La verità sul bandito e il campione

la verità sul bandito e il campione Smentita la canzone di De Gregori: il ciclista non tradì l'amico ricercato la verità sul bandito e il campione Girardengo e Pollastri furono anche complici DUE LEGGENDE SUI PEDALI MILANO DAL NOSTRO INVIATO Una sera, al velodromo di Parigi, Sante Pollastri gli fece il fischio che facevano al paese, per chiamarsi. Girardengo e Cavanna guardarono su, e lo riconobbero in mezzo alla gente, «mi raccontarono che stava su e rideva», ricorda Luciano Parodi, gregario antico, fedele di Coppi. Lo fecero scendere nel parterre, e Girardengo se lo abbracciò: «Ma sei pazzo?, che cosa fai qui? Se ti vedono ti sparano». Costante Girardengo era già un campione, Sante Pollastri era già un bandito. Sulle stradine che vanno su e giù per i dossi, se li ricordano ancora a Novi, come due vecchi amici dei tempi andati quando l'Italia era poca cosa, così difficile da raccontare ai figli e ai nipoti. «Due ragazzi cresciuti troppo in fretta, un'unica passione, la bicicletta», canta De Gregori. Avevano quasi 80 anni l'uno e 70 l'altro, dovevano fare un po' di tenerezza a faticare su quelle salite: Sante Pollastri con le sue due sporte appese al manubrio e Costante Girardengo che gli pedalava davanti, sui balzi, fra le vigne vuote e il sole che sbucava dal velario di nebbie. Il bandito e il campione. Eppure, a Novi Ligure ancora oggi quelli che ricordano ripetono con fierezza: «Noi qui avevamo due campioni». La loro storia l'ha resa famosa Francesco De Gregori, con una canzone scritta dal fratello, Luigi Grecchi, che è diventata un successo dell'estate. «Vai Girardengo, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone...». Sante il bandito ha una mira eccezionale e il giorno che lo prendono, «già si racconta che qualcuno ha tradito». E la canzone va. Perché la leggenda diceva così, che il campione aveva tradito il bandito. Adesso sapremo che non è vero. Girardengo non lo tradì e non poteva tradirlo. Era amico, e qualcosa di più, molto di più. Dev'essere giusto così. Un campione non tradisce mai. E' la storia di un'altra Italia, con le biciclette e la polvere sulle strade, i campioni della fatica che venivano fuori dalla fame e dalla miseria. Sante Pollastri le sue rapine se le faceva in bici, sparando ai lampioni per scappare, mentre Girardengo vinceva da solo, portandosi le ruote di scorta a tracolla, scollinando con mezz'ora di vantaggio su Belloni, l'eterno secondo. Erano amici, così amici da essere complici. Due cronisti, Gigi Riva e Marco Ventura, si sono talmente innamorati di questa storia da perderci mesi interi a cercare fonti e testimonianze. Alla fine, si sono trovati fra le mani risultati così clamorosi da costruirci sopra un libro, quasi un romanzo, che smonta un po' la canzone di De Gregori. Girardengo era quasi un complice morale del pericoloso bandito (pluriricercato in tre Stati diversi, 13 omicidi, rapine e furti, una vita a scappare e sparare sui carabinieri), nel senso che quantomeno non lo denunciò mai, e qualche volta lo nascose e lo protesse persino; e Cavanna, il mitico Biagio Cavanna, massaggiatore di Girardengo prima e di Coppi poi, ne era forse addirittura il ricettatore. Canta, De Gregori, che Pollastri fu preso a un traguardo di Parigi, consegnato dall'amico. «Ma un bravo poliziotto che conosce il suo mestiere sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere. E ti fece cadere la tua grande passione di aspettare l'arrivo dell'amico campione. Quel traguardo volante ti vide in manette, brillavano al sole come due biciclette». Antonio Negrini, 90 anni, gregario di Girardengo, dice che Pollastri fu invece catturato in una metropolitana di Parigi. Ettore Girardengo, figlio del campione, che vive ad Alessandria, conferma: «A mio padre raccontò com'era andata. Lo circondarono e gli buttarono addosso delle catene, a una fermata del metrò. Gli disse così, ridendo: avevo tante di quelle catene che anche volendo non avrei potuto muovere nemmeno un dito». E Fulvio Rebora, fotografo, vecchio amico del bandito, afferma: «Pollastri diceva a tutti che a tradirlo era stata la sua amica, una ballerina francese per cui lui aveva perso la testa. Sa bagassa, la chiamava, quella bagascia». Era il 1927, la grande fuga di Pollastri finì così. Sulle sue tracce c'erano da tempo due poliziotti italiani: il vicequestore Giovanni Rizzo, e il vicebrigadiere Giuseppe Crespi detto Maciste. Gli davano la caccia dal '23, quando, in una trattoria vicino a Novi, Pollastri uccise il maresciallo dei carabinieri Lupano, lo stesso che gli aveva ammazzato il cognato in una sparatoria nelle boscaglie delle Langhe. Rizzo e Crespi riuscirono a ritrovare le sue tracce a Parigi grazie a quella ballerina francese. Per quattro anni, Pollastri era riuscito a farsi beffa dei suoi inseguitori. In tutto quel periodo, Luciano Parodi sostiene che «Pollastri era solito bussare alla porta dei suoi concittadini per avere protezione. Chiese rifugio anche a Cavanna e Girardengo che mai glielo negarono». Anzi. Cavanna lo raggiungeva ogni tanto persino