«Trasfusioni mesi così sicure»
« PANICO IU OSPEDALI « Trasfusioni mesi così sicure» I medici: quasi inesistenti i rischi E ^il panico. Nei centri m trasfusionali, nelle sale chirurgiche, dovunque qualcuno abbia bisogno di una trasfusione di sangue. Fidarsi? Non fidarsi? Fidarsi, risponde un'autorità come il professor Girolamo Sirchia, direttore del Centro trasfusionale dell'ospedale Maggiore di Milano: «La trasfusione di sangue non è mai stata sicura come oggi. Il rischio zero però non esiste, in nessuna parte del mondo. Perché c'è una "finestra" di qualche mese tra il momento dell'eventuale contagio con il virus dell'Aids e il momento in cui nell'organismo compaiono quegli anticorpi che servono per diagnosticarne la presenza. Allo stato attuale delle conoscenze, questa "finestra" è ineliminabile. Né si può sottoporre il sangue a quei procedimenti "a caldo" di inattivazione dei virus che si usano per gli emoderivati, perché si distruggerebbero anche le cellule sanguigne. Il rischio di infezioni, comunque, è ormai bassissimo». E con una chiara tendenza a scendere ancora di più, perché il sangue proviene ormai quasi esclusivamente dai donatori volontari, che sono gruppi di persone molto selezionate, con una vita regolare e una forte motivazione sociale. La dimostrazione di questo trend al ribasso arriva dallo studio di oltre 1700 talassemici, condotto in 38 ospedali di 13 regioni ita¬ liane in due momenti successivi e coordinato dallo stesso professor Sirchia. «I talassemici sono quella che noi chiamiamo una "popolazione sentinella" perché, avendo bisogno di continue trasfusioni per sopravvivere, sono i primi e i più esposti a eventuali infezioni. Dei 1305 pazienti che fra il 1986 e il 1990 (cioè negli anni successivi all'introduzione del test anti Hiv, ndr) avevano ricevuto circa 200 mila trasfusioni, solo quattro sono diventati sieropositivi. Nei tre anni successivi, cioè dal 1990 al 1992, un solo paziente sui 1440 controllati». Questo miglioramento riguarda anche l'epatite C, perché dal luglio 1990 i dona¬ una cultura dello spreco che moltiplica inutilmente il rischio. «Lo escludo. Anzi, si fanno continui inviti a usare bene il sangue, a non sprecarlo. Su questo punto c'è anche un documento ufficiale del ministero del luglio scorso». E il cosiddetto «consenso informato»? E' vero che molti medici ancora oggi tralasciano di informare i pazienti dei rischi connessi con trasfusione ed emoderivati? «Non mi risulta - spiega il professor Sirchia -. I moduli da firmare li hanno tutti. Non usarli sarebbe una negligenza pericolosa per il medico: lo esporrebbe al rischio di una denuncia». Marina Verna tori di sangue devono sottoporsi al test anche per questa patologia: «Prima del '90, l'infezione colpiva il 72 per cento dei talassemici - aggiunge Sirchia -. Invece oggi, tra i 14 pazienti nati dopo il luglio 1990 e sottoposti per due anni alla terapia trasfusionale, per un totale di 400 trasfusioni, non c'è neppure un caso di epatite C. Questi dati dimostrano che la trasfusione in Italia ha un rischio assai i "sso e che la sua qualità è confrontabile con quella dei Paesi più progrediti». Molti, però, sospettano che le pressioni dell'industria del sangue spingano artificialmente in su il consumo di trasfusioni. Che ci sia, insomma,
Persone citate: Girolamo Sirchia, Marina Verna, Panico, Sirchia
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