Forza Italia stai peggio di Roberto Faenza

Forza Italia, stai peggio 15 anni dopo. Dissepolto da Rai3 il film che scatenò l'ira dei potenti Forza Italia, stai peggio Così la realtà ha superato la cinesatira AROMA VEVO sempre pensato che il giorno in cui la Rai avesse passato Forza Ita ìlia, avrebbe voluto dire che qualcosa era davvero cambiato. Adesso però non so...», dice il regista Roberto Faenza. «Noi l'avevamo pensato come un film satirico non contro la democrazia cristiana ma contro un sistema di potere degenerato che presentava uomini nuovi nel persistere di uomini vecchi. Una sua attualità ce l'ha anche troppo: quel modo di essere italiano non è estinto, temo anzi che stia tornando alla luce...». Forza Italia uscì nel 1978: «Alla prima rete televisiva della Rai venne imposto il divieto di parlarne - ricorda Faenza -, tanto è vero che Maurizio Costanzo, dopo avermi invitato a partecipare alla sua trasmissione Bontà loro, era stato costretto a chiedermi di lasciar perdere, di restare a casa». Quindici anni dopo Forza Italia è andato in onda ieri pomeriggio su RaiTre, nell'ambito d'una serie di film, un «viaggio alla scoperta dei mutamenti nel nostro Paese», sottotitoli «Non solo film» e «Italiani brava gente». Con grandi cautele: l'ideatore-conduttore Giancarlo Santalmassi (in cravatta tricolore) ha definito il film «molto aspro», ha convocato a dibattito insieme con il regista diversi leader o ex leader democristiani, ha fatto all'autore domande sulle manipolazioni presenti nel film, ha invitato i telespettatori a dire o telefonare la propria opinione, ha anche ricordato che Aldo Moro citò il film nei suoi scritti ritrovati così tardivamente in via Montenevoso, «a chi abbia visto Forza Italia fa impressione il linguaggio e i modi usati al Congresso verso Zaccagnini...». Moro venne rapito, e gli uomini della sua scorta vennero uccisi, dalle Brigate Rosse, la mattina del 16 marzo 1978. Racconta Roberto Faenza: «Forza Italia era programmato in quindici città. Quella sera, in tutte e quindici le città, allo stesso spettacolo delle 20,30, in tutti i cinema fu tolto dalla circolazione». Non era stato sospeso ogni spettacolo, in segno di lutto? «Ma no. Fu Forza Italia a scomparire. Non abbiamo mai saputo perché: può essere stato un caso di autocensura, gli esercenti possono aver sentito il film come inopportuno, dato il momento; oppure può esserci stato un intervento prefettizio. Nel tempo, abbiamo domandato e ridomandato mille volte. Nessuno ci ha mai dato una risposta ufficiale». Nei sessanta giorni in cui era rimasto nei cinema, il film aveva avuto un successo insperato: 250 mila spettatori, cinquanta milioni d'incasso soltanto nei primi otto giorni, un pubblico partecipe, plaudente, irridente. «Eppure, per sessanta giorni era stato oggetto d'una vera campagna di odio, condotta soprattutto dal quotidiano e dal settimanale della democrazia cristiana, Il Popolo, La Discussione. Ogni giorno aggressioni inaudite, attacchi a noi, attacchi ai giovani demo- cristiani che vedevano il film come un'occasione di riflessione e dibattito interni, attacchi a Alberto Moravia insolentito come vecchio rimbambito perché aveva apprezzato il film. Anche l'Unità, del resto, aveva pubblicato, nelle sue edizioni milanese e romana, giudizi critici contrastanti, uno favorevole, l'altro no: pure all'opposizione di sinistra spiaceva la nostra satira popolaresca, giullaresca, irrispettosa, non istituzionale». Di Forza Italia si discuteva animosamente: è qualunquista, è popolare, è una barzelletta, è manipolazione e mistificazione, è più vero del vero, fa ridere, fa venire l'angoscia, con lo stesso metodo si potrebbe ridicolizzare chiunque, è superficiale, è antropologico, è razzista... Maurizio Costanzo, allora direttore della Domenica del Corriere, promosse in una sala di Roma un dibattito tumultuoso, quasi epico, con la partecipazione anche di alcuni democristiani presenti ieri pomeriggio alla discussione televisiva: Guido Bodrato, Guglielmo Zucconi, e poi Adolfo Sarti, Bartolo Ciccardmi, Rolando Picchioni, Corrado Beici allora direttore del Popolo. Dopo quei sessanta giorni, dopo il