sul greto dello Scrivia, dove la banda di Pollastri si allenava a sparare: mettevano le bottiglie di piatto e non se ne andavano prima di aver centrato tutti i colli. E pure Girardengo era un abile tiratore: da giovane, aveva vinto il titolo di campione d'Italia juniores di tiro al piattello. Era una sua passione. Possibile che continuasse ad allenarsi anche con Pollastri. Così, quando il bandito andava a trovarlo durante le sue imprese sportive in Italia e in Francia, poteva capitare come quella volta al velodromo D'Hiver, a Parigi, che il campione lo chiamasse vicino nel parterre e poi lo proteggesse dalla curiosità dei fotografi. E, nel 1931, a un processo ad Alessandria, i giudici gliene chiesero conto. «Un carabiniere si avvicinò a mio padre», ricorda Ettore Girardengo, «e lo apostrofò: perché non ci ha aiutato a prenderlo? Lo sapeva che era un assassino. E mio padre, di rimando: ma perché non l'avete fatto voi, con tutto il tempo che avevate a disposizione?». Il fatto è che a Novi, Pollastri lo giustificavano tutti. Aveva cominciato a uccidere per vendicare il cognato e sparava solo sulle forze dell'ordine: «Era un anarchico», dicono tutti. Un tipo abbastanza alto, con un occhio un po' offeso che lui socchiudeva sempre. Un'aria fiera, guascona, di uno che piace alle donne. Aveva cominciato la sua carriera di bandito da ragazzo, subito dopo la guerra, andando a spiombare i vagoni ferroviari per prendere i sacchi pieni di merce e buttarli giù ai complici che aspettavano nella scarpata. «Erano rapine da Robin Hood», spiegano Riva e Ventura. «La merce la portavano poi nel borgo e c'era qualcuno che la rivendeva a prezzi bassi». Quel legame con la gente del quartiere non si spezzò mai. E c'era Girardengo e c'era Cavanna. Luciano Parodi, gregario di Coppi, 10 chiamavano «gli occhi di Cavanna», perché quando il massaggiatore diventò cieco, lui era quello che gli stava più vicino. E a lui, Biagio confidava tutto. Che Cavanna facesse parte della banda di Pollastri lo sospettavano in molti. Era, come dire, una complicità ambientale. Certo è che Cavanna fu prima indiziato e poi processato per ricettazione (accusa dalla quale venne comunque assolto). E il sospetto che lui avesse in qualche modo aiutato il bandito era davvero forte. Una volta, ricorda Parodi, Belloni, l'eterno secondo, gli si avvicinò e gli disse: «Ah, tu sei della banda di Pollastri, lo sanno tutti». Forse era davvero così. Parodi dice che lo vide ridere mentre lo mandava a quel paese. Ma c'è qualcosa di più. Da quando Pollastri uscì di carcere, nel '59, - raccontano a Novi -, Girardengo lo aiutò fino alla sua morte, nel '78. «Ogni mese», ripetono in tanti, «gli passava dei soldi». Pollastri faceva l'ambulante, andando in giro per i paesi con la sua bici da corsa. Non gli sarebbe mai bastato per vivere. Eppure, anche a Novi all'inizio erano rimasti schiavi della leggenda. E 11 giorno che Gronchi graziò il bandito condannato all'ergastolo, molti si convinsero che lui sarebbe tornato per vendicarsi con Girardengo. Ma quella volta se la ricordano ancora in paese. Pollastri andò a cercare l'amico e si abbracciarono piangendo. Fecero una grande tavolata, tutti insieme. Alzarono il bicchiere di vino rosso sulla testa e brindarono: «Io vado ancora in bicicletta. E tu?» Io ho fatto la galera, gli rispose Pollastri, «ma la bici me la ricordo». Sulle colline, fra i balzi in mezzo alle vigne, li hanno visti ancora. «Vai Girardengo, vai, grande campione». Pierangelo Sapegno Il re della bici aiutò la famiglia dell'altro Sante quando era in cella La loro avventura sta per essere raccontata da un libro IL BANDITO E IL CAMPIONE Due ragazzi del borgo crescimi troppo in fretta Un'unica passione per la bicicletta Un incrocio di destini in una strana storia Di cui nei giorni nostri si è persa la memoria . / ina storia d'altri tempi, di prima del motore Vai Girardengo, vai grande campione! Nessuno ti segue su quello stradone Vai Girardengo! Non si vede più Sante F.'dietro a quella curva, è sempre più distante li dietro alla curva del tempo che vola C'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola Se di notte è inseguito spara lì centra ogni fanale Sante il bandito ha una mira eccezionale li lo sanno le banche e lo sa la Questura Sante il bandito mette proprio paura lì non servono le taglie e non basta il coraggio Sante il bandito ha troppo vantaggio Fu antica miseria od un torto subito A fare del ragazzo un feroce bandito Ma al proprio destino nessuno gli sfugge Cercavi giustizia ma trovasti la legge Ma un bravo poliziotto Che conosce Usuo mestiere Sa che ogni uomo ha un vizio Che lo farà cadere lì ti fece cadere la tua grande passione Di aspettare l'arrivo dell'amico campione Quel traguardo volante ti vide in manette Brillavano al sole come due biciclette Sante l'oliasi ri il tuo giro è finito li'già si racconta che qualcuno ha tradito. Costante Girardengo, al centro durante uno sprint vincente, e (sopra) Sante Pollastri Francesco De Gregori, che canta «Il bandito e il campione», testo scritto da suo fratello Luigi Grecchi