ottenere un tavolo di confronto presso la presidenza del Consiglio sul riassetto del gruppo. La decisione della Cee è stata sostanzialmente anticipata ieri, in una telefonata riservata, dal vicepresidente della commissione Cee Karel Van Miert al ministro dell'Industria Paolo Savona. «Il vicepresidente Van Miert - si legge in una nota del ministero - ha illustrato i termini della proposta che la Commissione varerà oggi». Il ministro, da parte sua, «ha ribadito - spiega la nota - il punto di vista italiano riguardo alle questioni insolute cioè il taglio di capacità per l'impianto di Taranto, l'ammontare degli oneri finanziari a carico delle società di nuova costituzione e la posizione sull'impianto di Bagnoli». Ma cosa deciderà oggi la commissione Cee? In mancanza di anticipazioni ufficiali, le indiscrezioni di Bruxelles dicono che la proposta valuta la chiusura definitiva di Bagnoli per non più di 300.000 tonnellate. Vale a dire il minimo, contro il massimo chiesto da parte italiana ( 1 milione e 200.000 tonnellate). Di qui la necessità di chiudere altri 3 forni di riscaldo che, in termini di capacità di produzione valgono rispettivamente 700.000, 500.000 e ancora 500.000 tonnellate. Secondo una prima valutazione degli esperti indipendenti consultati dal Consiglio, l'efficienza finanziaria dello stabilimento Uva di Taranto sarà garantita solo se si chiuderanno al massimo 2 forni di riscaldo. Ma non finisce qui. Da parte italiana si era valutato come corrispondente alla media comunitaria un indebitamento pari al 2,5% del fatturato. La proposta di Bruxelles impone il 3,5 per Taranto ed il 3,2 per Terni. Le notizie per l'Italia saranno, dunque, molto negative. Ma il ministro Savona, parlando ieri alla Camera in un'audizione sui problemi della siderurgia ha detto che «il piano di riorganizzazione della caposettore siderurgica dell'Iri par¬ tira, anche se non si dovesse raggiungere un accordo con la Cee. Se ci verranno richiesti tagli produttivi che compromettano l'economicità dello stabilimento di Taranto, pur di difendere la siderurgia italiana siamo disponibili a ricorrere alla Corte di giustizia». Savona ha confermato le stime sul risultato del 1993 dell'Uva che presenterà a fine anno perdite per circa 2000 miliardi e un indebitamento di 7500 miliardi dopo aver effettuato alcune operazioni di dismissione. Quanto alle voci di un interesse per l'Uva da parte di importanti gruppi stranieri (Nippon Steel, Usinor Sacilor, ecc), Savona ha detto che «in corsa per la privatizzazione dell'Uva ci sono 3 primari imprenditori siderurgici itabani che hanno già inviato all'In le relative lettere di intenti. Per i settori strategici del Paese è preferibile mantenere in Italia i centri decisionab. Queste le intenzioni del governo», [a. vig.] li ministro dell'Industria Paolo Savona

Persone citate: Karel Van Miert, Paolo Savona, Van Miert