L' incubo di pugnali e congiure di Augusto Minzolini

I/incubo di pugnali e congiure NELLA MORSA DEGLI SCANDALI I/incubo di pugnali e congiure De inrivolta: «Vogliono farci a fette» GROMA IRA e rigira su se stesso. Fa dieci passi, poi toma indietro. C'è da diventar matti questa mattina a stare appresso a Clemente Mastella, vicepresidente della Camera ma, in primo luogo, interprete fedele degli umori che albergano in quel che resta del grande ventre democristiano. A lui l'idea di veder Mino Martinazzoli seduto intorno ad un tavolo insieme ad Achille Occhetto e ad Umberto Bossi per fissare la data delle elezioni proprio non va giù. «Non ci si può accordare solo sui voto - si sfoga -. Se ci si siede bisogna accordarsi in generale su quello che richiede una fase di transizione da un sistema ad un altro. Nessuno può pensare che con le elezioni finisce il medioevo e comincia il rinascimento...». Altro giro sui tacchi, altri dieci metri frenetici e Mastella va avanti: «Sul problema Scalfaro, ad esempio, che è diventato un "caso di ipocrisia nazionale", dobbiamo prendere una decisione adesso. Mica siamo fessi: c'è il rischio che prima fissiamo tutti insieme la data del voto, poi si svolgono le elezioni e subito dopo gli altri affondano il coltello nella schiena di Scalfaro. Per cui bisogna trovare una "soluzione" definitiva. Come bisogna trovare una soluzione per "Tangentopoli", per quello che è avvenuto negli apparati e per tutto il resto. Dobbiamo dare una lettura storica di quegli anni, dare una soluzione e con il voto ricominciare da capo. Insomma, dobbiamo risolvere i problemi di tutti, da quelli di Scalfaro e quelli di Pecchioli». Paure de. Da quando questa storia di Scalfaro è cominciata nella de c'è il terrore che alla fine tutto si concluda - per usare le parole di Francesco D'Onofrio «con la morte civile della de». Emilio Rubbi, altro democristiano, è addirittura tragico nella sua sintesi. «Salviamo Scalfaro, salviamo Pecchioli e subito dopo finiamo a pezzi noi. Magari Lega e pds si accordano con noi sulle elezioni e il giorno dopo aprono una campagna elettorale sparando contro Scalfaro e gli altri ex ministri dell'Interno de». Né c'è da meravigliarsi troppo del fatto che i de vivono quest'incubo: in questi ultimi due anni gli è successo di tutto, la realtà è stata più tremenda di quello che anche i più pessimisti di loro avrebbero potuto immaginare. E adesso, naturalmente, non si fidano. Non si fidano neanche della decisione della procura di accusare gli agenti Sisde di attentato alla Costituzione. Le inchieste, si sa, sono fatte per essere chiuse, per essere riaperte, per cambiare bersaglio. Tutti questi timori, in buona parte, sono condivisi dallo stesso Martinazzoli. Certo lui non è «sciatto» come Mastella che cede alla tentazione di proporre uno scambio: le elezioni al pds e alla Lega, alla de «una soluzione politica» dei guai di questi quarant'anni. Il segretario è più problematico, propone che i tre partiti, dc-Lega-pds, trovino un accordo per far sì che dopo il voto ci sia una «legislatura costituente». «Si può credere - domanda ai suoi interlocutori - che uno scontro elettorale definito secondo gli schemi della rivincita o della rivolta ci porterebbe una stagione democratica più ricca e più rassicurata quale è resa possibile dalla fine della guerra fredda e dal crollo del comunismo?». Sì, la richiesta del segretario è meno smodata di quella di Mastella. Martinazzoli vuole che sia stipulata una tregua con gli altri partiti maggiori. Una tregua che prevede polemica meno rissosa, che prevede un accordo nella difesa di Scalfaro, ma anche, da parte dipela e Lega, l'impegno che " al posto del Capo dello Stato non diventi il ministro Mancino il bersaglio. Questa condizione per lui è quasi un punto irrinunciabile. Già, come potrebbe il segretario chiedere ai democristiani di accettare la proposta di Occhetto e Bossi, sapendo che i due hanno in animo un attimo dopo di trasformarsi nei loro carnefici? No, non è possibile. Anche perché molti nella de non sono disposti ad accettare tutto sull'altare della salvezza di Scalfaro. Basta ascoltare quello che sussurrano i senatori della de sul conto del Capo dello Stato a Palazzo Madama. «Scalfaro - dice per tutti Salvatore Ladu - è al guinzaglio del pds». Il che tradotto vuol dire che per salvarsi l'attuale Presidente ha fatto un patto con Occhetto, che è più vicino al pds che non alla de. E, naturalmente, tutti ricordano a mezza bocca l'intervento del Capo dello Stato in favore di Pecchioli sul caso della «Gladio rossa». Ecco perché il raggiungimento di una «tregua» con gli altri è fondamentale per Martinazzoli. Se così non fosse verrebbero avanti quelli che vogliono di più, cioè gli uomini della «vecchia de» che preferirebbero utilizzare il «caso Scalfaro» per pretendere la «soluzione politica» al problema di Tangentopoli. Gente come l'ex ministro de, Carlo Bernini, che rivolto al Quirinale dice: «Io le ingiustizie le ho viste quando sono cominciate. «C'è chi le ha sottovalutate perché riguardavano gli altri e adesso, invece, che sono arrivate anche ai piani più alti, si sente coinvolto». 0 come Paolo Cirino Pomicino che ironizza sulle decisioni dei giudici romani: «Adesso abbiamo capito tutto: Buscetta, Galasso e Mutolo erano un gruppo di galantuomini, mentre Malpica e gli altri erano una banda di mascalzoni». Tutti questi, probabilmente, avrebbero preferito lo scenario che l'altro giorno il retino Diego Novelli ha sentito ipotizzare dal socialista Formica: un nuovo Presidente della Repubblica, magari Spadolini, e un nuovo governo. Ma se questa appare un'ipotesi quasi impossibile, non è detto che senza una «tregua» non esca fuori qualcos'altro. Dice Remo Gaspari, un altro di quei democristiani che non si accontenta solo della salvezza di Scalfaro: «Stiamo andando verso uno Stato poliziesco, peggio del peggior Stato sovietico. Ma spero, credo che qualcosa succederà, alla fine ci penserà il Padreterno...». Augusto Minzolini A sinistra. Clemente Mastella Sotto, Paolo Cirino Pomicino