«Vìviamo momenti difficili» di Renato Rizzo

Solidarietà al Presidente Il Capo dello Stato all'Università di Pisa, incoraggia i giovani: abbiate ideali «Vìviamo momenti difficili» Solidarietà al Presidente PISA DAL NOSTRO INVIATO La tensione è evidente e non basta un'ostentata sicurezza ad attenuarla: la prima uscita ufficiale di Oscar Luigi Scalfaro, dopo la tempesta romana, in questa Pisa che lo accoglie con grande solidarietà, si dipana tra l'attenzione di un apparato di sicurezza mai tanto imponente e le professioni di ottimismo del Capo dello Stato che, ancora una volta, assicura di non temere il Nuovo. Il Presidente prende la parola nel Centro congressi in cui l'ateneo pisano festeggia i suoi 650 anni, davanti ad un pubblico selezionato e controllato a vista da agenti in borghese che s'affacciano dalle balconate: «Anche all'epoca di Cintatone e Montanara si aveva paura del nuovo», dice tra gli applausi facendo un parallelo tra ieri e oggi nel ricordo di un episodio delle guerre d'indipendenza durante il quale gli studenti scelsero di combattere con l'esercito piemontese. Viviamo, è vero, «tempi diffi- rili», tempi che dovrebbero collegare senza traumi l'esperienza di ieri e un progetto per il domani. Scalfaro ricorda un apologo di Kafka che, poco prima, è stato citato dal preside di Lettere, Guido Paduano, nella prolusione all'anno accademico. E' la storia di un uomo costretto a lottare con due avversari: il passato che lo incalza alle spalle e il futuro che lo fronteggia bloccandogli il passo. L'uomo-ostaggio decide di liberarsi di entrambi e in questo sforzo è aiutato alternativamente dal Vecchio e dal Nuovo. Non lo ammette apertamente, il Presidente, ma è chiaro che questo personaggio in lotta gli ricorda se stesso: «Il racconto mostra un intreccio incredibile, ma che, di fronte a certe scene di avversari di oggi, mi pare una cosa di delicata semplicità, quasi incantevole ed affascinante». Il Capo dello Stato, chiudendo la cerimonia d'inaugurazione, coglie altri spunti che legano il passato con il presente, la storia con la cronaca di questi giorni bui: «Lei - sostiene rivolgendosi al rettore Gianfranco Elia che ha ripercorso nel suo intervento le vicissitudini dell'ateneo pisano dalla fondazione ad oggi - ha parlato di lotte tra Guelfi e Ghibellini. Devo dire che, nella mia vita, le battaglie tra fazioni non sono una cosa nuova». E, così, non sono novità né «il debito pubblico» («Ne ho già sentito parlare» sorride amaro) né certe «speculazioni finanziarie» («E' una tradizione che, evidentemente, si mantiene»). Eppure, nonostante tutto quest'uomo che è «uno strano incrocio tra magistrato e politico» assicura di guardare con fiducia oltre la siepe di questo periodo fosco: «Sono un ottimista ripetitivo, almeno così mi definiscono certi miei amici». E da ottimista si rivolge agli studenti: «A voi dico che tanto più si superano le difficoltà quanto più si crede e si hanno ideali: servire per il bene della comunità è la cosa più alta a cui si possa essere chiamati». Parla per i giovani che lo ascoltano in sala, Scalfaro, e per sé che, pure a Pisa, ascolta l'eco della bufera romana. Ed ha un moto di orgoglio: «Perché questa democrazia nascesse c'è stato bisogno di una formidabile passione. Io non ho fatto nulla di eroico, se non quel pezzettino del mio dovere da compiere ogni giorno con l'aiuto di Dio». E' un ottimismo ed un orgoglio che ha una unica, piccola incrinatura quando il Presidente osserva con voce più bassa: «Ho 75 anni, non ho più molto spazio, le speranze si riducono». Ma l'attimo di malinconia passa subito, come una civetteria di cui un po' ci si vergogna, travolto dall'applauso della gente. In piedi, come a teatro, il pubblico bissa i battimani con cui, poco prima, aveva sottolineato la solidarietà espressa al Capo dello Stato dal ministro per la Ricerca e l'Università, Colombo. La cerimonia è finita. Chiediamo: Presidente, che cosa ha provato di fronte a questa manifestazione di affetto? «La gente è sempre buona», mormora Scalfaro. Renato Rizzo Il presidente della Repubblica, Scalfaro. Sotto, a sinistra, Umberto Bossi

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