Budapest processa il'56 di Tito Sansa

Il premier di allora: «Ho sbagliato ma non sono un mostro» Il premier di allora: «Ho sbagliato ma non sono un mostro» Budapest processa il '56 Una Norimberga per i criminali rossi LA STORIA m TRIBUNALE BUDAPEST NOSTRO SERVIZIO L'Ungheria processerà per «crimini di guerra» e «crimini contro l'umanità» quei comunisti che nell'autunno del 1956 aiutarono l'Armata rossa sovietica a schiacciare la sollevazione del popolo magiaro. Trentasette anni dopo quelle sanguinose giornate, cadute nell'oblio dei più, si riaprirà dunque una delle pagine più traumatiche della storia ungherese. Decine, centinaia di persone ormai anziane accusate di stragi e di torture verranno dunque portate nei prossimi mesi sui banchi degli imputati. L'incriminazione dei responsabili è stata resa possibile da una decisione della Corte costituzionale che ha definito «guerra» gli avvenimenti di allora, per cui i reati commessi ricadono sotto la Convenzione di Ginevra e pertanto non cadono in prescrizione come i reati comuni. Il Parlamento ha poi votato la legge che è entrata in vigore sabato 30 ottobre. Già molti mesi fa, in previsione dell'approvazione della legge, la magistratura si era messa in movimento, decine di persone erano state interrogate. Un'apposita commissione del ministero della Giustizia, in gran parte composta da membri del partito di maggioranza «Foro democratico ungherese» (MDF) e presieduta da Frigyes Kahler, aveva fatto accurate ricerche negli archivi per tiovare nomi di responsabili degli eccidi. Ricordiamo brevemente quanto accadde trentasette anni fa. Il 23 ottobre, dopo una dimostra- zione di studenti a Budapest, che chiedono riforme al governo del giovane primo ministro Andras Hegedus (35 anni), la polizia di sicurezza spara sulla folla. La capitale insorge, si spara un po' ovunque, decine sono le vittime dinanzi al palazzo della radio e davanti al Parlamento, dove la polizia, appostata nel ministero dell'Agricoltura, fa un'ecatombe. Come una fiammata l'insurrezione si espande in tutto il Paese, a Mosonmagyarovar, vicino al confine con l'Austria, più di cento persone vengono falciate a morte dalle guardie di frontiera. Poi l'esercito si affratella con gli insorti, per un momento la rivoluzione sembra aver vinto. Viene formato un governo presieduto da Imre Nagy che negozia il ritiro delle truppe sovietiche, annuncia la fine del partito unico, l'uscita dal Patto di Varsavia e la neutralità dell'Ungheria. Ma il 4 novembre l'Armata rossa manda nuovi reparti corazzati che in poco tempo stroncano la rivolta. Più di duemila i morti di quei giorni (altre 660 persone furono più tardi giustiziate e 16 mila deportate o incarcerate). Tra le vittime lo stesso Imre Nagy, processato a porte chiuse nel giugno del 1958, condannato a morte e impiccate Tra i primi personaggi messi alla gogna da alcuni giornali ancor prima che comincino le istruttorie contro i presunti colpevoli sono il ministro degli Interni dell'epoca Bela Biszku (che vive nascosto a Budapest), il cosiddetto «boia di Mosonmagyarovar» Istvan Dudas e alcune diecine di altri ex membri della <Ahv», la famigerata polizia segreta comunista. L'unico nome di rilievo che viene fatto dai giornali è quello di Andras Hegedus, che fu capo del governo ungherese fino alla sera di quel tragico 23 ottobre, quando, dopo le prime stragi, si dimise. Lo incolpano di avere chiesto l'intervento dell'Armata rossa per soffocare l'insurrezione. Una lettera con la sua firma inviata il 28 ottobre (quando non era più capo del governo) al Consiglio dei ministri a Mosca lo documenta inequivocabilmente. E Andras Hegedus non lo nega. «Chi ha violato la Convenzione di Ginevra deve venire punito dice Hegedus, che a 72 anni scrive libri di storia e insegna senza problemi Sociologia in un'università privata di Miskolc -. Ma io non rientro nei quattro casi contemplati da Ginevra (assassinio, strage o genocidio; tortura; maltrat¬ tamenti a prigionieri di guerra; appropriazione di beni dei detenuti). Io ho soltanto apposto la mia firma a un documento che mi è stato imposi.o dall'ambasciatore sovietico Andropov (il futuro segretario del pcus)». Ma perché ha firmato la richiesta di intervento dell'Armata rossa? domando «Era il 28 ottobre ricorda Hegedus -, da quattro giorni mi ero dimesso. Andropov voleva assolutamente la firma di Nagy, il nuovo primo ministro, lo rincorreva por i corridoi della Casa Bianca (la sede centrale del partito comunista). Ma Nagy, che pensava al futuro dell'Ungheria, non voleva comprometterlo, si rifiutava. Io allora, per sollevare Nagy e per fermare il bagno di sangue, perché ritenevo che la presenza dell'Armata rossa potesse servire allo scopo, come la presenza di una flotta in un porto, ho messo la mia firma. La lettera era retrodatata a) 24 ottobre, quando ho firmato l'Armata rossa era presente, quel 28 ottobre non ho fatto che prendere atto di quanto già avvenuto. E' stato un errore colossale, del quale mi pento, l'intervento dei russi è stato come gettare olio sul fuoco». «Ho sbagliato, sono politicamente responsabile - conclude Hegedus -, ma non sono un criminiale di guerra. Non ho chiamato i sovietici, ho soltanto legittimato a posteriori la loro presenza. Non ho paura del processo, e del resto penso che in tutta l'Ungheria non si troverà un solo giudice disposto a giudicarmi». Tito Sansa Imre Nagy