«Sei monologhi», moderni e moderati

«Sei monologhi», moderni e moderati All'Auditorium per la Stagione Sinfonica della Rai il lavoro di Martin «Sei monologhi», moderni e moderati La «Leggenda di Ognuno» con Andreas Schmidt TORINO. Nel programma diretto da Lcopold Hager per la Stagione sinfonica della Rai spiccavano i «Sei monologhi da Jedermann» di Frank Martin, uno dei lavori più riusciti di questo moderno «moderato» che, come altri compositori di valore (Boris Blacher ad esempio), nei decenni passati sono stati emarginati dai programmi proprio per la loro moderazione rispetto all'avanguardia professionale; la «Piccola Sinfonia Concertante», l'opera sulla «Tempesta» di Shakespeare, ma sopra tutto «Le vin herbe» («Il vino drogato», sul Tristano e Isotta riscritto dn Joseph Bédier) sono lavori che sarebbe molto bello rimettere in circolazione anche da noi. Ma intanto il pubblico dell'Auditorium si è goduto la sestina sulla celebre «Leggenda di Ognuno» di Hofmannstahl (anche in virtù della bella traduzione di Sergio Sablich allegata al programma di sala): un'opera che illustra alla perfezione la situazione del gine¬ vrino Frank Martin in equilibrio fra la tradizione francese e quella tedesca; partito da Franck e Debussy, qui, intorno al 1940, è immerso nell'espressionismo viennese senza esserne succubo, perché la sua personalità (era figlio di un pastore calvinista) si fa strada in tutti i toni angosciosi con una penetrante precisione; neppure una parola viene ripetuta, il testo procede spedito come in un esercizio spirituale, ma una magistrale scrittura sinfonica ne varia continuamente il registro, sospingendolo in una regione misteriosa dove la presenza della morte diventa ossessiva. Non si poteva desiderare di meglio dalla voce del giovane ma già illustre baritono Andreas Schmidt per impadronirci del pezzo a grandezza naturale: varietà di toni, tecnica ammirevole, vigore espressivo da sacra rappresentazione; il tutto in un tessuto orchestrale regolato sulle minime sfumature da Leopold Hager. Il quale ha poi guidato l'orchestra torinese in una limpida esecuzione della prima «Serenata» di Brahms: un'opera che i torinesi, dopo averla ignorata per decenni, quest'autunno hanno potuto sentire due volte in pochi mesi dopo l'inaugurazione di Settembre Musica. Hager ne ha colto bene la doppia natura, il settecentismo magistrale e l'affettuosità romantica per un mondo di memorie; musica che si assapora, che si muove in un paesaggio di cose belle senza quell'ansia di concentrazione che sarà propria del Brahms posteriore. Molto interessanti, in apertura, le musiche di Gluck per il ballettopantomima «Semiramis», ignote ai più; a parte la limitazione, già notata altre volte, che sempre presentano in concerto musiche costruite sul gesto, si poteva rilevare la precisa serie di «caratteri» musicali allestita da Gluck, la solennità, la grazia decorativa, il pathos, tutti fissati in brani brevi ed esatti come gruppi statuari. |g. p.)

Luoghi citati: Jedermann, Torino