Cioccolata voglia da Dei di Emanuele Novazio

il caso. Una biografa americana scava tra le carte e annuncia: ha inventato tutto I Aperto un museo a Colonia I Aperto un museo a Colonia Cioccolata voglia da Dei BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Goethe, assicurano i biografi, non cominciava mai giornata senza berne una tazza, purché ben zuccherata e calda. Casanova la preferiva allo champagne, e ne faceva sovente dono agli amici. Madame du Barry l'offriva ai suoi amanti per propiziarli alla passione. E a oltre 450 anni dalla sua «scoperta», per milioni di persone in tutto il mondo la cioccolata è quasi un culto o una ragione di felicità e benessere, come testimonia il «Museo del cioccolato» aperto a Colonia da uno dei suoi massimi cultori, Hans Irnhoff. E' il primo al mondo, e potrebbe per questo diventare meta di pellegrinaggi e devozioni, si augura il fondatore, produttore egli stesso. Niente è del resto stato risparmiato, nei tre piani dell'esposizione, perché l'ospite gradisca: a cominciare dalla fontana dorata nell'ingresso dalla quale sgorga cioccolata calda, un getto continuo e profumato del quale si può liberamente approfittare. E' costata 250 milioni: ma, confida Irnhoff, nulla potrà mai ripagare la «ghiottoneria celeste» del bene che ha fatto, e ancora fa, all'uomo. Di questa «voglia degli Dei», l'esposizione cerca di esaltare origini e caratteristiche: attraverso aneddoti e storielle, ma anche attraverso molte bizzarie. Ci sono, per esempio, due grammofoni capaci di suonare dischi di cioccolato: sono stati costruiti nell'inverno del 1903-1904 e, assicura il catalogo, andavano davvero a ruba. La scelta musicale è varia: sono disponibili quasi trecento titoli, ognuno avvolto nella stagnola delle tavolette d'oggi. Giacomo Casa ova Ma nella mostra abbondano soprattutto le intenzioni didascaliche: per chiarire forse che il cioccolato è anche storia, che alle sue spalle ci sono intrecci di civiltà lontane e solide intenzioni mercantili. Dalle cento teche dell'esposizione si apprende dunque che furono i Maya e gli Aztechi a godere per primi dei frutti del cacao e a preparare una bevanda che chiamarono «Xocoatl» (o «Xocolatl» secondo altre grafie), la bevanda degli dei. Oltre a consumarlo caldo e freddo se ne servivano come fosse oro, per gli scambi: cinquanta semi di cacao valevano ima schiava, cento se- mi uno schiavo. Con tali premesse, anche il cioccolato finì nel bottino dei «Conquistadores», e nel 1528 arrivò in Spagna. Nel 1615 approdò in Francia grazie a un matrimonio di corte, ma il nome variò di poco: da «Chocolate» a «Chocolat». Soltanto l'Inghilterra, dove fu portato all'inizio del Seicento, introdusse qualche variazione nella grafia e nella pronuncia: «Chocolata», poi «Jacolatte» e «Chockelet». In Germania il «Chokolathe» arrivò nel 1640, e non fu facile imporlo come libero piacere: lo si poteva comprare soltanto nelle farmacie, dov'era esposto fra i medicinali. Veniva prescritto per sollecitare l'appetito sessuale, per migliorare l'umore e per «rendere all'organismo un rapido benessere». Come chiariva una disposizione medica dell'epoca: «Il cioccolato è particolarmente salutare per costituzioni fragili, spossate ed estenuate, per donne gravide e per soggetti melancolici». Ci hanno creduto in pochi, anche in Germania il cioccolato è piaciuto subito a tutti. Emanuele Novazio Giacomo Casanova

Persone citate: Casanova, Chocolate, Giacomo Casa, Giacomo Casanova, Goethe, Hans Irnhoff

Luoghi citati: Colonia, Francia, Germania, Inghilterra, Spagna