Bossi, il freno a mano e un «Chiambretti cornuto» di Alessandro Baricco

Bossi, il freno a mano e un «Chiambretti cornuto» B A R N U M lo spettacolo della settimana Bossi, il freno a mano e un «Chiambretti cornuto» COMIZIO di Bossi a Torino, città del leghismo sommesso, composto e, provvisoriamente, perdente. «Non c'è bisogno di gridare, qui si tratta di ragionare», fa lui. Camaleonte di genio, ha già capito in che razza di città è finito: e si allinea. Niente manico, niente gestacci, poche volgarità. Gli scappa giusto un «cornuto» diretto a Chiambrelti: il resto lo abborda col piede sull'acceleratore e il freno a mano tirato. Tutt'intorno il popolo della Lega; impegnato in una riuscitissima imitazione di una Festa dell'Unità. Piadine e porte blindate, lotteria e giochi goliardici, tome e spazzole pulisci tutto. Cambiano le bandiere, ma l'odore è lo stesso, l'aria è la stessa, perfino la gente sembra la stessa. Forse i comunisti avevano un po' più bambini (si è accertato poi che, effettivamente, non li mangiavano), e una specie di allegria immotivata addosso che qui fai fatica a ritrovare. Ma sono sfumature. Di fatto, a passeggiare tra aspira¬ polvere e salami al tartufo vedi le facce di un'Italia che ormai è sempre uguale, e dappertutto: a Loreto in pellegrinaggio, alla tv ad applaudire il gioco idiota di turno, alla partita a tifare contro, in piazza a urlare dietro ai ladroni, per strada a vivere, ognuno come può, meglio che può. Sarà un'impressione, ma la moda è occultare le differenze. Sulle facce non si legge più niente, perfino le scarpe non tradiscono più nulla. Tutti in tuta mimetica, con addosso i colori della normalità, per acquattarsi nella giungla dell'insignificanza totale. Guerriglieri dell'ovvietà. Bossi arriva che sono le cinque e mezzo. Il coro Tamagno intona Va' Pensiero, scatta l'applauso sui versi O mia Patria sì bella e perduta, strana cosa per gente che ha il vezzo di dire «i popoli italiani» invece che «il popolo italiano», forse pensano al Piemonte-nazione (così lo chiama Rocchetta, dal palco), forse è solo il cuore che se ne frega, Verdi è sempre Verdi, al diavolo il federalismo, viva la Patria, mah. Quando l'Umberto sale sul palco si scatena la torcida, bandiere, applausi, urla. Lui però sembra impermeabile a tutto, si aggira là sopra con l'aria di uno che si è perso, perfino un po' imbarazzato, gli importa solo di iniziare a parlare, trova la via del microfono, neanche un gesto ruffiano alla folla adorante, nessun minuetto, impu¬ gna i due microfoni come un salvagente e attacca. Silenzio. Parla Bossi. Parla per un'ora e mezzo, e questo già la dice lunga. Spiega tutto. Chi ci ha fregato, con che sistema, a partire da che giorno, con l'aiuto di chi. Con un vocabolario da bar e una sin¬ tassi più che decorosa, rende tutto, improvvisamente, comprensibile: sulla mappa incasinata di 40 anni di malgoverno lui incide la rassicurante chiarezza di una freccia a prova di deficiente: voi siete qui. Venite da là, vogliono farvi andare lì, e invece vi porteremo laggiù. Non è poi nemmeno così importante che dica cose vere. La gente, che comunque ama più una falsità chiara che una verità incomprensibile, ulula la propria gratitudine. Ulula, va detto, soprattutto quando si toccano due tasti: il portafogli e la rabbia. Il primo è ovvio. Bossi è uno capace di convincerti che i due milioni di miliardi del deficit dello Stato sono soldi direttamente prelevati dalle tue tasche e depositati in tasche altrui. Senza tanti ricami da economista. Un furto e basta. Non so se sia vero. Certo è chiaro. Ed è esattamente quello che a chiunque piacerebbe credere. Lui lo dice, la gente va in delirio. Sulla rabbia, invece, la faccenda è più sottile. Sono stato bene attento: fa degli slalom da dio, l'Umberto, e di violenza non parla mai. Però fa delle rasette micidiali: e la gente non si tiene più. Lui dice che milioni di italiani sono pronti a rispondere a un cenno della Lega. Si ferma lì. Ma il suo popolo, j. Ila spinta, va di fantasia ed esplode in un boato dove l'inconfessata voglia di menar le mani galleggia come un combustibile che non puoi non sentire. Lui si limita a urlare: «Stai attento, amico Ciampi...», ma l'urlo che gli risponde dalla platea riempie quei tre puntini di una rabbia che è difficile immaginare placata nel mite rito della cabina elettorale. Non è una bella sensazione, starsene lì, in mezzo a quell'urlo. No. Magari è tutto un gioco. Ma non è piacevole lo stesso. Dopo un'ora e mezzo, sono ancora quasi tutti lì. Bossi ha un po' perso il controllo, è decollato su strane teorie sul Cristianesimo, sbanda alla grande discettando di ideologie, di Occidente, di valori, finisce per perdersi completamente, se ne frega, decide che può bastare, chiude la mano destra a pugno e conclude: viva la Lega, viva Torino (o Cornino?, boh). E' il momento di estrarre il biglietto vincente della grande lotteria. Primo premio: una 500. Come sempre il possessore del biglietto non si trova. Alessandro Baricco Quelli delle piadine quelli della Patria e quelli della Lega Meglio una falsità chiara o una verità incomprensibile?

Persone citate: Bossi, Chiambretti, Ciampi, Pensiero, Rocchetta, Tamagno, Verdi

Luoghi citati: Italia, Loreto, Torino