«Indagini serene e in fretta»

«Indagini serene e in fretta» «Indagini serene e in fretta» 1mudici: ma chi accusa ha rubato miliardi KD.. » * •» *v .... » v i< ,. BRiii) UNA GIORNATA LROMA A procura sta svolgendo con la necessaria celerità, data la gravità dei fatti riferiti e la personalità degli accusati, le opportune indagini che saranno improntate alla massima serenità di valutazione di qualsiasi elemento di prova». Parole misurate per il comunicato più importante che a una Procura della Repubblica abbia mai fatto. La sorte di un governo, di un ministro dell'Interno e addirittura di un capo dello Stato sono nelle mani di un gruppo di giudici. Hanno registrato accuse clamorose ma tutte da verificare. Ma lui, il procuratore capo, precipitato nel cuore della bufera politico-giudiziaria, la prende con filosofia. «Si sono dette un sacco di sciocchezze. Persino che avremmo mandato il presidente Scalfaro davanti al tribunale dei ministri. Cose da ignoranti. Non esiste proprio». E per quanto riguarda 0 profilo degli accusatori: «Si tratta di persone che si sono fregate almeno 15 miliardi per ciascuno. Che grado di attendibilità possono avere queste dichiarazioni?». Già, che attendibilità hanno simili affermazioni? A leggere tra le righe del comunicato della procura, che è stato emesso a sera dopo una giornata di velenosi tam-tam, si notano soprattutto due parole chiave: celerità e serenità. Sembra un'invocazione. Ne hanno veramente bisogno, il procuratore capo Vittorio Mele e i suoi aggiunti che devono trattare il materiale esplosivo che la spia del Sisde Antonio Galati ha riversato sulle loro scrivanie. Ma era indispensabile anche una precisazione, da parte della procura, dopo che i telegiornali hanno parlato di documenti imbarazzanti per tutti quelli che hanno retto il ministero dell'Interno dal 1982 a oggi. «Si tratta di fatti e circostanze rivelati da persone indagate per peculato di molti miliardi di lire e la pretesa documentazione è costituita da appunti informali recanti sigle o firme attribuibili o agli stessi imputati o a persone del medesimo ambiente». «Appunti informali», dunque. I rendiconti complessivi erano sì vistati dai ministri. Ma le note spese poi si riducono a degli appunti su carta bianca. E allora si tratta di accuse da prendere con le molle. Il procuratore lo dice apertamente. Basta chiedergli: c'è chi cerca di destabilizzare? «Io penso di sì», risponde seccamente. Ma è stata una giornata terribile, per le istituzioni come per il procuratore. Fin dal mattino, Mele si è chiuso con gli aggiunti Ettore Torri, Michele Coirò, Giuseppe Volpari e Filippo Antonioni, più il sostituto Leonardo Fri- sani che materialmente ha innescato questa indagine, per decidere il da farsi. Tra le mani si giravano e rigiravano i verbali dell'ultimo interrogatorio di Galati: una bomba. E si tratta di dichiarazioni tutte perfettamente coincidenti. Fin troppo. Prima lo spione «pentito» Maurizio Broccoletti, poi l'ex responsabile Riccardo Malpica, adesso il tesoriere Antonio Galati: la schiera degli 007 inquisiti ha iniziato il suo contrattacco. E la portata delle rivelazioni lascia di sasso i giudici che li ascoltano. Per prima cosa, nei prossimi giorni ascolteranno due prefetti di rango: Antonio Lattarulo e Raffaele Lauro. Sono stati i capi di gabinetto al Viminale sotto quattro ministri. E ci si attende dalla loro testimonianza un chiarimento definitivo sull'uso di questi fondi. E poi le perizie grafologiche sui documenti che Galati ha portato ai giudici. Sono veri o falsi? I giudici non dimenticano di avere a che fare con maestri dell'intrigo e della doppiezza. Francesco Grìgnetti Il ministro Nicola Mancino