Il giudice Colombo: attenti questo è il tempo dei ricatti

Il giudice Colombo: attenti questo è il tempo dei ricatti Il giudice Colombo: attenti questo è il tempo dei ricatti IL FUTURO DI MANI PULITE D MILANO OTTOR Colombo, una classe politica delegittimata e una opinione pubblica smarrita pendono dalle vostre labbra. Durante lo scorso fine settimana la più alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica, ha aspettato - per ventiquattro lunghe ore che il capo della procura di Roma 10 «scagionasse». E adesso, mentre parliamo, l'autorità dello stesso Scalfaro e di molti ministri ed ex ministri dipende dagli atti della magistratura. Questo, immagino, può dare un senso di potenza ma, forse, anche di solitudine. Insomma, l'ordine giudiziario non soffre per la debolezza degli altri poteri? «Io parlo solo in termini generali. Sotto questo profilo, l'equilibrato funzionamento dello Stato di diritto richiede che ognuno dei poteri - 11 legislativo, l'esecutivo, il giudiziario - svolga le funzioni che gli sono proprie. E nessuna altra. A me sembra che noi, l'ordine giudiziario, facciamo ciò che chiedono la Costituzione e le leggi». La erre arrotata del sostituto procuratore Gherardo Colombo si inerpica spericolatamente su parole che pronuncia con grande concentrazione e a volte, sembra, con travaglio. E' sera. Il palazzo di giustizia è quasi vuoto, anche Piercamillo Davigo se ne va e nei corridoi restano solo gli uomini della scorta. Sì, voi svolgete il vostro ruolo, ma sono gli altri poteri che non fanno il proprio dovere o che non sono in grado di farlo. Ne consegue che il Parlamento non può essere il vostro interlocutore per varare quella «soluzione politica» che i magistrati richiedono. E che lei, per primo, auspica. «Ma io non ho mai parlato di «soluzione politica»! Oltre un anno fa, nel luglio 1992, richiamai la necessità di fare presto i processi e di ottenere la restituzione delle somme sottratte dai corrotti. E accennai alla possibilità di prevedere una qualche forma di condono. La scorsa settimana, nel corso del congresso di Magistratura Democratica, mi sono limitato a sottolineare il rischio della prescrizione e a sollecitare il ricorso al rito abbreviato e al patteggiamento. Attenzione: è il nostro sistema processuale a prevedere che buona paite dei procedimenti si concluda con riti alternativi. Io, rivolgendomi a magistrati, ho sollecitato questa soluzione perché voglio che si fac ciano i processi e che i colpevoli siano condannati...» E gli innocenti siano riconosciuti innocenti. «Per carità, certo... gli innocenti devono essere riconosciuti innocenti. E i colpevoli devono essere dichiarati tali». Insomma, dopo un anno e mezzo di «rivoluzione», c'è o non c'è l'urgenza di affidarsi ad alcune certezze, giudiziarie e non solo giudiziarie? «Certo che c'è. Il rischio è che si formi un organismo - un'assemblea elettiva a qualunque livello - e dopo tre giorni si scoprono fatti precedenti, che coinvolgono nelle indagini membri di quell'organismo. E non si deve sottovalutare, d'altra parte, l'enorme potere di ricatto esercitato da chi è a conoscenza di fatti non ancora rivelati, da chi li usa o da chi li occulta». Una domanda assai diffusa è la seguente: come ottenere che i politici corrotti non facciano più i politici? «Spetta, in primo luogo, ai cittadini decidere, in piena autonomia, se votare o non votare per chi si è reso responsabile di determinati reati. Spetta all'elettore, innanzitutto, applicare, liberamente e democraticamente, misure - per così dire interdittive e sancire col proprio voto la non elezione dei politici corrotti. Non è semplice per il Parlamento fissare retroattivam nte la sospensione dai pubblici uffici, o altre misure analoghe, per chi è stato condannato in un processo penale. E d'altra parte, il giudice può decidere tali misure solo in alcuni casi. Dunque, è l'elettore che ha il potere decisivo». Il pool di Mani pulite veniva visto, fino a poco tempo fa, come un organismo integrato e solidale: una sorta di comunità. Ma in tutte le comunità si sviluppano odi e amori, gelosie e rancori. Sbaglio? «Le cose non stanno esattamente così, ma è vero che i rapporti di lavoro comprendono anche il sentimento. Io amo il lavoro di gruppo: ho lavorato per anni con Giuliano Turone nell'inchiesta su Michele Sindona e sulla P2: e, con altri magistrati, sui fondi neri dell'Iri e sul riciclaggio». D'accordo, non ci saranno rivalità, ma ci saranno relazioni più intense e altre meno. «Certo, c'è Gerardo D'Ambrosio che per me è quasi un maestro. Io sono arrivato all'ufficio istruzione quand'ero ancora un ragazzino e la sera, finito di lavorare, ci si riuniva in una stanza: Turone, Galati, Ur- bisci... Nascono I così le amicizie, ma anche la collaborazione, gli scambi, le esperienze comuni». ! Un punto debole: le garanzie per gli indagati. E un esempio solo: un avvocato le fa notare come il proprio assistito ha oltre settantanni e, dunque, non è nelle condizioni migliori per andare in prigione; e lei risponde che il codice prevede il carcere, «per esigenze cautelari di eccezionale rilevanza», anche per chi si trovi «in condizioni di salute partico¬ larmente gravi» o abbia «oltrepassato l'età di sessantacinque anni». «Guardi, incarcerare le persone mi ha inquietato sin da quando ho cominciato a fare questo lavoro. Anche sapere che l'anonimo rapinatore ha moglie e figli piccoli può turbare. Ma questo riguarda il dibattito sulla funzione del carcere, non sul ricorso alla custodia cautelare nell'inchiesta Mani pulite. In questo caso, posso dire che mai l'abbiamo usata per indurre alla confessione». Mai, mai? «Mai». Ma non pensa che ci sia nell'aria, come ha scritto Rossana Rossanda, una certa «voglia di manette». E non solo tra i magistrati: anche fra i cittadini? «Penso che più una società si evolve e più la domanda di vendetta si esprime sul piano esclusivamente simbolico. Non siamo ancora in questa fase. Me ne accorgo quando vado a parlare con gli studenti, nelle scuole. Persino tra i ragazzi noto questo desiderio di carcere. L'importante è riuscire a discuterne, comunicare idee diverse, formare i giovani a valori di tolleranza». Voi siete ormai persone pubbliche. Dunque, anche i vostri atti privati vengono scrutati. E allora le chiedo: come mai ha partecipato all'apertura dell'anno sociale di Comunione e liberazione? E' un discepolo di don Giussani? «No. Sono andato a sentire don Giussani perché ho amici in Comunione e liberazione, così come ho rapporti con altri gruppi cattolici e con alcuni sacerdoti del Polesine. Io ritengo molto importante conoscere chi fa esperienze di solidarietà e chi vive intensamente la propria realtà sociale». Luigi Manconi «Chi conosce fatti non rivelati ha in mano un enorme potere» ,del ritardo «è assolutamen- g te falsa, come '*!: tra le informazgiorni», l'ex presiglio ha aggiun«Il governo fu a9, a me non risud'Italia abbia aAndreotti ha prnon avere notizdente comunicha sottolineatonerale per «unIl giuquesì I Il giudice Gherardo Colombo: «Non ho mai usato ì il carcere per ottenere confessioni dagli imputati»

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