Michelino, l'Aids lo ho ucciso

Grande^venditA Sette anni fa la sua triste vicenda aveva commosso l'opinione pubblica Michelino, l'Aids lo ho ucciso Abbandonato dalla madre In un lettino dell'ospedale Regina Margherita, oltre la grande vetrata chiusa del reparto di rianimazione, quattro giorni fa è morto il piccolo Michelino. Avrebbe compiuto otto anni il prossimo 20 dicembre. Fino all'ultimo, ha avuto accanto lo persone che chiamava «mamma» e «papà», e che nel marzo del 1987, con una scelta di amore e di coraggio, lo avevano preso in affidamento strappandolo a un'altra cameretta dell'Infantile: quella dove la sua vera mamma, tossicodipente e malata di aids, lo aveva abbandonato dopo il parto, e dove lui era cresciuto coccolato dai medici e dalle infermieri fino all'età di 14 mesi. Un nome - Michelino - che evoca non solo la storia difficile di questo bambino che nessuno voleva, ma il dramma dei tanti altri bambini segnati come lui dal sospetto della malattia, e condannati dai pregiudizi e dalle paure a vivere un'esistenza comunque «separata». Quando sette anni fa un giornalista e un fotografo entrarono nel reparto infettivi del Regina Margherita, con Michelino c'era un altro bimbo nella sue stesse condizioni: Robertino, 2 mesi. Di quell'incontro che mise l'Italia intera di fronte a un problema nuovo, restano due foto diventate simboliche. In una, c'è Michelino nella culla. Seduto, si copre il volto con le manine, un gesto che sembra quasi di pudore e riservatezza. Nell'altra, Robeitino donne ignaro tra le braccia di un'infermiera. Ma in quelle foto molte famiglie non videro solo due bambini, nate da donne malate di aids, che erano risultati sieropositivi all'esame Hiv. Videro i loro figli. E subito scattò una gara di solidarietà per togliere Michelino e Robertino da quella asettica stanza di ospedale, con l'odore dei farmaci che impregnava persino le lenzuola in cui dormivano. Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, si fece carico del loro futuro fino a trovare due famiglie pronte ad accoglierli e ad amarli. Gli ultimi sei anni, Michelino è vissuto a Verrua Savoia. La mamma, Leila D., e il padre, Sergio S., entrambi impegnati in una comunità agricola, avevano già altri due figli. Lo presero nella loro famiglia dopo avere parlato a lungo con i medici e i giudici del Tribunale minorile, consapevoli che Michelino non sarebbe mai stato il loro bambino adottivo, ma il loro terzo figlio. «Da quattro giorni non faccio che piangere mio nipote», dico la nonna, Tina D. A Verrua Savoia i genitori di Michelino hanno conosciuto l'amicizia e la solidarietà di molta gente: hanno dimostrato che con la sieropositività si può convivere, che emarginare non è mai una soluzione, che un bambino malati ha diritto di vivere una vita normale, sempre e comunque. Ma si sono anche scontrati con diffidenza e timori. E' successo per esempio quando la mamma di Michelino, compiuti i sei anni, è andata per iscriverlo a scuola. La nonna ricorda quel giorno con profondo dolore: «Non lo hanno voluto, Michelino è stato rifiutato. Mentre l'asilo gli aveva dato una maestra buona e generosa, e compagni con cui giocare, la scuola gli chiudeva la porta in faccia». Ma la mamma non si è arresa neanche allora. Per farlo crescere uguale a tutti gli altri, è diventata lei la sua maestra. E Michelino ha imparato a leggere e a scrivere. Se n'è andato in una delle poche giornate di sole di questo autunno grigio. Dicono i medici che i sintomi della malattia che lo ha aggredito e ucciso sono comparsi un anno e mezzo fa. Visite, controlli, prelievi, consulti dai migliori specialisti. Poi i suoi genitori hanno deciso di riportarlo su a Verrua Savoia, di fargli vivere fino all'ultimo, accanto a loro e ai due fratellini che aveva trovato, quel poco di vita che il destino gli ha concesso. Gianni Armand-Pilon Fino all'ultimo ha avuto vicino i genitori adottivi. Il 20 dicembre avrebbe compiuto otto anni adre vicino icembre nni Alcune immagini dei marzo del 1987: a sinistra in alto il piccolo Michelino nel box dove è vissuto per 14 mesi in ospedale Sotto don Luigi Ciotti, che tanto si è adoperato per trovargli una famiglia e la madre del piccolo, malata di Aids Qui sopra, Michelino è con le infermiere: una di loro ha in braccio Robertino, anche lui risultato sieropositivo agli esami Hiv

Persone citate: Don Luigi Ciotti, Gianni Armand-pilon, Leila D., Sergio S.

Luoghi citati: Italia, Verrua Savoia