La Lega rivoluzione europea di fine secolo di Enrico Benedetto

La Lega, rivoluzione europea di fine secolo La Lega, rivoluzione europea di fine secolo Bossi come Robespierre e Di Pietro come Saint-Just, ma attenti al Tenore ne «una commedia dell'arte». Nella mascherata generale, le leghe incarnerebbero allora «il vecchio populismo europeo», mentre Di Pietro si ritrova a «recitare il gendarme». Ebbene no, insorge il futurologo, che ben conosce il nostro Paese e la sua classe politico finanziaria (per anni fu il braccio destro oltralpe di Carlo De Benedetti). La Lega Nord è semmai «la prefigurazione di un estremismo occidentale dal volto umano». E domenica sera su «Tfl», nel seguitissimo talk-show Sept sur Sept rincarava la dose con un parallelo tra il ruolo profetico, anticipatorio del fascismo sui tragici sviluppi che dovevano infiammare l'Europa vent'anni più tardi e il Bossi-pensiero. A suo Alain Mine. Nel suo libro una lunga analisi dei fatti italiani neva attraverso il Sacro Romano Impero) a sprofondare l'ex casa comune europea in una litigiosa, cruenta diaspora. Ma anche oggi, un millennio dopo, l'Italia parrebbe giocare un ruolo-chiave. Alain Mine se la piglia con la cecità degli osservatori europei. «I loro pregiudizi verso Roma» sono così profondi - osserva - che malgrado gli sviluppi drammatici sembrano ritenere la situazio¬ analizza gli scricchiolii, le nuove feudalità, i micro-scontri. Ne viene fuori - come scrive su Le Monde un recensore eccezionale, Jacques Delors - una sorta di «mondo apolare»: senza più fari (e nemici doc) l'Occidente languirebbe ormai nelle tenebre che l'Europa conobbe lungo i «secoli bui». All'epoca fu l'eclissi dell'eredità latina (o quello che ne rima¬ giudizio, i putsch russi, le crisi centro-europee, i focolai orientali costituiscono - ex Jugoslavia esclusa - una pallida ombra in rapporto al «formidabile, rivoluzionario terremoto sociologico» che dall'Italia può contagiare le nazioni vicine. Denuncia, non senza motivo, l'autore: «Gli uomini della nomenklatura in carcere a Torino e Milano battono per numero quelli detenuti nelle prigioni ceke o polacche. La giustizia italiana bracca Andreotti e Craxi, mentre gli ex leader comunisti scrivono tranquilli le loro memorie». Insomma una bomba. Malgrado il folklore italico veli occhi e cervello degli opinionisti stranieri, Roma «vive oggi il suo 1792». Un anno appena, quindi, e potrebbe arrivare il Terrore. Chi vedrà protagonista? «Ugo (sic!) Bossi è Robespierre» azzarda Mine. Altri paralleli: «Di Pietro-Saint-Just» (giacobmo sanguinario), «Scalfaro-Condorcet». «La ghigliottina è in funzione, elimina la classe padrona come il Terrore la Nobiltà». «Gardini suicida... gli altri nell'angoscia»: chi poteva immaginarselo qualche mese fa? Indovinarlo era come profetizzare nel 1785 - continua lo scrittore - una Maria Antonietta al patibolo. Roba da visionari. E adesso? Il prolifico Mine (un volume all'anno, puntuale come il Beaujolais nouveau) immagina una tripartizione: Leghe al Settentrione, pds nel Centro e la de «versione clientelare per il Sud». Conseguenza, l'invisibile frontiera «che avanza verso il Nord, spostandosi dalla Sicilia a Napoli e Roma, sta ormai per raggiungere Firenze. Sarebbe l'implosione nazionale, suscettibile «di fare emuli altrove». Altra ipotesi: la Lega giunge al potere, abbandona l'irredentismo e serve la causa unitaria e modernizzatrice. Utopia? No, «anche una Camera del Front Populaire intronizzò Fétain nel '40 e le Cortes franchiste accompagnarono il passaggio verso la democrazia». Oppure - ultima eventualità -, previa una epurazione in extremis, i partiti salvano il loro potere. Mine, tuttavia, non sembra augurarselo oltremisura. Enrico Benedetto