Il tesoro nato nella culla del mondo di Sabatino Moscati

Rapinato dai briganti, salvato da un ufficiale A Palazzo Venezia gioielli e sculture dissepolti sulle sponde dell'Oxus nell'Asia centrale Il tesoro nato nella culla del mondo Rapinato dai briganti, salvato da un ufficiale I n| ROMA Il ROVENGONO dalla «culla del mondo», dove l'Asia e l'Europa si avvicinano in I M I un groviglio inestricabile e affascinante di culture, le preziose opere d'arte esposte nella mostra «Oxus: tesori dell'Asia centrale» aperta al pubblico a Palazzo Venezia fino al 10 gennaio. L'arco temporale è imponente: dal quarto millennio a. C., quando l'Italia era ancora avvolta nelle nebbie della preistoria, al XIII Secolo dell'era cristiana, quando da noi tramontava un Medioevo che quelle terre non avevano mai conosciuto. Oxus è il nome antico di un grande fiume, che oggi si chiama Amu Daria e che in qualche modo costituisce il raccordo tra le regioni diverse a cui si riferisce la mostra, scorrendo tra il Tagikistan e l'Afghanistan per andare a gettarsi nel lago di Arai: è coinvolta tutta l'area sudoccidentale dell'ex Unione Sovietica; e insieme le civiltà della Persia e del Vicino Oriente vi convergono in feconda simbiosi. Da ciò i «tesori», cioè i complessi di gioielli e di varie opere preziose fortunatamente recuperati, che ri¬ flettono la ricchezza, il lusso e l'ambizione degli antichi governanti. La riscoperta di quei complessi comincia nell'epoca avventurosa dei pionieri dell'archeologia. Significativa sopra ogni altra è la vicenda del «tesoro» detto appunto dell'Oxus, costituito da straordinari oggetti in oro e in argento: bracciali, spille, figurine, ornamenti lavorati a sbalzo. Era stato sepolto presso le rive del grande fiume, in una località del Tagikistan meridionale: scoperto per caso da alcuni contadini nel 1887, venduto a mercanti di passaggio poi rapinati da briganti, fu infine recuperato da un ufficiale inglese e assicurato al British Museum di Londra. L'archeologia scientifica era invece già in atto decenni dopo, nel 1946, quando gli archeologi sovietici riportarono in luce a Pendishkent quella che non a torto fu chiamata la «Pompei del Tagikistan»: una città sepolta in splendido stato di conservazione, con strade e piazze, edifici civili e templi. A Pendishkent furono scoperte magnifiche pitture parietali, raffiguranti scene della vita quotidiana con immagini armoniose e vivide, dai colori ancora brillanti. Ed ecco, nel 1973, la scoperta all'estremo Sud del Tagikistan, nella località di Tachti Sangin; di un grande tempio, forse dedicato all'Oxus elevato al rango di divinità, con statuette, teste, figurine umane e animali, gruppi scultorei chiaramente ispirati alla mitologia greca: è il segno della conquista di Alessandro Magno e della penetrazione culturale della grecità, confermata del resto inequivocabilmente dalle monete. La mostra espone circa cento¬ cinquanta reperti, provenienti dall'Ermitage di San Pietroburgo e dal British Museum di Londra, integrati da opere d'arte in possesso del Museo d'Arte Orientale di Roma e dall'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente. Guardando nell'insieme i reperti, sorge naturalmente il quesito: come nacque quest'arte raffinatissima in un mondo che si può definire, quanto a forme di vita, barbarico? La risposta si ha, a nostro avviso, quando si osserva che è in quest'area il punto di incontro tra i nomadi delle steppe asiatiche, ricchi di metalli preziosi ma privi della capacità di lavorarli, e i sedentari dell'Oriente europeo, dove era possibile impiantare officine per la lavorazione e dove si formavano, con il passare del tempo, raffinate tradizioni in tal senso. La conferma di tale interpretazione sta nel concentrarsi delle scoperte nell'epoca delle colonie greche e bizantine, ricche di tradizioni artistiche e capaci di valorizzare appieno le inesauribili risorse del mondo delle steppe. Sabatino Moscati Fibula del l-ll secolo d. C.

Persone citate: Alessandro Magno