sequestro e l'uccisione del presidente democristiano, silenzio per quindici anni: «Moro è stato l'ultimo a parlare di Forza Italia - dice il regista -. Abbiamo tentato più tardi di far uscire di nuovo il film nei cinema: nulla, non ci siamo riusciti. Pareva gravato da una maledizione». Magari quella maledizione era davvero la satira. Diretto da Roberto Faenza con l'aiuto di Marco Tullio Giordana, montato da Silvano Agosti, prodotto da una cooperativa presieduta da Luca Magnani (il figlio di Anna Magnani che allora si chiamava ancora Luca Alessandrini), sceneggiato dai giornalisti Antonio Padellaro e Carlo Rossella, musicato da Ennio Morricone, realizzato con il montaggio di cinegiornali d'attualità, telegiornali e altro materiale televisivo acquistato dalla Rai o ricomprato da tv straniere, Forza Italia ripercorre il cammino del gruppo dirigente democristiano dal 1947 al 1977 senza una parola di commento. A par¬ lare sono i leader, con la loro voce e i loro discorsi autentici, mentre ad alcuni comprimari vengono attribuite brevi battute in ironico montaggio e non mancano le contrapposizioni o gli accostamenti sardonici: fu il primo film italiano di satira politica della realtà e al presente, costruito con tecniche adoperate sino allora soltanto per opere di montaggio dedicate al passato remoto, storia d'una egemonia governativa e insieme ritratto d'una Italia dimenticata che non suscitano alcuna nostalgia. Tra le prime scene, una è straordinaria. Gennaio 1947, Washington. De Gasperi è arrivato in America a chiedere aiuti per l'Italia affamata del dopoguerra, e li ha ottenuti: l'assegno simbolico e cerimoniale gli viene consegnato davanti a decine di cineoperatori e fotoreporter. De Gasperi si muove a disagio, col suo doppiopetto troppo largo e il cappotto giolittiano, la sua ruvidezza sbrigativa, la mancanza di disinvoltura d'una generazione politica che aveva paura dell'aereo, non aveva an¬ cora imparato a non portare il cappello e provava vergogna dei media. Specialmente in questo caso: gli danno l'assegno; cerca di metterlo via in fretta; lo richiamano alle esigenze della propaganda americana e dei fotografi; obbedendo senza sorriso, con la faccia umiliata e coraggiosa del martirio, esibisce l'assegno al lampo dei flash; lo passa finalmente a un diplomatico che gli sta a fianco e quello lo intasca svelto, furtivo. E poi padre Lombardi, detto «il microfono di Dio», che ripete in comizio gli slogan del 1948, «Dio ti vede, Stalin no»: al trionfo elettorale democristiano il cupolone di San Pietro s'illumina tutto, scoppiano fuochi artificiali. Rumor visita la diga del Vajont lodando «l'opera che onora il lavoro italiano e l'alto livello della nostra ingegneria», mentre dopo il tragico crollo parla di cieca forza della Natura, di fatalità. Il sagrato del duomo di Milano bagnato di nebbia ai funerali delle vittime di piazza Fontana, Rumor che dice alla tv: «Si tenta di intimidire lo Stato democratico, è un calcolo infame e sbagliato, nulla sarà lasciato intentato per perseguire i responsabili», tuttora sconosciuti. «Va bene, va bene, la lira tiene», cantilena Emilio Colombo; tumulti chiassosi agitano il Congresso democristiano, la passerella degli «uomini nuovi della de» è al rallentatore. Alla televisione, ieri pomeriggio, il dibattito è stato in parte buonovolonteroso, in parte deviante, in parte ipocrita, in parte identico a quello di quindici anni fa: ma, rivedendo Forza Italia, soprattutto si scopre quanto il film fosse fiducioso e ottimista, come il sistema di potere si sia rivelato infinitamente più marcio, più brutto, più corrotto, più degradato di quanto il sarcasmo e la polemica del cinema riuscisse a immaginare. Lietta Tornabuoni | Il regista Faenza: «Quel modo di essere non è estinto, ora torna alla luce» / volti e le voci della da attaccato da tutti, sparì dalle sale. L'ultimo a parlarne fu Moro prigioniero | Sopra: Mariano Rumor. Qui accanto: Amintore Fanfani e Aldo Moro. Nella foto a destra: Alcide De Gasperi I funerali delle vittime di piazza Fontana Sopra: Roberto Faenza A sinistra: Luca Magnani

Luoghi citati: America, Italia, Roma, Vajont, Washington