«La F40 al museo Per l'amor di Dio!» di Enzo FerrariGian Paolo Ormezzano

LC «La F40 al museo Per l'amor di Dio!» LC OME reagirebbe Enzo Ferrari all'evento delle sue auto ospitate da ogMuseo di arte gi nel moderna di New anzi di Nuova York, secondo la dizione di uno come lui, che non amava l'inglese neanche di striscio? Inutile ogni seduta medianica, Ferrari ha sempre mandato al diavolo chi lo ha disturbato, lo farebbe anche da dove sta adesso. Il tramite più affidabile sembra essere Sergio Scaglietti, modenese, 73 anni, in pensione dal 1935 dopo essere stato per Ferrari il carrozziere di fiducia: cominciando da ragazzino, nel 1937, quando aveva 17 anni e da quattro già lavorava, riparando parafanghi. Dice Scaglietti: «Le Ferrari a Nuova York, in museo? Oh, per l'amor di Dio!». E poi dice: «Ecco, penso che Ferrari uscirebbe con la mia stessa esclamazione: un museo, per l'amor di Dio!». Scaglietti ha passato una vita, e bella piena, con Ferrari, lavorando e - il sabato - giocando con lui i giochetti emiliani della mezza vacanza, la caccia al cibo speciale, tanto parlar di donne, tanto ridere di cose dette in dialetto («obbligatorio per noi pensare in dialetto, l'italiano serve per le frasi ufficiali, quelle vere sono altre»): «Magari prendendo in giro proprio la vita di Nuova York». Qualche volta tutti insieme dal parrucchiere, a far sesso parlato sfogliando i calendarietti profumati. Per anni, dal 1970 al 1988, il gruppo degli «amici del sabato» ha ospitato e fatto sfogare, di Enzo Ferrari, ire e allegrie, zeffiri e cicloni: «E se lui era malato ci mandava il salame extra e poi ci intervistava sul gusto». Con Scaglietti i vari Benzi, Gozzi, Tagliazucchi, Valentini, Baldini. Collaboratori, amici, complici. Quelli che stavano intorno a Ferrari anche quando era tempo di ferie e in fabbrica andava solo lui, a gridare con il custode, «lui arrabbiato come una bestia perché non c'era niente da fare». Quelli che sono stati intorno a lui presso la tomba profanata del figlio Dino. Quelli che quando lui è morto mica si sono messi a piangere, perché lui aveva detto cioè ordinato di non fare scene. Scaglietti ha fatto auto di carrozzeria sua, magari ideata proprio con Ferrari, poi ha fatto anche le auto disegnate da Pininfarina. Delle auto del Moma, è un po' scagliettana la F40. Da carrozziere esterno, al quale Ferrari commissionava lavori, a dipendente e a pensionato, che vuole poi dire passare ogni giorno alla vecchia carrozzeria di Modena e a quella di Maranello. Ma ieri no, troppa pioggia, e con la notizia del Moma lo abbiamo raggiunto al caffè, a un tavolo di scopone. «Forse il prossimo anno mi invitano in California per una grande manifestazione, però una cosa di divi del cinema, non un museo, e allora mi tocca scoprire l'America. Io non viaggio, è così complicato già lasciare Modena per Maranello. Ferrari anche non viaggiava. Mai sarebbe andato a Nuova York, museo o non museo. E' lontana questa Nuova York». Scaglietti della Ferrari è un personaggio storico, è stato scritto di lui che «vaga nel latte della memoria come un iceberg di buona panna, dolcissima»: ma lo è perché sta attento ai penati, alle cose di casa, quella immensa casa che fu, per lui e per Enzo, per lui con Enzo, Maranello. Altro che Grande Mela eccetera. C'è una canzone, emilianissima, di Dino Sarti che sull'aria della New York New York di Sinatra parla, in dialetto, di uno che ha due cugini, quello di New York e quello del paesino presso Bologna, e alla fine sceglie quello vicino, e che New York rimanga lontana. «Ferrari sarebbe stato contento - dice Scaglietti -, anche per la pubblicità, perché lui era pure un uomo pratico, attento ai conti, alle cifre. Ma non credo che ci avrebbe chiesto più di dieci secondi de) nostro tempo amico del sabato, per parlare di questa cosa. C'erano faccende più importanti su cui discutere: una marca di lambnisco, un tipo di salame». Le auto fatte da Scaglietti per Ferrari sono altre rispetto a quelle del museo, sono la Spider California, la Gto, la prima Testarossa, la Daytona, la 365, in qualche modo Scaglietti ci ha messo sempre di suo. «Non stanno a Nuova York, ma stanno in collezioni di straricchi, una mia Gto è stata aggiudicata in un'asta londinese per più di venti miliardi». Scaglietti ha avuto per sé una sola Ferrari, una California, «mi sembrava troppo bella, l'ho venduta per quattro milioni a un avvocato, adesso vale sei miliardi». Oggi Scaglietti è a Torino, al¬ la Pininfarina. «Lavoricchio ancora, faccio le mie cosine, le mie trappole. Mi portano e mi riportano a Modena in auto, viaggiare è così complicato, io se penso ai viaggi che si fanno adesso mi sento subito tutto sudato». C'è il ritorno allo scopone, ma la faccenda di Nuova York gorgoglia ancora nel pensiero, Scaglietti ne è stato in fondo aggredito, e vuole aggredirla, con visitazione violenta e riconoscente insieme: «Le Ferrari al museo, porco cane! Con i capolavori. Non ho mai pensato di fare dell'arte, quando prendevo le carrozzerie a martellate». Gian Paolo Ormezzano Così avrebbe reagito l'Ingegnere Lo giura Usuo carrozziere di fiducia, Sergio Scaglietti Il celebre marchio del Cavallino rampante. Sotto, la F40, costruita per i 40 anni di attività della casa. In alto una stilata di P3, a destra la 166