Stregato dal pallone di Gian Paolo Ormezzano

Stregato dal pallone Stregato dal pallone Ricchissimo, anziano, famoso legò la sua felicità ad un gol La vicenda calcistica di Mario Cecchi Gori può essere, per il mondo del pallone, un fiore all'occhiello o uno scalpo da collezione sadica. Coinvolgere rapidissimamente nel calcio un vecchio ricchissimo signore, nel nome di una fiorentinità peraltro in parte piallata dalla nascita bresciana e dalla residenza romana, portarlo ai cosiddetti eccessi del tifo, al legare la felicità al risultato di una partita, è senz'altro una cosa importanta, da inorgoglire: tanto più che può persino essere una cosa bella. E' un possesso totale, che magari risulta gratificante. Ma al tempo stesso è da fare il calcolo del sonno perduto, del denaro buttato, dei nervi scoperti, degli andirivieni spaccacuore fra entusiasmo e desolazione, fra allegria e rabbia, del vedere abbastanza improvvisamente condizionata una vita di lavoro e di successi da un tiro che finisce o no in porta, del sentirsi tatuato e talora scorticato dall'urlo di un tifoso ingordo e cattivo. In tre anni e pochi mesi di Fiorentina (la presidenza dal 21 giugno 1990, praticamente per plebiscito popolare), Mario Cecchi Gori ha davvero ospitato dentro il suo cuore e intanto patito sulla sua pelle il calcio più eccessivo, più smaccato e più contorto, più avvolgente coinvolgente stravolgente. Il tutto spendendo circa 100 miliardi. Ha preso, con il figlio Vittorio vicepresidente e, almeno in teoria, rompighiaccio e poi spazzaneve, la società dai Pontello, che gli avevano appena venduto Roberto Baggio, scatenando la piazza. In tre campionati pochi successi e anche la discesa in B, proprio alla fine di ima stagione che era cominciata con un grande show a Santa Croce, per la presentazione della squadra speranzosissima. E sei allenatori: ha cominciato con Lazaroni, brasiliano, ed ora aveva Ranieri, dopo essere passato per Radice, Agroppi e il duo Antognoni-Chiarugi. E' stato chiamato Marione dai tifosi, come un vecchio caro zio, ma una volta, per sfuggire a questi tifosi, ha dovuto lasciare lo stadio in cellulare. A noi disse, in una telefonata di confessione pesante, che si sentiva stanco, beffato, salassato nei sentimenti, oltre che nel portafogli. Ma si trattava di una sfida, e voleva andare avanti. Fra l'altro credeva nello sport, lo pensava come una specie di religione ancorché il calcio gli avesse rovesciato addosso, in pochissimo tempo, tante empietà. Aveva persino sperato, il Marione, di poter arrivare alla pace fra i suoi tifosi e quelli della Juventus: pagando un prezzo, in mano tesa e Zeffirelli steso. Se n'è andato appena in tempo, pensiamo, per non capire di non aver proprio capito. Sì, crediamo che davvero ospitasse in sé ancora fede nello sport, fiducia nel calcio e nei suoi uomini, voglia di futuro. Poteva aiutarlo la serie B, obbligando all'umiltà anche i tifosi più vogliosi, quelli che gli avevano rifilato i loro sogni anche smodati perché, con i miliardi, li facesse divenire realtà. Pensava che la cura della retrocessione avesse aspetti buoni, provvidi. Non voleva sentirsi cavia degli esperimenti calcistici più feroci. Il figlio Vittorio, legatissimo a lui e intanto impegnato su un fronte sportivo diverso, diciamo meno nobile, più realistico, ha vissuto la crisi della società viola in maniera più sanguigna, e tutto sommato vivificante. Lui, il Marione, è stato più idealista e meno guerriero. Forse ha perso la pazienza una volta sola, quando il calcio gli ha rovesciato voci pesanti che riguardavano il figlio e la nuora: ed ha allora voluto provocare la reazione del figlio che ha aggredito Piero Chiambretti, storia fresca. Era riuscito persino a rimanere un po' filosofo, Mario Cecchi Gori: e parlava di croce calcistica a espiazione di altre fortune nella vita, e rapidamente accettava che i suoi calciatori fossero assimilati ai divi del cinema che ben conosceva, così da non dover faticare a perdonarli di tanti peccati. Pensiamo che, attento agli esiti più che agli intenti, il mondo del calcio, che pure fece festa grande quando conquistò Mario Cecchi Gori, non sappia adesso capire la grandezza della perdita di un riccone puro così. Gian Paolo Ormezzano